Il matrimonio non porrebbe problemi di Antitrust: assieme le due aziende valgono il 5% del mercato italiano. Tutto il resto è export. Per gli analisti è più facile che il gruppo romano rilevi le quote dei progetti. Che il matrimonio si faccia o no, resta un dato di fatto: le aziende di costruzioni in Italia sono in forte difficoltà.
Il matrimonio non porrebbe problemi di Antitrust: assieme le due aziende valgono il 5% del mercato italiano. Tutto il resto è export. Per gli analisti è più facile che il gruppo romano rilevi le quote dei progetti. Che il matrimonio si faccia o no, resta un dato di fatto: le aziende di costruzioni in Italia sono in forte difficoltà.Quello tra Astaldi e Salini Impregilo è un matrimonio che s'ha da fare? È questa la domanda che nelle ultime ore sta tenendo banco tra gli operatori di mercato, all'indomani della notizia dell'avvio della procedura di concordato preventivo in continuità per il gruppo Astaldi. Tra le ipotesi per il futuro del gruppo sta infatti prendendo sempre più corpo quella dell'acquisizione da parte del concorrente Salini-Impregilo. Ad avvalorarla è stata la stessa azienda romana in una nota diffusa nella serata di mercoledì, in cui, pur precisando che «a oggi non è stata assunta alcuna determinazione in merito», si fa sapere di valutare «continuamente ogni opportunità di crescita» e di seguire «con attenzione le evoluzioni riguardanti società operanti nel settore delle costruzioni all'estero e in Italia», tra cui «anche il gruppo Astaldi».Dal matrimonio tra le due maggiori imprese di costruzioni in Italia nascerebbe un gigante da quasi nove miliardi di ricavi, che staccherebbe di diverse lunghezze i concorrenti: Salini Impregilo ha infatti chiuso il 2017 con un fatturato consolidato di 6,1 miliardi di euro, mentre Astaldi ha superato di poco i 3 miliardi. La terza in classifica, il gruppo Pizzarotti, segue a distanza con 1,16 miliardi di euro. Tuttavia, sia Salini che Astaldi realizzano la maggior parte delle loro attività all'estero: in Italia, infatti, lo scorso anno Salini Impregilo ha fatturato 500 milioni di euro, mentre Astaldi 743 milioni. Insieme i due gruppi arriverebbero a circa 1,2 miliardi di euro, pari ad appena l'1% del valore totale del mercato delle costruzioni in Italia e al 5% se si considera solo il mercato dei lavori pubblici.Per gli analisti finanziari la crisi di Astaldi potrebbe rappresentare un'opportunità di crescita per Salini Impregilo, anche se c'è scetticismo sul fatto che il general contractor possa rilevare tutta la concorrente, soluzione che viene giudicata impegnativa sotto il profilo del debito. Più probabile invece l'ipotesi che Salini Impregilo rilevi le quote dei progetti italiani su cui entrambi i gruppi sono in campo: una soluzione che per Mediobanca «potrebbe avere senso». Gli analisti ricordano che Astaldi «dovrebbe avere un portafoglio ordini di circa 10 miliardi, con l'Italia che conta circa il 40%», per cui «un potenziale interesse in questi progetti sarebbe positivo», mentre un interesse «per l'intera Astaldi potrebbe mettere troppo in tensione il bilancio» del costruttore. «Il modello di business di Salini non include investimenti in progetti in concessione e si focalizza sull'attività di costruzione», sottolinea Banca Akros, secondo cui la situazione finanziaria di Salini è migliorata in seguito alla cessione della divisione Plants & Paving di Lane per 555 milioni di dollari, e l'attuale situazione «permetterebbe alla società di investire nel business delle costruzioni di Astaldi, magari 'senza debito', o di rilevare alcuni progetti». Per Fidentiis «la crisi di Astaldi potrebbe rappresentare un'opportunità di accelerare il processo di crescita di Salini sia in Italia che all'estero». L'interesse del gruppo potrebbe «in primo luogo riguardare i consorzi in cui è presente insieme ad Astaldi e nei quali, in caso di default, dovrebbe rilevarne le quote insieme agli altri partecipanti». Si tratta della linea 4 della metropolitana di Milano, dell'alta velocità Verona-Padova e Napoli-Bari e della linea ferroviaria Palermo-Catania.Che il matrimonio si faccia o no, resta un dato di fatto: le aziende di costruzioni in Italia sono in forte difficoltà. Prima di Astaldi, a gennaio era stata Condotte a chiedere il concordato in bianco, mentre il gruppo cesenate di ingegneria del sottosuolo Trevi ha rinviato al 10 ottobre la riunione del cda sul piano di rafforzamento. In molti casi la crisi trova origine nella gestione delle opere pubbliche da parte dello Stato, a causa dei ritardi nei pagamenti e non solo. Provvedimenti come il decreto legge Genova, che esclude dai lavori di ricostruzione del ponte Morandi gli «operatori economici che abbiano alcuna partecipazione, diretta o indiretta, in società concessionarie di strade a pedaggio», tagliano fuori ad esempio quasi tutte le aziende del settore: non solo la Pavimental del gruppo Atlantia ma le stesse Salini Impregilo, Astaldi, Cmc, Pizzarotti, Cmb, Itinera, Toto, che detengono tutte partecipazioni in concessionarie autostradali, in Italia o all'estero. Una maggiore lungimiranza, in questi casi, potrebbe essere d'aiuto.
