Oggi viene presentato il piano che archivia in parte Green deal e Farm to fork. Ma le associazioni di settore temono l’accorpamento di Pac e fondi di coesione per risparmiare: la scelta penalizzerebbe i contadini. Intanto l’Oms continua a fare la guerra al vino.
Oggi viene presentato il piano che archivia in parte Green deal e Farm to fork. Ma le associazioni di settore temono l’accorpamento di Pac e fondi di coesione per risparmiare: la scelta penalizzerebbe i contadini. Intanto l’Oms continua a fare la guerra al vino.Come Laocoonte, forse perché Virgilio fu il poeta della campagna, gli agricoltori europei guardando a Bruxelles apostrofando: «Timeo danaos et dona ferentes» («Temo i greci anche se portano doni»). I doni dei «danai» si materializzano oggi: il commissario all’Agricoltura Christophe Hansen col vicepresidente dell’Ue Raffaele Fitto presenteranno il documento di «Visione per l’agricoltura e il cibo». Ci sono passi avanti rispetto alle follie ideologiche del Green deal e del Farm to fork; l’agricoltore passa da nemico a custode dell’ambiente, si contrastano le pratiche sleali (la vendita o l’acquisto sottocosto) con addirittura la proposta di fissare un prezzo minimo, c’è l’accoglimento di una proposta pressante dell’Italia e cioè l’etichettatura d’origine e la protezione di prodotti Igp e Dop, la promessa di una forte sburocratizzazione che però viene rimandata a un successivo documento. La semplificazione era una delle richieste dei trattori che hanno assaltato lo scorso anno Bruxelles. Tra ecoschemi, disacoppiamenti, condizionalità, quaderni di campagna, rendicontazione economica, le piccole aziende non ce la fanno a smaltire la mole di carte richieste dall’Ue e sovente rinunciano ai contributi della Pac. Ci sono però ancora molti punti interrogativi: l’uso dei fitofarmaci, l’introduzione delle Tea (sono le colture fitoresistenti frutto della ricerca italiana), la reciprocità con i prodotti importati e la protesta contro gli accordi Mercosur sempre molto forte, la richiesta di controlli doganali più mirati e forti perché l’ingresso delle merci dai porti olandesi non assicurerebbe uno screening adeguato su salubrità e qualità dell’import. Restano aperte altre due questioni su cui l’Italia è particolarmente sensibile: è ancora sotto accusa la zootecnia mentre vanno avanti le pratiche per autorizzare le carni create in laboratorio - spingono forte Olanda, Svezia, Danimarca, Lituania e Repubblica Ceca che hanno stabilimenti pronti per stampare il purè di cellule e per il latte da fermentazione cellulare con la Gourmey francese pronta a vendere le finte bistecche - e c’è la crisi del vino con l’annuncio di un piano di sostegno a cui però fa da contraltare il documento europeo Beca (contro il cancro) rafforzato dalla pressante richiesta dell’Oms di tassare tutti gli alcolici e di procedere con le etichette allarmistiche oltre al Nutriscore, la famigerata etichetta a semaforo. Alla faccia del fatto che il documento di oggi è all’insegna della «sovranità alimentare» concetto su cui ha insistito Raffaele Fitto. Ma la questione delle questioni sono i soldi: la Pac che era stata promessa più ricca non solo dimagrirà, ma probabilmente non ci sarà più. L’allarme lo ha dato per primo Thomas Waitz, eurodeputato austriaco dei Verdi: «Il budget della Pac non crescerà di sicuro. Gli Stati membri non sono disposti a contribuire maggiormente al bilancio dell’Ue». In commissione Bilancio Ursula von der Leyen ha fatto presentare una proposta di razionalizzazione della spesa che prevede l’unificazione dei contributi Pac con quelli dei cosiddetti fondi di coesione (una delle deleghe di Fitto) sulla falsariga del Pnrr. In questo modo si arriva a un taglio significativo (oggi la Pac vale su cinque anni di programmazione 380 miliardi, i fondi di coesione 390 ma su sette anni) e la politica agricola perde autonomia finanziaria. I fondi non vengono più destinati alle aziende e vengono messi in diretta concorrenza con i finanziamenti per le politiche ambientali e sociali. C’è una fortissima opposizione di alcune delle regioni più forti: Baviera, Nouvelle Aquitaine e la Polonia intera sono sul piede di guerra e anche negli schieramenti politici c’è una netta divisione sia tra i diversi gruppi, sia internamente alle singole formazioni. Raffaele Fitto riconosce la necessità di razionalizzare il bilancio dell’Ue, ma vuole una politica di coesione che non sia intoccabile, che non distribuisca soldi a pioggia, ma su progetti mirati e dove la parte preponderante sia la produttività dell’investimento e non la complessità burocratica dell’adempimento. Il timore di tutte le organizzazioni agricole è che se ci sarà un unico salvadanaio chi ha più potere - gli enti locali, le aziende energetiche, il sistema assistenziale - prenderà più soldi lasciando l’agricoltura a secco. Guardando all’Italia la Pac assegna 35 miliardi che significano circa 4,5 miliardi all’anno in contributi diretti alle aziende, i fondi di coesione sono pari a 41, 3 miliardi (più altri quasi 26 di cofinanziamento nazionale) che vengono destinati a dieci aree d’intervento nelle Regioni. Ursula von der Leyen chiede più soldi, ma gli Stati membri non intendono aumentare la contribuzione. È facile perciò immaginare che si pensi a ridurre la parte di cofinanziamento nazionale dei fondi di coesione sostituendola con prelievo dai soldi destinati alla Pac; da qui l’idea di unificare i due fondi. Vedremo se il documento di visione su agricoltura e cibo sarà davvero una risposta alla protesta dei trattori o se sarà il cavallo di Troia per la riduzione degli investimenti agricoli.
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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