2023-07-06
Roghi di rifiuti: le promesse di Gualtieri in fumo a Roma
Il primo cittadino dem aveva promesso di liberare la Capitale dai rifiuti entro il 2021. Oggi i cittadini appiccano roghi in strada. La Francia è in subbuglio, i dimostranti appiccano fuochi ovunque. A Roma i cittadini di alcuni quartieri hanno cominciato a dare fuoco ai cassonetti dei rifiuti perché in molti di essi, naturalmente in periferia, nelle ultime due settimane c’è stato un solo ritiro della spazzatura. Nel 2021 il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, aveva promesso che entro l’anno il problema della spazzatura, la Capitale anche allora ne era sommersa, sarebbe stato risolto. Nel frattempo, al posto dell’Ama, che è l’azienda pubblica che si occupa dei rifiuti, sono arrivati i cinghiali con mansioni di operatori ecologici, quelli che una volta si chiamavano i netturbini e prima ancora gli spazzini.A questo punto converrebbe mettere i cassonetti non in verticale ma in orizzontale, addestrare mandrie di cinghiali, e delegare a questi ultimi, opportunamente diplomati, il loro smaltimento. Il cinghiale mangia un po’ di tutto, esclusa la plastica: per quella, non essendoci animali proponibili, si potrebbe affidare direttamente ai cittadini lo smaltimento in luoghi deputati. Certo, il problema non riguarda il centro della città, dove passano e abitano le maggiori autorità politiche, i parlamentari e, in generale, «la gente che può»: questa situazione di degrado riguarda in gran parte «la gente che non può». Ma di loro - come ho ripetuto e come faccio vedere in televisione da anni - chissenefrega. I quartieri interessati sono molti: si va dal Laurentino a Casetta Mattei, da Monteverde al Portuense, dal Tiburtino al Pigneto, dall’Acqua Bullicante al Prenestino, ma ci sono anche molti prati della Cassia e della Flaminia, due vie di origine romana dove abitano persone, a seconda delle zone, appartenenti a diversi strati sociali.È tutta gente, sono tutti cittadini per i quali c’è, sicuramente, un momento in cui il Comune si fa vivo per esigere risposte immediate o versamento di denaro non sotto forma di imposte (che significa tributi di ordine generale che vanno nelle casse dello Stato per fini generali) ma tasse vere e proprie che vengono pagate per scopi specifici, come l’Imu e, soprattutto, la Tari. Nel 2021 il Comune di Roma ha registrato un ammanco di 9,5 miliardi di euro per tributi non riscossi e, negli ultimi cinque anni, il municipio ha incassato solo il 34% di quanto dovuto dai cittadini per la tariffa sui rifiuti. Cioè, appunto, la Tari.Nel Medioevo, filosofi e teologi sostennero che, quando le tasse del sovrano non sono per scopi pubblici o quando quelle tasse non servono per gli scopi per cui sono state richieste ai cittadini, risulta legittimo il rifiuto del pagamento. Ora siamo nel 2023, ma il principio di fondo non cambia: se io cittadino verso a te Comune delle tasse per la raccolta dei rifiuti e tu non adempi a quel compito, commetti un’azione ingiusta e illegale. Capito? Illegale.Al massimo puoi punire chi non paga. Ma perché punire anche quei due terzi di cittadini che, magari con grande sacrificio, pagano questa tassa? Non è opzionale, per un Comune, fare ciò per cui vengono raccolti i soldi dai cittadini perché il contribuente, nel momento stesso in cui paga, acquisisce un diritto inalienabile, cioè tale per cui nessuno può non adempiere al dovere assoluto di far esercitare quel diritto al cittadino che ha pagato.Il diritto tributario funziona così. Il Comune di Roma, invece, funziona cosà. Per carità, non è l’unico in Italia ma c’è un piccolo particolare: Roma è la Capitale d’Italia. Forse qualcuno fa il ragionamento seguente: difficile che i turisti vadano al Prenestino o al Pigneto, difficile che vi abitino quelli che possono e, quindi, si può dare precedenza ad altri problemi e «sempre sia lodato quel fesso che pagò». E ai diritti e ai doveri del diritto tributario sanciti dalla Costituzione si può, dunque, soprassedere, parola che contiene, nella seconda parte, dopo la preposizione o prefisso «sopra», un sostantivo che ricorda una parte del corpo che metaforicamente richiama come vengono gestiti i rifiuti a Roma e che, in altri termini, potrebbe essere definita «col culo».E sì, perché dalla fine del 2021 a oggi è trascorso un anno e mezzo e, nel frattempo, Roma brucia in varie parti perché monta la rabbia dei cittadini che non ce la fanno più, sia per il puzzo, sia per il decoro, sia per i cinghiali, sia per possibili problemi, anzi senza possibili, per i reali problemi di igiene e sicurezza. Ormai i roghi di rifiuti si stanno diffondendo in tutti i quartieri che abbiamo elencato e un testimone ha detto al Messaggero che «l’altra notte le fiamme sono arrivate a lambire i pini, rischiando di mandarli a fuoco. Poi, dopo un po’, sono arrivati i pompieri e sono riusciti a spegnere il fuoco. Ma qui, l’Ama, la vediamo raramente. Nelle ultime due settimane è passata una sola volta, la mattina del giorno di San Pietro e Paolo. Prima e dopo nulla. Però io, per il bar, pago 3.000 euro l’anno per avere questo schifo».Questa è una delle numerose testimonianze in materia, se ne potrebbero enumerare migliaia perché si tratta di quartieri popolosi, in cui abitano decine di migliaia di persone, se non centinaia di migliaia. Naturalmente, essendo i cassonetti stracolmi di immondizia, molti cittadini vanno a gettare i rifiuti nelle aree verdi dove, spesso, ci sono erbacce alte più di mezzo metro. Io abito a Milano, dove la raccolta funziona bene anche se non dappertutto, ma queste cose le ho viste con i miei occhi a Roma intervistando i cittadini delle aree periferiche.Perché, se in una città il servizio di raccolta funziona, in un’altra, invece, no? Appartenendo i due sindaci al Pd, ci viene il dubbio che Pd voglia dire «Partiti diversi»: da qualche parte va e da qualche parte no. Ci abitueremo a chiamare gli aderenti al partito «Pdiversini».