Sala vuole un civico come suo sostituto, ma Majorino e Maran scalpitano

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Sala vuole un civico come suo sostituto, ma Majorino e Maran scalpitano
Pierfrancesco Majorino e Beppe Sala (Ansa)

Il sindaco di Milano ha proposto come suo sostituto Mario Calabresi che però ha già declinato l'invito. Un modo per bloccare il Partito democratico che nel 2027 potrebbe candidare l'attuale consigliere regionale o anche l'europarlamentare. Ma c'è chi suggerisce anche il nome di Cecilia Strada. Nel centrodestra si fa largo invece Regina De Albertis.


Mancano poco più di due anni alle elezioni comunali di Milano, ma il centrosinistra appare più in pezzi che mai in vista del possibile successore del sindaco Beppe Sala. Nell'ultima settimana, infatti, il primo cittadino ha deciso di lanciare la candidatura dell'ex direttore di Repubblica Mario Calabresi, ricevendo però da quest'ultimo un secco no. "Sono molto onorato della stima che ha per me il sindaco Sala, che ringrazio. Ma sono anche molto felice del lavoro che faccio, che mi sono costruito e che mi entusiasma" ha risposto il figlio dell'ex commissario ucciso a Milano nel 1972. Alla fine, è arrivata la promessa da parte dello stesso Sala di non parlare più dei suoi successori, un passo indietro che ha fatto rumore in città soprattutto nella maggioranza

Del resto, la situazione di Milano è ben diversa da quella nazionale, nel capoluogo lombardo il Movimento 5 Stelle non vanta grosse percentuali di voto, dal momento che sia alle europee di alle politiche è stato superato persino dal partito di Carlo Calenda. Ma a lato di calcoli elettorali, la boutade di Sala, ha permesso di rimescolare le carte in un'area politica che a quanto pare non si trova ancora nelle condizioni di trovare un'alternativa come candidato sindaco. Del resto, in questi anni sono stati tanti i nomi di potenziali successori di Beppe Sala. Ma fino adesso nessuno ha voluto poi davvero esporsi fino in fondo.

Uno dei potenziali candidati è sempre stato Stefano Boeri, attuale presidente della Triennale e architetto di fama internazionale. Già in corsa alle primarie di 14 anni fa, quando a vincere fu Giuliano Pisapia, sono in tanti in città a puntare sull'ideatore del Bosco verticale. Ma oltre a Boeri, l'altro potenziale candidato di Pd, Verdi e sinistra in generale, potrebbe essere Pierfrancesco Majorino, già consigliere comunale a palazzo Marino, poi europarlamentare e quindi candidato sconfitto alla presidenza di Regione Lombardia. Eppure, il nome di Majorino continua a circolare come potenziale nome per il centrosinistra. Ma si parla anche di Pierfrancesco Maran, già assessore e ora europarlamentare a Strasburgo.

Anzi, c'è chi sostiene che l'uscita di Sala su Calabresi sia servita proprio a tarpare le ali di chi vorrebbe la candidatura di un esponente del Partito democratico, Majorino scadrà con il suo mandato in regione nel 2028. Tra il 2027 e il 2028, infatti, il centrosinistra dovrà sia difendere la poltrona di palazzo Marino sia cercare di strappare la regione Lombardia, ormai saldamente nelle mani del centrodestra da praticamente 30 anni. E anche qui forse servirà un nome della società civile, meno legato ai partiti capace di intercettare anche i cosiddetti voti in uscita dal centrodestra. Del resto, proprio Sala nella sua uscita su Mario Calabresi aveva proprio avvertito il Pd sull’esigenza di pensare a candidati fuori dalla politica. «E’ necessario fare questa verifica: se ci sono alternative della cosiddetta società civile poi ci si può organizzare sul metodo di selezione e possono essere primarie oppure no». Tra i potenziali candidati c’è anche l’europarlamentare dem Cecilia Strada, figlia di Gino, fondatore di Emergency e molto considerata anche tra i partiti considerati più di sinistra nella coalizione. A una candidatura di una donna nel centrosinistra potrebbe corrisponderne un’altra anche nel centrodestra. Da mesi si rincorrono le voci su un possibile appoggio a Regina De Albertis, un nome che potrebbe unire Lega, Fratelli D’Italia e Forza Italia. Presidente di Assimpredil Ance e direttrice tecnica dell’azienda di famiglia, Borio Mangiarotti, è stata di recente candidata per l’Ambrogino dal consigliere comunale di Forza Italia, Alessandro De Chirico.

Nella lettera indirizzata alla presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi, De Chirico ha elogiato «la visione lungimirante e la capacità di coniugare tradizione e innovazione» di De Albertis, sottolineando anche la sua attenzione alla sostenibilità ambientale. De Albertis è infatti la prima donna alla guida dell’associazione degli imprenditori edili milanesi, e per questo il consigliere forzista la descrive come «un modello di leadership femminile in un settore storicamente dominato dagli uomini». Parole che sembrano non volersi fermare all’Ambrogino d’oro.

Anche in Cgil c’è chi critica Landini. E lui cambia il suo braccio destro
Maurizio Landini (Ansa)
  • Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
  • Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.

Lo speciale contiene due articoli.


Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?

Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».

«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».

Fico oggi sbraita contro la sanatoria. Però l’ha usata per la villa al Circeo
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.

Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.

«Il condono ripara i flop del centrosinistra»
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.

Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.

I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.

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