Lirio Abbata (Ansa)
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(Stellantis)
Nel 2026 il marchio tornerà a competere nella massima categoria rally, dopo oltre 30 anni di assenza, con la Ypsilon Rally2 HF. La storia dei trionfi del passato dalla Fulvia Coupé alla Stratos alla Delta.
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Lo ha annunciato uno dei protagonisti degli anni d'oro della casa di Chivasso, Miki Biasion, assieme al ceo Luca Napolitano e al direttore sportivo Eugenio Franzetti: la Lancia, assente dal 1992 dalla massima categoria rallystica, tornerà protagonista nel campionato Wrc con la Ypsilon Rally2 HF. La gara d'esordio sarà il mitico rally di Monte Carlo, in programma dal 22 al 26 gennaio 2026.
Lancia è stata per oltre quarant’anni sinonimo di vittoria nei mondiali di Rally. Un dominio quasi senza rivali, partito all’inizio degli anni Cinquanta e terminato con il ritiro dalle competizioni all’inizio degli anni Novanta.
Nel primo dopoguerra, la casa di Chivasso era presente praticamente in tutte le competizioni nelle diverse specialità: Formula 1, Targa Florio, Mille Miglia e Carrera. All’inizio degli anni ’50 la Lancia cominciò l’avventura nel circo dei Rally con l’Aurelia B20, che nel 1954 vinse il rally dell’Acropoli con il pilota francese Louis Chiron, successo replicato quattro anni più tardi a Monte Carlo, dove al volante dell’Aurelia trionfò l’ex pilota di formula 1 Gigi Villoresi.
I successi portarono alla costituzione della squadra corse dedicata ai rally, fondata da Cesare Fiorio nel 1960 e caratterizzata dalla sigla HF (High Fidelity, dove «Fidelity» stava alla fedeltà al marchio), il cui logo era un elefantino stilizzato. Alla fine degli anni ’60 iniziarono i grandi successi con la Fulvia Coupè HF guidata da Sandro Munari, che nel 1967 ottenne la prima vittoria al Tour de Corse. Nato ufficialmente nel 1970, il Mondiale rally vide da subito la Lancia come una delle marche protagoniste. Il trionfo arrivò sempre con la Fulvia 1.6 Coupé HF grazie al trio Munari-Lampinen-Ballestrieri nel Mondiale 1972.
L’anno successivo fu presentata la Lancia Stratos, pensata specificamente per i rallye, la prima non derivata da vetture di serie con la Lancia entrata nel gruppo Fiat, sotto il cui cofano posteriore ruggiva un motore 6 cilindri derivato da quello della Ferrari Dino. Dopo un esordio difficile, la nuova Lancia esplose, tanto da essere definita la «bestia da battere» dagli avversari. Vinse tre mondiali di fila nel 1974, 1975 e 1976 con Munari ancora protagonista assieme ai navigatori Mannucci e Maiga.
A cavallo tra i due decenni ’70 e ’80 la dirigenza sportiva Fiat decise per un momentaneo disimpegno di Lancia nei Rally, la cui vettura di punta del gruppo era all’epoca la 131 Abarth Rally.
Nel 1982 fu la volta di una vettura nuova con il marchio dell’elefantino, la 037, con la quale Lancia tornò a trionfare dopo il ritiro della casa madre Fiat dalle corse. Con Walter Röhrl e Markku Alèn la 037 vinse il Mondiale marche del 1983 contro le più potenti Audi Quattro a trazione integrale.
Ma la Lancia che in assoluto vinse di più fu la Delta, che esordì nel 1985 nella versione speciale S4 sovralimentata (S) a trazione integrale (4) pilotata dalle coppie Toivonen-Wilson e Alen-Kivimaki. Proprio durante quella stagione, la S4 fu protagonista di un drammatico incidente dove morì Henri Toivonen assieme al navigatore Sergio Cresto durante il Tour de Corse. Per una questione di giustizia sportiva il titolo piloti fu tolto alla Lancia alla fine della stagione a favore di Peugeot, che era stata accusata di aver modificato irregolarmente le sue 205 Gti.
L’anno successivo esordì la Delta HF 4WD, che non ebbe rivali con le nuove regole del gruppo A: fu un dominio assoluto anche per gli anni successivi, dove la Delta, poi diventata HF Integrale, conquistò 6 mondiali di fila dal 1987 al 1992 con Juha Kankkunen e Miki Biasion. Lancia si ritirò ufficialmente dal mondo dei rally nel 1991 L’ultimo mondiale fu vinto l’anno successivo dal Jolly Club, una scuderia privata appoggiata dalla casa di Chivasso.
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