Il calcio africano ha riacceso i riflettori in Marocco, dove è cominciata la Coppa d'Africa delle Nazioni 2025, torneo che negli ultimi anni ha ampliato pubblico, peso e attenzione ben oltre i confini del continente.
Il torneo, giunto alla 35ª edizione, si è aperto domenica sera con il successo dei padroni di casa contro le Comore e accompagnerà il calcio africano fino al 18 gennaio, quando allo stadio Prince Moulay Abdellah di Rabat si assegnerà il titolo. Un mese intenso, nel cuore della stagione europea, che racconta meglio di qualsiasi slogan come il torneo continentale africano sia ormai diventato - al di là di ogni polemica relativa al calendario - un appuntamento globale, seguito con attenzione anche in Italia e nel resto d’Europa. Nel nostro Paese, la Coppa d’Africa sarà visibile in chiaro ed esclusiva su Sportitalia, che per la seconda edizione consecutiva ha acquisito i diritti, confermando l’interesse crescente anche nel nostro pubblico.
Il format è quello ormai consolidato: 24 nazionali divise in sei gironi, passaggio agli ottavi per le prime due di ciascun gruppo e per le quattro migliori terze. Da lì, eliminazione diretta fino alla finale. La Costa d’Avorio arriva da campione in carica, ma l’impressione è che questa Coppa d’Africa sia più aperta che mai, con un equilibrio diffuso e diverse squadre attrezzate per arrivare in fondo.
Il Marocco, spinto dal fattore campo e da una struttura organizzativa imponente, parte inevitabilmente tra i favoriti. Non solo per i risultati, ma per il contesto: nove stadi, sei città coinvolte e un piano infrastrutturale che guarda già al Mondiale 2030. La Coppa d'Africa 2025 si gioca infatti in impianti che rappresentano il nuovo volto del calcio marocchino, tra arene ultramoderne appena inaugurate e stadi storici rinnovati. Un investimento enorme, non privo di tensioni sociali interne, che però consegna al torneo una cornice di primo livello. Il cuore pulsante della manifestazione è Rabat, con il nuovo Prince Moulay Abdellah destinato a ospitare tutte le partite della nazionale di casa e la finale. Casablanca resta il tempio della tradizione con il Mohammed V, mentre Tangeri chiude il cerchio con l’impianto più grande del Paese. Marrakech, Agadir e Fès completano una mappa che racconta un torneo diffuso e strategico, anche politicamente.
Sul campo, la sensazione è che la Coppa d'Africa di quest'anno non abbia un copione già scritto. L’Egitto si affida ancora una volta alla stella Mohamed Salah, alla ricerca di un titolo che gli è sempre sfuggito e di un riscatto personale dopo le ultime vicissitudini che lo hanno portato ai ferri corti con il Liverpool, mentre la Nigeria si presenta con Victor Osimhen e Ademola Lookman come riferimenti offensivi e l’obbligo di cancellare la delusione per il mancato accesso ai Mondiali. Senegal, Algeria e Costa d’Avorio restano certezze, ma il margine tra big e outsider si è assottigliato. Ed è proprio questo uno dei segreti del fascino della Coppa d’Africa. Accanto alle grandi potenze storiche, emergono squadre capaci di complicare i piani a chiunque. L’Angola arriva da un percorso di qualificazione impeccabile, il Benin e l’Uganda hanno mostrato solidità e organizzazione, mentre Zambia e Guinea Equatoriale rappresentano le classiche mine vaganti. Anche il Mali, pur con qualche incognita legata alla condizione dei suoi uomini chiave, resta una nazionale di grande qualità. Poi ci sono le storie più fragili e simboliche, come Sudan, Zimbabwe o Botswana, per le quali la sola partecipazione è già un traguardo. Contesti difficili, problemi strutturali, crisi interne: la Coppa d’Africa è anche questo, uno specchio fedele di un continente complesso, che trova nel calcio uno spazio di espressione e riscatto.
L’interesse italiano passa inevitabilmente anche dai tanti giocatori impegnati nei nostri campionati. La Serie A e le serie minori forniscono un contributo significativo al torneo, con convocati che vanno dai top club fino alla Serie D. Un filo diretto che spiega perché la Coppa d'Africa non sia più percepita come un evento lontano, ma come una competizione che incide concretamente sul calcio europeo, sugli equilibri dei club e sull’immaginario degli appassionati.
Sette titoli dell’Egitto, cinque del Camerun, quattro del Ghana: l’albo d’oro racconta la storia della competizione. Il Marocco - che avrebbe dovuto ospitare anche il torneo del 2015, ma si ritirò per timori legati all’epidemia di Ebola in alcuni paesi africani - ospita la Coppa d’Africa per la seconda volta nella sua storia, dopo aver organizzato il torneo nel 1988, e punta a bissare l’unico successo della sua storia del 1976, contando sul fattore campo e sul sostegno del pubblico. In ogni caso ora la Coppa d’Africa sembra muoversi in una direzione più precisa rispetto al passato, fatta di equilibrio, infrastrutture rinnovate e una competitività sempre più trasversale. In Marocco si gioca un torneo che non chiede più attenzione per curiosità o emergenza, ma per valore tecnico, organizzazione e impatto reale sul calcio globale.



