2022-11-21
Oca: il pennuto campione di dieta salutare
Il salame d'oca. Nel riquadro Franco Tolasi (IStock)
Nella Lomellina c’è una grande tradizione nell’uso di questa carne che contiene il 15% in meno di grassi rispetto a prodotti simili, poco sale e una percentuale ridotta di nitriti. Consigliata soprattutto per gli anemici.L’imprenditore Franco Tolasi: «Adatto anche a chi non può mangiare maiale per salute o religione. È l’insaccato ecumenico».Lo speciale contiene due articoli.Anche Pellegrino Artusi testimonia la presenza del salame d’oca in Lomellina nella prima edizione de La scienza in cucina del 1891. «Siamo a Mortara, nel cuore della Lomellina che lavora, che suda e ci crede, terra di contadini in cui le tradizioni fanno tutt’uno con l’imprenditoria di razza più avanzata. [...] Già capoluogo della Provincia di Lomellina dal 1818 all’unità nazionale, è oggi centro di prima importanza per il mercato del riso e per le specialità a base d’oca», scrive il sito internet Sagradelsalamedoca.it nel quale potete anche seguire il countdown per la prossima sagra dell’oca 2023 a Mortara, essendosi tenuta quella del 2022 il 2 ottobre scorso. Mortara, la «città dell’oca», è un importante centro della Lomellina, area storico-geografica territoriale della provincia di Pavia, nella Lombardia occidentale, compresa tra il Sesia a Ovest, il Po a Ovest e Sud, il Ticino a Est e il Basso Novarese a Nord. La città presenta innanzitutto il Salame d’oca di Mortara Igp e poi vari altri Deco sempre a base d’oca: salame crudo d’oca ecumenico, ciccioli d’oca di Mortara, marbrè d’oca, mortadellina d’oca, patè di fegato d’oca di Mortara, risotto con pasta di salame d’oca e fagiolini dell’occhio di Mortara. Più una serie di altri prodotti d’oca: salame crudo d’oca stagionato, ciccioli d’oca pressati, galantina d’oca, cacciatorino d’oca stagionato, bresaolina d’oca, prosciuttino d’oca stagionato, petto d’oca affumicato alle erbe, fegato d’oca (il ficatum della tradizione antico-romana), ravioli d’oca (a forma di piccola oca con ripieno d’oca), ragò d’oca, definito il fratello lomellino della cassoeula milanese, e perfino il pan dell’oca, un pane che tradizionalmente si condisce con grasso d’oca ora realizzato anche a forma di oca. Oca è il nome con il quale chiamiamo varie specie della famiglia degli Anatidi presenti nelle zone umide e costiere in tutto il mondo. L’oca europea appartiene al genere Anser: l’oca selvatica (Anser anser), l’oca granaiola (Anser fabalis) e l’oca lombardella (Anser albifrons). Infatti «d’oca» si dice anche anserino. Le oche si allevano per la carne, da mangiare fresca e soprattutto in forma di salume conservato, con lo specifico del fegato, il prodotto da sempre più noto dell’oca, ma anche per le uova, le piume (i famosi piumini d’oca) e le penne. Già, la penna d’oca: Denis Diderot le dedicò una pagina intera dell’Encyclopédie, tale era ed è ancora la sua importanza. Tra Seicento e Novecento sostituì il calamo, una piccola canna o giunco con estremità a punta che si intingeva nell’inchiostro per scrivere su carta o premeva per scrivere sull’argilla. I tipi principali di oca sono due, di taglia grande, fino a 12 chili di peso, ottime per il foie gras (sono molto pregiate quelle francesi), e di taglia più piccola, fino a 4, massimo 6-7 chili, allevate nel resto d’Europa, da noi principalmente in Romagna, Veneto, Lombardia, in particolar modo nell’area pavese, specializzata nell’allevamento di oca e nella lavorazione delle sue carni. La carne fresca, in forma di oca intera, cosciotti o petto, più magri del resto, perché l’oca presenta grasso localizzato e non inframuscolare, si può trovare nei supermercati normali nel periodo delle feste natalizie, come succede con tacchini e anatre, ma generalmente il suo consumo come carne fresca riscuote successo soprattutto nelle aree in cui viene allevata. Più l’oca è giovane, più le sue carni sono magre, ma mai come quelle di un pollo, per esempio, tanto che se ne estrae il grasso per cottura punzecchiando il retro del corpo in cottura. Oggi il grasso d’oca è un ingrediente noto soprattutto ai francesi, agli chef e a chi vive dove si alleva l’oca e i suoi prodotti sostanziano la cultura alimentare locale, ma in passato è stato un grasso molto più diffuso. Ha un punto di fumo di 215 °C, più