
Il Tesoro sollecita un’offerta di Kkr e Macquarie con Cdp e F2i. Titolo su dell’8%. C’è da convincere Vivendi: una partita politica.Alla fine il governo ha battuto un colpo su Tim. E non è casuale che la mossa del Mef - il Tesoro ha fatto sapere che non si opporrebbe a un’offerta congiunta da parte di Cassa depositi e prestiti, Macquarie e Kkr per la rete, con l’eventuale coinvolgimento di F2i - arrivi all’indomani di un consiglio di amministrazione fiume dove il dossier relativo all’infrastruttura principale dell’ex monopolista della telefonia si era ancora più ingarbugliato. Il cda di Tim aveva dato tempo fino al 9 di giugno a uno dei due pretendenti, il fondo americano Kkr, per alzare ancora l’asticella della sua offerta per la rete. La proposta non vincolante precedente (intorno a quota 21 miliardi), così come l’ultima offerta di Cdp in cordata con il fondo Macquarie (19,3 miliardi) era stata considerata insoddisfacente. Difficile, se non impossibile, pensare che in cinque settimane si sarebbe potuta appianare la differenza rispetto ai 31 miliardi chiesti dal primo azionista, i francesi di Vivendi. Per questo, anche per evitare di perdere altro tempo in una situazione già di suo complicato e che coinvolge un asset strategico per il Paese come la rete delle telecomunicazioni il governo ha deciso di intervenire. Una mossa apparentemente morbida, che però spariglia le carte di una partita che comunque è ancora completamente da scrivere. Soprattutto, una mossa che sposta il tavolo di gioco dalla finanza e gli interessi privati alla politica. Impossibile ipotizzare che quest’operazione si possa chiudere andando contro i desiderata del governo, e difficile non ipotizzare che possano entrare in gioco i sottili equilibri che in questo momento regolano i i rapporti tra Italia e Francia. Ci sono in ballo tante partite (dall’immigrazione per arrivare al Pnrr e al nuovo Patto di stabilità) ed è possibile che all’interno di questo complicato gioco di incastri si inserisca anche la partita per Tim e la sua rete. Come si muoverà Macron? Che rapporti legano adesso Bolloré all’Eliseo?Il punto è capire come se ne esce. E qui dalla politica bisogna tornare al mercato. Non è passato inosservato che ieri il titolo abbia guadagnato l’8,08% arrivando a quota 0,2688 euro dopo i continui ribassi delle ultime sedute. Alla Borsa per rimbalzare basta sapere che nessuna porta si è chiusa o è stata sbattuta. Intermonte spera per esempio che gli offerenti scelgano di lavorare su un’offerta congiunta, che eliminerebbe il rischio di veti reciproci e garantirebbe una maggiore potenza di fuoco per eventuali ulteriori escursioni. Ma perché questo si realizzi è necessario si verifichino alcune combinazioni. La prima parte dall’esclusione del fondo Macquarie dalla cosiddetta grande ammucchiata. Senza il secondo azionista di Open Fiber (il primo è Cdp) potrebbero infatti disinnescarsi alcuni dei pericoli Antitrust che hanno portato Kkr ad escludere qualsiasi tipo di operazione «tutti insieme». Poi, inutile nasconderselo, il punto è il prezzo. Se la nuova offerta al di là della composizione della cordata non dovesse avvicinarsi almeno a quota 25 miliardi sembra davvero difficile che si possa aprire una breccia nel muro tirato su da Vivendi. Vero che con la moral suasion del governo ci sono delle carte in più da giocare ed è altrettanto vero che non conta solo la parte economica. In ballo c’è la questione della distribuzione del debito e dei 42.000 dipendenti di Tim. Vivendi, alla quale resterebbe la società dei servizi, ha fatto sempre sapere che una delle condizioni per vendere la rete è quella di avere poi una ServiceCo sostenibile, in grado di confrontarsi sul mercato con soggetti che già oggi sono molto più agili e finanziariamente sostenibili. È di ieri, tanto per capirsi, l’accordo con la Bei per un prestito di 360 milioni con garanzia Sace al 60%. Denaro quindi che arriva a condizioni più favorevoli di quelle che avrebbero posto le banche, perché una delle problematicità di Tim è quello del rifinanziamento. Comunque, il prossimo passo potrebbe essere quello della convocazione o della chiamata in causa del primo azionista che ancora oggi preferirebbe la strada della scissione proporzionale e del take private, l’Opa con successivo delisting. Ma adesso il governo ha fatto la sua mossa, e con l’entrata in campo della politica gli scenari cambiano.
Maurizio Landini ed Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver ridotto il cuneo fiscale il governo vuol abbassare le imposte al ceto medio. Ma Landini («La manovra ci farà sbattere») e Orsini («La ricchezza non la fai con Irpef e pensioni») sembrano opporsi allo stesso modo.
Marco Risi (Getty Images)
Il regista figlio d’arte: «Il babbo restò perplesso dal mio primo film, poi grazie a “Mery per sempre” iniziò a prendermi sul serio. Mi considerano quello “impegnato”, però a me piaceva anche girare commedie».
Nel riquadro, la stilista Giuliana Cella
La designer Giuliana Cella: «Ho vissuto in diversi Paesi, assimilandone la cultura. I gioielli? Sono una passione che ho fin da bambina».