2024-06-22
Dalla padella di Stoltenberg alla brace di Rutte
Mark Rutte e Jens Stoltenberg (Ansa)
Dopo la ritirata del rivale rumeno, il premier olandese è il nuovo segretario Nato. Si profila una guida debole, il cui biglietto da visita è l’accordicchio con Orbán. Inviso a Trump, l’ex capo dei falchi in Ue contro Roma rischia di danneggiare il fronte Sud dell’Alleanza.Ormai è fatta. Mark Rutte succederà a Jens Stoltenberg come segretario generale della Nato: un avvicendamento che avrà luogo il prossimo ottobre. Il via libera al premier olandese uscente è una conseguenza del fatto che il suo rivale, il presidente rumeno Klaus Iohannis, ha ritirato la propria candidatura a capo dell’Alleanza atlantica. Vale a questo punto la pena di domandarsi se l’ascesa di Rutte ai vertici della Nato possa essere considerata una buona notizia. A ben vedere, si scorgono vari problemi.Innanzitutto, i Paesi Bassi non hanno al momento raggiunto la soglia del 2% di spesa a favore dell’Alleanza atlantica. Certo: dovrebbero conseguire l’obiettivo entro quest’anno. Tuttavia Rutte è alla guida del Paese dal lontano 2010. E la soglia del 2% fu fissata per la prima volta nel 2014. Insomma, non sembra che per Rutte - uno che partecipò al lancio del Nord Stream 2 nel 2011 - il sostegno finanziario all’Alleanza atlantica abbia esattamente rappresentato una priorità.In secondo luogo, il premier ha rafforzato i rapporti dei Paesi Bassi con la Cina. Nonostante alcuni significativi attriti sulla questione dei microchip, i due Paesi si sono avvicinati parecchio. Nel 2023, il vicepresidente cinese, Han Zheng, fu ricevuto all’Aia da Rutte, il quale, a marzo scorso, è stato a sua volta ricevuto da Xi Jinping a Pechino. In quell’occasione, il premier olandese si espresse contro il decoupling, sottolineando anche che «le relazioni bilaterali hanno mantenuto un solido sviluppo, con il raddoppio del volume degli scambi». Nel 2014, Xi era inoltre stato il primo presidente cinese della storia a visitare i Paesi Bassi. Non solo. Nel 2018, Rutte criticò Donald Trump per essersi ritirato dal controverso accordo sul nucleare con l’Iran: un’intesa sostenuta invece da Pechino e Mosca. Era inoltre il 2023, quando il premier olandese consolidò i rapporti commerciali con il Brasile di Lula da Silva: uno dei leader più filocinesi dell’America Latina.Un terzo problema riguarda i rapporti che Rutte, da segretario generale della Nato, potrebbe intrattenere con un’eventuale nuova amministrazione Trump. La candidatura del premier olandese è stata infatti caldeggiata, secondo Politico, soprattutto da Joe Biden e da Emmanuel Macron: non esattamente due alleati dell’ex presidente repubblicano. Sempre Politico ha riferito che Rutte avrebbe la capacità di tenere testa a Trump. La sensazione è tuttavia che il premier olandese non sia granché apprezzato dal Gop. A febbraio, il senatore repubblicano di area trumpista, Dan Sullivan, disse che Rutte non avrebbe dovuto essere preso in considerazione per la guida della Nato, visto lo scarso impegno finanziario olandese a favore dell’Alleanza atlantica. Era invece aprile, quando Adrian Zuckerman - ex ambasciatore americano in Romania nominato da Trump - si schierò a favore della candidatura di Iohannis contro quella di Rutte. Insomma, se l’ex presidente dovesse riuscire a tornare alla Casa Bianca, non sono escluse delle fibrillazioni con la nuova leadership della Nato. Ecco perché la nomina dell’olandese rischia di rivelarsi miope. Abbiamo poi un quarto nodo. I Paesi Bassi non risultano un’area geografica oltremodo strategica per l’Alleanza atlantica. A fronte della crisi ucraina e di quella di Gaza, sarebbe stato forse meglio scegliere un rappresentante di Stati appartenenti o al fianco orientale o a quello meridionale della Nato. D’altronde, la crisi ucraina e quella di Gaza sono strettamente intrecciate soprattutto a causa del ruolo giocato dall’Iran, il quale, oltre a finanziare Hamas ed Hezbollah, fornisce a Mosca droni che vengono poi usati per attaccare l’Ucraina. Come se non bastasse, emerge anche un problema di metodo. Per aggirare il veto di Budapest, Rutte ha promesso a Viktor Orbán che, da leader della Nato, non schiererà militari ungheresi in Ucraina né invierà a Kiev soldi dell’Ungheria. Non è chiaro come questo opportunismo si sposi con le posizioni graniticamente pro Ucraina di Biden. E attenzione: non si tratta di una questione morale ma di credibilità e, quindi, di deterrenza. L’immagine che viene trasmessa a Russia e Cina da questi sotterfugi di Rutte è infatti quella di un leader pronto a giocare al ribasso, pur di blindare la propria poltrona. Infine, è bene che l’Italia faccia attenzione. Rigorista fino al midollo, Rutte, da capofila dei cosiddetti «frugali», è spesso stato avverso al nostro Paese in sede Ue, specialmente nelle trattative sul Recovery Fund e sulla riforma del Patto di stabilità (in un video del 2020 prometteva a un netturbino olandese che non avrebbe dato soldi a italiani e spagnoli). Inoltre, il fatto che la candidatura del premier olandese sia sponsorizzata soprattutto da Macron deve mettere Roma in allarme. Il presidente francese punta a ottenere per Parigi la poltrona di commissario alla Difesa nel prossimo esecutivo europeo. Ora, non è un mistero che la Francia abbia interessi geostrategici contrastanti con quelli dell’Italia: si pensi solo al Mediterraneo e al Nord Africa. Tra l’altro, gli attuali sponsor americani di Rutte potrebbero pentirsi presto della loro scelta, visto che l’inquilino dell’Eliseo mira all’indebolimento delle relazioni transatlantiche. È invece proprio sul rafforzamento di queste relazioni che Roma deve puntare, per consolidare il suo ruolo nel fianco meridionale della Nato.