alto del burro, e anche un quantitativo di grassi saturi dannosi, il 30%, che è inferiore a quello dello strutto e del burro. Nel convegno «Storia e proprietà dell’oca di Mortara» tenutosi nel 2019 il presidente dell’Associazione nutrizionisti in cucina Antonio Galatà ha spiegato: «La carne dell’oca è valida, lo testimoniano la scienza e i numeri: -15% di grassi, valore medio calcolato sui vari prodotti; meno di 0,01 grammi di sale per 100 grammi di prodotto; una percentuale inferiore del 10% di nitriti rispetto a tanti altri salumi. I grassi sono buoni, prevalentemente insaturi senza grande impegno per gli allevatori grazie alle buone abitudini alimentari delle oche, impresse nel loro Dna. Insomma, una carne che si trasforma in gustosi salumi con il giusto sale e pochi nitriti, se paragonati a molti altri salumi». Nel grande dibattito contemporaneo sulle carni, ricordiamo che la carne e quindi anche la carne d’oca, oltre a fornire proteine nobili ben diverse da quelle vegetali, contiene ferro, la cui carenza è causa di anemia. Tutti possono mangiare carne d’oca, in particolare gli anemici. Il ferro dei vegetali è detto ferro non eme, invece le carni (comprese quelle dei pesci) contengono un ferro che si chiama eme, da emoglobina, oltre a una parte di ferro non eme. Il ferro della carne è per il 50% eme, per l’altro 50% non eme. L’intestino assorbe tra il 2 e il 10% del ferro contenuto nei vegetali e dal 10 al 35% di quello delle carni. Se le persone sane assorbono il 10% del ferro alimentare, chi ne è carente, cioè è anemico, ne assorbe fino al 20-30%. Una dieta con ridotto apporto di ferro( come è quella povera o addirittura priva di carne e ricca di cereali e verdure) è una delle cause dell’anemia, cioè la riduzione dei globuli rossi nel sangue e la conseguente diminuzione della capacità di distribuzione dell’ossigeno a organi e tessuti (a ciò servono innanzitutto i globuli rossi), causa di stanchezza, difficoltà di concentrazione e memoria, calo delle difese immunitarie, disturbi gastrointestinali e problemi di termoregolazione che, in questo periodo nel quale l’autunno sta lentamente mutando in inverno, non sono proprio l’ideale. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/salame-doca-tolasi-2658727400.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="franco-tolasi-oca-non-solo-pate-il-suo-salame-non-teme-i-rivali" data-post-id="2658727400" data-published-at="1669034065" data-use-pagination="False"> Franco Tolasi: «Oca, non solo paté. Il suo salame non teme i rivali» Franco Tolasi è presidente del Consorzio di tutela del salame d’oca di Mortara Igp, proprietario della salumeria gastronomia Nicolino, produttrice di leccornie di vario tipo a base di carne di oca, salame d’oca di Mortara Igp in primis, e gastronomo. Dalla sua azienda, guidata con la moglie Barbara e il figlio chef Edoardo, escono i salumi d’oca tradizionalissimi, ma anche una chicca, ideata da Edoardo, che più recente non si può, il sushi d’oca. «Partendo sempre dall’oca in salumeria ho pensato di unire il riso Carnaroli. Utilizziamo il petto affumicato, oppure stagionato, ma è possibile realizzare il sushi anche con il classico salame d’oca cotto. La produzione, poi, ricalca la ricetta degli huramaki, del nigiri e del gunkan, che quasi tutti noi abbiamo imparato a conoscere nei ristoranti giapponesi. Piatti delicati, che con l’oca diventano leggermente più saporiti e per questo catturano maggiormente il palato del consumatore italiano», ha dichiarato Edoardo Tolasi in un’intervista a La Lomellina. Franco, l’oca è nota al grande pubblico al massimo per il patè di fegato. Chi fa la spesa al mega supermercato urbano, chiamiamolo così, non sa che l’oca si consuma tutta, non solo il suo fegato. «Sì, l’oca si presenta con molteplici specialità: innanzitutto il salame d’oca tradizionale di Mortara per il quale abbiamo ottenuto l’Igp, che mettiamo nella pelle dell’oca dopo averla tolta in modo meticoloso dall’oca. Dopodiché viene preparato questo impasto con un’aggiunta di carne di maiale, la pancetta, per dare morbidezza, e poi si cuoce a 80-90°C. Si tratta di un salame cotto che si può degustare freddo come antipasto oppure caldo con delle verdure. L’involucro che contiene l’impasto è la pelle dell’oca che lavoriamo e trattiamo in modo da renderla