2023-03-01
Roma all’Ue: «No all’auto elettrica nel 2035»
Gilberto Pichetto Fratin e Kadri Simson (Ansa)
Gilberto Pichetto Fratin avvisa il Coreper: «Votiamo contro lo stop a benzina, diesel e ibridi: le batterie non sono l’unica via». Anche i tedeschi vogliono esenzioni per i carburanti a emissioni nette zero. E la Commissione ora fischietta: «Sulla transizione decida il mercato».Qualcuno prova a innestare la retromarcia sulle macchine elettriche. Il ministro dell’Energia, Gilberto Pichetto Fratin, ha annunciato che l’Italia, alla riunione degli ambasciatori Ue (Coreper) di oggi, voterà contro lo stop alle immatricolazioni di vetture a benzina, diesel e ibride nel 2035. «L’Italia», ha spiegato l’esponente di Fi, punta a «una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa», vuole salvare il principio di neutralità tecnologica (per cui è un errore puntare su un’unica tecnologia) e ritiene che «la scelta dell’elettrico non debba rappresentare l’unica via per arrivare a zero emissioni». Anzi, «l’utilizzo di carburanti rinnovabili, compatibili con i motori termici, contribuirà a una riduzione delle emissioni senza richiedere inattuabili sacrifici economici ai cittadini».È difficile che la presa di posizione di Pichetto Fratin - che a novembre agì nel modo opposto, avallando l’orientamento dell’Europa - basti a impedire l’approvazione del nuovo Regolamento green. Ma adesso anche la Germania alza la voce. E quando Berlino si mette di traverso, per Bruxelles le cose si complicano. Come ha ricordato il corrispondente David Carretta, il Consiglio Ue vota a maggioranza qualificata: una proposta passa se è approvata da 15 Paesi, o da un blocco di quattro Stati che rappresenti il 65% della popolazione. Polonia e Bulgaria mugugnano. Ergo, l’ago della bilancia è la Germania, con il ministro dei Trasporti, Volker Wissing che minaccia l’astensione, qualora fosse ignorata la mozione del suo segretario di Stato.Ieri, Michael Theurer ha invocato maggiore flessibilità da parte dell’Unione sugli obiettivi ambientali. «La Commissione», ha spiegato, «dovrebbe presentare una proposta su come utilizzare gli efuel o su come organizzare i motori a combustione alimentati con carburanti chimicamente neutri». I veicoli con emissioni nette azzerate, messi in moto da prodotti che utilizzano le emissioni di CO2 catturate dall’atmosfera, non dovrebbero essere colpiti dal draconiano bando ecologico. Theurer pensava al settore delle automobili private, ma anche ai camion. Per i mezzi pesanti, Ursula von der Leyen & c. stanno infatti pianificando un abbattimento del 90% delle emissioni di anidride carbonica entro il 2040, con una serie di passaggi intermedi, fissati per il 2030 (-45%) e il 2035 (-65%). La linea italiana e tedesca riporterebbe un po’ di buon senso in un’Unione ormai contaminata dal maoismo verde. Naturalmente, si dovrebbe pure evitare che, com’è successo in passato con il tetto agli aiuti di Stato, l’unica a beneficiare delle eccezioni alle regole sia proprio Berlino. Schivare l’eco-mannaia è una priorità per tutti.D’altronde, anche l’esecutivo europeo pare percepire che qualcosa non funziona, nella transizione a tappe forzate. Sono apparsi a dir poco surreali i toni della conferenza stampa di lunedì, con i commissari Adina-Ioana Valean, che ha la delega ai Trasporti, e Kadri Simson, responsabile dell’Energia. Lascia di stucco quanto sostenuto dalla rumena del Ppe: «Decarbonizzare il settore dei trasporti dipende dalla disponibilità di alternative ai carburanti fossili». E la Commissione, udite udite, non avrebbe «preferenze a proposito di come i carburanti fossili vengono rimpiazzati. Deve deciderlo il mercato». Ah sì? E a quale logica risponde, allora, la scelta di spegnere i motori a combustione entro dodici anni? Che fine ha fatto, appunto, la neutralità tecnologica? Quale altro sistema, a parte l’elettrico, funziona su strada a emissioni zero, se si escludono quelli che annullano al netto gli scarichi inquinanti? In che modo il Temporary State aid crisis and transition framework, presentato ai Paesi membri e utile a finanziare l’industria sostenibile, lascerebbe intendere che per Bruxelles la batteria sia una delle opzioni, ma non la colonna portante dell’intera strategia europea? Come ha notato Simona Benedettini, della Fondazione Einaudi, le incoerenze degli esponenti dell’esecutivo Ue non finiscono qui. Valean, ad esempio, ha ricordato che il Regolamento sulle infrastrutture per i combustibili alternativi dovrebbe portare a «un minimo di un milione di punti di ricarica per veicoli elettrici sulle nostre strade entro il 2025 - e oltre 16 milioni entro il 2050». Peccato che, solo due anni fa, stando ai dati dell’Agenzia internazionale dell’energia, l’Unione ne contasse 356.000.Alla fine, non resta che incrociare le dita. Sperando che l’obbligo di auto elettrica dal 2035 si schianti lungo la direttrice Roma-Berlino.
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