
La Germania punta a fare il pieno con Biontech nella partita dei nuovi contratti Ue. Anche se la concorrenza aumenta. Luigi Di Maio, inviato negli Usa, chiede aiuto a Joe Biden. Che non gradisce le mosse di Berlino su Sputnik.La geopolitica dei vaccini è passata alla fase due. Dopo la sfida giocata con le fiale tra i denti sullo scacchiere degli approvvigionamenti, ecco che ora la battaglia si sposta sul campo dei futuri contratti. Dove la concorrenza si fa ancora più dura e in palio ci sono miliardi di investimenti per produrre le dosi di «mantenimento» quando il Covid sarà diventato endemico. Si tratterà di farsi trovare pronti, anche con la ricerca, per la seconda generazione di vaccini più avanzati, capaci di proteggere da nuove varianti, e più facili da gestire dal punto di vista logistico e della somministrazione. Le alleanze saranno fondamentali. Soprattutto quelle intercontinentali. Perché, come ha detto anche il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, «è evidente a tutti che gli americani sono arrivati per primi a produrre vaccini, li hanno usati per loro e poi in quantità dosate rispetto al loro fabbisogno hanno cominciato a renderli disponibili anche per la Ue». Per tastare il terreno, assicurando che il governo Draghi nasce nel solco dell'alleanza atlantica, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è atterrato a Washington. Sarà una missione di due giorni impegnativa: ieri Di Maio ha incontrato il direttore del National institute of allergy and infectious diseases, Anthony Fauci, e subito dopo il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. «Abbiamo concordato sulla necessità di accelerare insieme la campagna vaccinale», ha detto Di Maio a Blinken, «Dobbiamo organizzarci meglio come Occidente per fronteggiare la geopolitica dei vaccini del quadrante orientale». Sullo sfondo, la mappa dei vaccini è in evoluzione. E con essa gli equilibri tra Stati. Lo scorso 9 aprile il quotidiano tedesco Die Welt ha scritto che l'Ue siglerà a breve contratti per acquistare fino a 1,8 miliardi di dosi di vaccini contro il coronavirus per coprire le necessità del blocco di richiami per i prossimi due anni. Gli ordini riguarderebbero i cosiddetti vaccini a mRna, con una preferenza per produttori con sede nella Ue o con stabilimenti produttivi in Europa. E al momento, solamente il vaccino Pfizer-Biontech, prodotto in Germania e Belgio, e quello Moderna, prodotto in Spagna e Svizzera, rispettano questi requisiti. La notizia del nuovo bando è importante. Ma saranno davvero i tedeschi - come lascia intendere «patriotticamente» lo stesso Welt - ad approfittarne? Di certo, lo stesso 9 aprile (mentre tornavano le pressioni su Astrazeneca con i nuovi limiti di età e anche Johnson&Johnson finiva nel mirino dell'Ema dopo alcuni casi di trombosi), la teutonica Biontech ha brindato alle indiscrezioni sul Nasdaq volando sui massimi dallo scorso dicembre. Di certo, le trattative sono in corso. Come dimostrano anche le dichiarazioni fatte ieri dal premer bulgaro, Boyko Borissov, secondo cui i nuovi contratti che la Ue sta negoziando con Pfizer avranno un «prezzo notevolmente più alto» di 19,5 euro a dose. «Era a 12 euro, poi è aumentato a 15,5, ora per il 2022-2023 vengono firmati contratti a 19,5 euro», ha detto Borissov. Da Bruxelles un portavoce della Commissione Ue non ha commentato i prezzi dei potenziali contratti, ma ha precisato che il numero di dosi identificato per «affrontare la sfida dal 2022» si aggira sui 2 miliardi. La parte americana, ovvero Pfizer, ma anche quella tedesca, Biontech, puntano chiaramente a monetizzare in vista del prossimo giro di commesse. I giocatori seduto al tavolo del risiko dei vaccini si tengono d'occhio l'uno con l'altro. Anche se sono alleati nella produzione: il governo di Berlino ha avviato discussioni con gli sviluppatori del russo Sputnik, ragionando anche sulla possibilità di avviare siti produttivi sul territorio. Ma la mossa tedesca potrebbe violare le sanzioni alla Russia imposte dagli Stati Uniti. Secondo un rapporto pubblicato lunedì dalla Bild, infatti, due degli istituti che hanno contribuito a sviluppare e testare lo Sputnik V sono sulla black list Usa perché avrebbero contribuito allo sviluppo dell'agente nervino per la guerra chimica Novichok utilizzato in un presunto attacco al leader dell'opposizione russa Alexey Navalny nell'agosto del 2020. Alla Casa Bianca non c'è più Donald Trump, ma Joe Biden, e i tedeschi hanno perso un utile alibi per gridare al protezionismo vaccinale americano. Non solo. In questi mesi verranno firmati i contratti con il nuovo vaccino Usa, Novavax (in fase di rolling con l'Ema, potrebbe essere messo in commercio tra un mese), e con Moderna. Senza dimenticare la francese Valneva che ha riportato ottimi risultati preliminari nelle fasi 1 e 2 dei test clinici e si appresta a iniziare la fase 3 (test di massa) previa approvazione. L'altra big francese, Sanofi, è in dirittura d'arrivo con due nuovi vaccini: uno sviluppato con l'inglese Gsk (a base di proteine) e l'altro (bastato su mRna) con l'americana Translate Bio. All'interno della stessa Europa, dunque, il quadro commerciale e della supply chain sta cambiando. Quando parliamo di nuove tecnologie diverse dal vettore virale c'è quindi una pletora di prodotti che stanno arrivando e almeno due di questi hanno già un preaccordo con la Ue. Fuori dall'Unione, c'è infine la Gran Bretagna che è ormai indipendente nella catena di produzione (anche in quella di Novavax). Tutti, inoltre, stanno già lavorando sulle varianti. I tedeschi puntano a diventare dominanti nella produzione post emergenza, ma i francesi non si accontenteranno di fare i subfornitori di Berlino. Cosa farà l'Italia che aveva puntato solo su Reithera? Ci troveremo a chiedere un misero pezzettino della torta? Forse è meglio cambiare maglia e nella geopolitica dei vaccini iniziare a tifare la squadra degli yankee.
Robert Redford (Getty Images)
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Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.