edibile». Il salame d’oca di Mortara Igp è insaccato nella pelle dell’oca e ha proprio la forma di un cosciotto d’oca. «Sì, una particolarità di questo salume è che la pelle che contiene l’impasto è nientemeno che la pelle dell’oca». E possiamo mangiare questa pelle come facciamo con la pelle del pollo arrosto? «Sì, esattamente. È cotta. Non ci sono problemi dal punto di vista della salute, dei batteri e quant’altro». Possiamo affettare questo salame d’oca e metterlo nel panino esattamente come se fosse il salame Milano? «Direi qualcosa di meglio...! (ride, ndr)». Sì, è veramente molto buono. Secondo disciplinare, non è pura carne d’oca, ne contiene un terzo, giusto? «Sì, seguiamo rigorosamente la ricetta del disciplinare depositato. Abbiamo tutta una filiera per arrivare a questo prodotto, dalla nascita del paperotto, quindi dalla schiusa delle uova, che deve avvenire in Italia e nel nostro circondario Igp». Uova italiane? «Sì, esclusivamente italiane. Nascita italiana, schiusa italiana e poi crescita italiana negli allevamenti del circondario Igp. L’oca deve essere pronta entro circa cinque mesi, così che la carne abbia una struttura abbastanza compatta, poi arriva a noi salumieri a Mortara che effettuiamo la lavorazione per ottenere questo salame. Come ha detto perfettamente lei, abbiamo una componente anche di maiale. Abbiamo preso la ricetta dei salumieri di Mortara vecchia più di cento anni e l’abbiamo trasformata in disciplinare, il nostro disciplinare trasporta la storia ai nostri giorni». Alcuni contestano gli istituti del Dop e dell’Igp, la loro veridicità. Secondo costoro, che sono pochi ma ci sono e fanno anche opinione nel food e nella critica gastronomica, i Dop sarebbero meri pretesti di marketing. In realtà, dietro c’è una ricetta talmente radicata nel luogo e cristallizzata dal tempo che diventa una preparazione tipica locale e poi il disciplinare del prodotto tutelato dal Consorzio. Ci sono anche altri salumi d’oca che non sono Igp, ma De.c.o.. «Oltre al salame abbiamo altre specialità, per esempio il prosciuttino d’oca, la bresaola d’oca, lo speck d’oca, i ciccioli d’oca. Intorno al 1400-1500 una comunità ebraica ha sostato nella nostra Lomellina per qualche decennio e, tra altro, ci ha lasciato in eredità questi allevamenti di oche da cui i nostri salumieri hanno ricavato queste specialità. Il primo salame d’oca che fu fatto in Lomellina era un puro oca, che noi abbiamo recuperato negli ultimi decenni con la ricetta tradizionale e l’abbiamo chiamato ecumenico. Tutte le comunità monoteistiche possano consumarlo, l’ebraica, la musulmana, la cristiana, perciò è ecumenico». È sempre insaccato nella pelle dell’oca? «Sì, l’ecumenico è insaccato nella pelle del collo dell’oca, la parte più stretta è quella terminale del collo. Si tratta di un insaccato che mostra anch’esso la storia della salumeria d’oca». Il salame di pura oca è una ricetta ebraica? «Sì, dell’insediamento ebraico in Lomellina. Il primo salame d’oca che fu fatto nella nostra zona era completamente d’oca. Ai tempi, centinaia di anni fa, usavano come involucro sempre la pelle. Poi, la carne e quel poco di grasso che l’oca ha venivano tagliati a punta di coltello e perciò nel nostro salame ecumenico si trovano tocchetti di carne d’oca, il tutto si metteva a stagionare e anche noi lo stagioniamo lentamente, per mesi, perché il tocchetto di carne ha bisogno di stagionatura lentissima». L’ecumenico va bene anche per chi non può mangiare il maiale per motivi di salute. «Sì, per chi non può mangiare maiale sia per motivi alimentari, sia per motivi religiosi. Si chiama ecumenico perché può essere condiviso sulla tavola di chiunque con chiunque, vuole essere un punto di partenza per un incontro ad ampio spettro con tutta la popolazione». Lo può mangiare la persona di fede musulmana, ma anche un ateo che inviti alla sua tavola un ebreo o un musulmano, o pure anche un cattolico, chiunque. «Sì. Lo abbiamo pensato come il salame della pace, dell’unione. Questa è la visione, lunga, che ci piacerebbe diffondere». Adesso si tende a fare il contrario, a settorializzare, a produrre alimenti che vanno bene per una categoria ma non per un’altra e il rischio è che si trovino pochi prodotti che facciano sentire tutti rispettati e coinvolti. Poi c’è il salame d’oca