2019-04-26
Salta la fusione tra malate tedesche. A Berlino non resta che la bad bank
Deutsche bank e Commerzbank ufficializzano lo stop delle trattative: i benefici di molto inferiori ai costi. Sberla per il ministro delle finanze, regista del progetto, e per Angela Merkel che dovrà liberarsi delle zavorre.Ora è ufficiale: Deutsche Bank e Commerzbank hanno annunciato ieri lo stop al negoziato sulla possibile fusione partito ufficialmente il 17 marzo scorso. Salta dunque la nascita del colosso bancario da 2.000 miliardi di asset, 3.000 filiali e 50 milioni di clienti. La chiusura del tavolo è stata sancita da una nota congiunta nella quale i capi delle due banche, Christian Sewing (Db) e Martin Zielke (Commerz), sintetizzano le motivazioni del stop della trattativa: «Dopo un'attenta analisi abbiamo concluso che la transazione non avrebbe generato benefici tali da compensare i rischi di esecuzione addizionali, i costi di ristrutturazione e i requisiti patrimoniali associati a un'operazione così su larga scala». «La valutazione di una fusione domestica in Germania aveva perfettamente senso», precisano poi Sewing e Zielke, «ma da subito abbiamo chiarito che qualsiasi possibile fusione avrebbe dovuto generare profitti sostenibili per gli azionisti e permetterci di incrementare la proposizione di valore nei confronti dei clienti». Parole che confermano tutte le perplessità espresse dagli analisti nelle scorse settimane. Il risultato del matrimonio tra Deutsche e Commerzbank sarebbe stato troppo difficile da gestire. Sul piano occupazionale, innanzitutto, con 30.000 posti di lavoro minacciati dalla potenziale fusione; sul versante della concorrenza, con la necessità di fronteggiare l'atteggiamento ostile già annunciato dalla Commissione europea; dal punto di vista della redditività, con entrambi gli istituti impegnati in questi ultimi anni nel maldestro tentativo di mettere a punto modelli di business funzionali.Ma nei dossier passati tra le mani di Christian Sewing e Martin Zielke tante altre grane: dall'incognita delle reazioni del mercato, alla gestione dei rapporti con il governo federale (Berlino possiede già il 15% di Commerzbank), fino alla difficoltosa integrazione dei sistemi informatici.Per questi e altri motivi, non sono in pochi in Germania ad aver tirato ieri un sospiro di sollievo. Soddisfatti senza dubbio i sindacati di settore, preoccupati per l'emorragia di dipendenti che avrebbe causato la fusione. Manifestazioni, riunioni sindacali, consultazioni interne: per tutto il periodo del negoziato i lavoratori delle due banche hanno manifestato apertamente il proprio dissenso nei confronti dell'operazione. Qualche giorno prima di Pasqua, l'esito parziale di un referendum aziendale aveva rivelato che oltre l'82,5% dei dipendenti della sede di Commerzbank (5.500 votanti sugli 11.000 impiegati totali) si era dichiarato contrario al matrimonio tra i due istituti. Visti i fatti di ieri non ci sarà bisogno di concludere il sondaggio, che era previsto in scadenza per il 3 maggio.Tutti si chiedono cosa succederà ora. Pur non avendo decretato alcun vincitore, il fallimento dei negoziati porta con sé molti sconfitti. Sul banco degli imputati, il ministro delle Finanze Olaf Scholz, forse il tifoso più agguerrito della fusione. Paradossalmente, il più sereno appare Christian Sewing, che fino a ieri sembrava rappresentare l'anello debole della catena. Dopo l'annuncio della chiusura del dialogo con Commerzbank, il numero uno dell'istituto ha scritto una lettera ai dipendenti nella quale, dopo le solite frasi di rito, spiega che sul fronte dei risultati la banca si sta muovendo «nella giusta direzione e con il proprio ritmo». La presentazione ufficiale dei risultati del primo trimestre è prevista per oggi, ma i numeri anticipati da Sewing sono buoni. Nei primi tre mesi dell'anno, infatti, è previsto un utile netto di circa 200 milioni, ricavi per 6,4 miliardi di euro e Cet1 in leggero aumento al 13,7%. Numeri che, se consolidati nei prossimi trimestri, potrebbero scongiurare il ricorso a una fusione con un partner diverso.Più incerta la partita per Commerzbank, che di fatto rimane sul mercato. Sicuro interesse è stato registrato da Bnp, Ing e Santander. Ma la mente corre subito a Unicredit: all'inizio di aprile il Financial Times aveva rivelato le indiscrezioni circa un interessamento nell'eventualità fosse saltato il matrimonio con Deutsche. Tuttavia, anche in questo caso non mancano le perplessità degli analisti, che imputano alla scarsa redditività del sistema bancario tedesco un forte deterrente per l'acquisizione da parte di Piazza Gae Aulenti. Non impossibile l'eventualità che, per farsi bella agli occhi della futura sposa, chiunque essa sia, Commerzbank non decida di segregare le attività a minor valore, magari tramite la costituzione di una bad bank. Tutta da capire a quel punto la posizione del regolatore: il capo del Meccanismo unico di vigilanza, Andrea Enria, si era già espresso criticamente sulla possibile fusione Db-Commerz, ma nell'eventualità di uno spezzatino seguito da una fusione sarebbe lecito attendersi un intervento ben più deciso.