2018-08-02
Sala rifiuta le Olimpiadi. Voleva solo i soldi
La candidatura congiunta di Milano, Torino e Cortina senza una capofila riduce i contributi per la città lombarda a circa 100 milioni, contro i 384 richiesti (8 in più del progetto del Coni). E il sindaco Pd si smarca. Giancarlo Giorgetti: «Il governo non accetterà passi indietro».A Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, c'è chi sostiene che Beppe Sala sia finito in un «pateracchio», un accordo malriuscito sulla candidatura a tre, con Torino e Cortina, per le Olimpiadi invernali 2026. E che, sebbene il sindaco se ne lamenti con una nota che ha fatto discutere («Milano conferma la sua disponibilità, ove richiesto, solo come venue di gare o eventi in quanto, stante le attuali condizioni, non ritiene praticabile una sua partecipazione alla governance del 2026» ha scritto ieri al presidente del Coni Giovanni Malagò), in questo «pateracchio» Sala ci sia finito per scelta. Non si spiegherebbe infatti perché nella delibera del 19 luglio della giunta milanese, sulla «presentazione della candidatura di Milano a ospitare i Giochi olimpici e paralimpici invernali 2026», ci sia scritto nero su bianco che la volontà di candidarsi sarebbe andata avanti «anche nel caso in cui la valutazione del Coni concludesse circa l'opportunità per l'Italia di essere rappresentata per ospitare l'evento attraverso una candidatura condivisa con altre realtà territoriali, con Milano quale capofila». Quindi perché ora la minaccia solo accennata di sfilarsi? Non a caso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, ieri in serata, ha risposto indirettamente, ricordando che «il governo ribadisce il sostegno alla candidatura a condizione che Torino, Milano e Cortina non facciano passi indietro». In sostanza, che il sindaco del capoluogo lombardo decida: o dentro o fuori. Del resto Sala già sapeva che Malagò avrebbe potuto optare per una candidatura a tre teste, soluzione capace di dribblare quel regolamento della carta olimpica che dice che chi ospita il Cio non può autoassegnarsi un'Olimpiade. Non va dimenticato che sarà Milano nel settembre del 2019 ad avere il palcoscenico dove saranno decisi i Paesi ospitanti per le prossime Olimpiadi. E su questo possibile conflitto di interessi non a caso i 5 stelle in Piemonte avevano già mostrato i propri dubbi nei mesi scorsi. Ma allora, perché Sala sembra sfilarsi aggiungendo che sulla candidatura «non c'era chiarezza ieri né oggi»? I motivi sono due: uno economico e uno politico. Una candidatura unica di Milano alle Olimpiadi invernali avrebbe portato nelle casse di Palazzo Marino ben 384 milioni di euro, ben 8 in più rispetto ai 376 stanziati complessivamente dal Coni con la candidatura a tre teste. Cifra che avrebbe aiutato la città a rialzarsi dopo i cosiddetti fasti di Expo 2015, e che sarebbe servita a realizzare almeno in parte quello che è stato promesso durante la campagna elettorale proprio da Sala, dal piano periferie fino alla riqualificazione degli scali ferroviari (ora fermi al palo). Secondo i partiti di opposizione a Palazzo Marino, infatti, la candidatura alle Olimpiadi doveva essere la foglia di fico per la mancata vittoria della sede dell'Ema a Milano, altro smacco che Sala ha dovuto subire dopo aver persino presentato un ricorso inutile contro Amsterdam. Con la candidatura a tre teste, invece, al capoluogo lombardo arriveranno poco più di 100 milioni di euro. E questi soldi serviranno a rendere il Palalido polifunzionale per le gare di curling (6 milioni di euro) o il Palasharp per quelle di hockey (11 milioni). Mentre l'unica spesa veramente rilevante sarà quella per lo scalo di Porta Romana, dove dovrebbero planare 100 milioni di euro per la costruzione del villaggio olimpico. In sostanza pochi spicci per le casse di Palazzo Marino che - oltre ad aspettare dal Coni ancora 2 milioni di euro dal 2009 per la riqualificazione degli impianti di atletica leggera per Expo 2015 - si vedrebbe poi schiacciato dalla regione Veneto di Luca Zaia e dal Comune di Torino di Chiara Appendino, un asse gialloblù che riproporrebbe l'accordo di governo tra Lega e 5 stelle.E ora, come ne uscirà Sala? In Consiglio comunale, durante la discussione della delibera, il consigliere Matteo Forte di Milano popolare aveva fatto presente il problema, rimarcando proprio la disponibilità del primo cittadino a una candidatura condivisa. «C'è un punto», spiegava Forte, «in cui lascia aperta invece proprio questa possibilità di confermare la volontà anche nel caso in cui la valutazione del Coni concludesse circa l'opportunità per l'Italia di essere rappresentata per ospitare l'evento attraverso una candidatura condivisa con altre realtà territoriali, con Milano quale capofila. Vuol dire che c'è tutto il pacchetto: Milano, Valtellina, Saint Moritz oppure Milano, Sestriere e magari Cortina? Questo rispetta Milano? Questo è il banco di prova in cui si afferma la volontà politica di valorizzare Milano e di non fare un pateracchio?». Qualcuno aveva già lanciato l'allarme. Ma adesso Sala fa i capricci.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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