stagionato. «Si tratta della la ricetta del nostro salame d’oca fatto con oca e maiale, che però mettiamo in un budello naturale di bovino e facciamo stagionare circa due mesi, due mesi e mezzo. Questo salame d’oca stagionato è per gli appassionati che vogliono assaggiare un salame d’oca, col sapore dell’oca della nostra tradizione, lavorato come salame crudo di maiale. Somiglia un po’ di più al salame ordinario che abbiamo sulle nostre tavole, innanzitutto per il colore». Qual è il salame più venduto? «Nella Lomellina, il più venduto è il nostro tradizionale salame d’oca di Mortara Igp. Quest’anno 2022 non abbiamo potuto marchiarlo come Igp perché abbiamo avuto un problema di filiera. Lo abbiamo fatto ugualmente, ma non ha il marchio Igp. Parlavamo prima di chi crede oppure no alle filiere Igp o Dop. La nostra filiera è talmente stretta che dice che il paperotto deve nascere in Italia. A fine 2021 in Italia abbiamo avuto un’aviaria che ha interrotto questa filiera, non avevamo più oche che potessero far le uova da cui ottenere i paperotti. Le oche di quest’anno sono arrivate da paesi vicino al nostro, avevano anche solo una settimana di vita, sono state tutte allevate in Italia. Ma non avendo la nascita italiana, come invece prevede il nostro disciplinare, non abbiamo potuto marchiare questo salame d’oca cotto 2022 come Igp. Questa però è una pausa solo di quest’anno. Abbiamo ricomposto la filiera, stiamo già lavorando, come consorzio, per attivare tutto il necessario». Quindi il salame c’è, ma non è Igp. Come capita alle annate del vino, questa è un’annata in cui il salame c’è, ma gli manca qualcosa, gli manca l’Igp. Questo salame senza marchio Igp è la prova di un’applicazione più che scrupolosa dell’applicazione del disciplinare Igp. «Sì. In Italia, negli ultimi anni, le problematiche di aviaria si stanno presentando abbastanza frequentemente. Sì, a tutela del consumatore noi abbiamo i controllori del consorzio e quelli del Ministero che controllano tutti i passaggi e se manca anche solo un passaggio il marchio Igp viene bloccato». Ci sono Igp che consentono l’importazione se la carne locale non basta, penso alla bresaola Igp. Questa è un’annata sfortunata, dall’altra parte la conseguenza di questa sfortuna ci rassicura sul fatto che se il salame d’oca non può avere quel marchio, ebbene non ce l’ha. Per i digiuni di oca da ogni punto di vista, che pregi ha la carne d’oca? «Per quanto si possa pensare il contrario, la carne d’oca è magra. Si tratta di una carne con pochi grassi e quei pochi che ha sono insaturi. Fanno bene al nostro organismo. Si può consumare tranquillamente negli stessi quantitativi delle carni che consumiamo sulla nostra tavola quotidiana. Parliamo di salumi di oca, ma anche di oca in cucina, oca fresca cucinata». La carne d’oca è aromatica, soddisfa il palato senza bisogno di eccessiva salatura, vero? «Sì, ha una acidità leggermente più alta di altre carni. Mangiando anche solo un petto d’oca, come anche di anatra, si sente una sapidità della carne naturale, più di altre carni. In salumeria aggiungiamo una percentuale di sale inferiore a quella per un salame di suino». In provincia di Pavia c’è anche il salame di Varzi Dop. Sono entrambi salumi originali, particolari, ma non tanto da risultare respingenti, anzi. Voi pavesi siete i nuovi salumieri italiani? «Il salame di Varzi Dop, un puro suino, di coscia, un taglio pregiato, è un altro nostro vanto. La salumeria anche in questo caso è di fattura artigianale. Attualmente siamo salumieri di nicchia, ma stiamo crescendo, non tanto con i numeri, ma promuovendo e divulgando. Vogliamo che tutti conoscano il nostro salame». Non avete l’obiettivo di diventare prodotto distribuito in tutti i supermercati di tutta la nazione, altrimenti le carni non basterebbero... «Giustamente, l’allevamento d’oca non è intensivo, abbiamo dei piccoli allevamenti coi quali ci rapportiamo personalmente. Il nostro obiettivo è di fare una salumeria pregiata, alta, di tradizione. Un prodotto di alta qualità, meno numeri, ma accontentando di più il cliente e la nostra soddisfazione personale». Più local che global: meno persone, ma prodotto locale. «Il global per me è il nostro salame ecumenico, vogliamo essere global in questo senso».
L’amministratore delegato di Fs Stefano Donnarumma (Ansa)