All’occorrenza diventano anti toghe. Pd e M5s attaccano il pm di Bergamo

Ancora una volta gli auditi proposti dalla maggioranza sono puntualmente contestati dall’opposizione. Succede in commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria Covid. Ieri, a essere ascoltato era Antonio Chiappani, già procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo. «Sono qui per rappresentare tutte le criticità della prima fase della pandemia», ha spiegato più volte il magistrato, elencando le conseguenze del mancato aggiornamento e della non attuazione del piano del 2006. Apriti cielo. Il deputato Alfonso Colucci del M5s ha strepitato che «non è il caso di rifare il processo a Conte e Speranza», e che Chiappani avrebbe definito «sbagliato il provvedimento del tribunale dei ministri» mentre «le tesi dell’accusa si sono rivelate un buco nell’acqua».
Ha rincarato la dose Ylenia Zambito, senatrice del Pd. «Si vogliono rifare i processi, riaprire le indagini è una scelta politica». «Fate un danno al Paese, in una prossima epidemia nessuno si prenderà la responsabilità», è la sua melodrammatica conclusione.
Accuse rispedite al mittente dal presidente della commissione, il senatore di Fdi Marco Lisei: «Gli auditi portano fatti, il piano pandemico non aggiornato è un fatto, non una sentenza. Il contraddittorio c’è sempre, siete voi che volete riaprire i processi facendo commentare sentenze». In una nota, poi, Fratelli d’Italia ha parlato di «un vero e proprio attacco alla magistratura da parte dell’opposizione, che fuori dai Palazzi difende i pm, ma poi vorrebbe impedire loro di essere ascoltati da una commissione d’inchiesta», ricordando che «Pd e M5s qualche settimana fa hanno contestato anche l’audizione degli agenti della Guardia di Finanza. Ripetono lo stesso copione tentando di mettere il bavaglio a chi potrebbe rivelare verità per loro scomode».
Ma vediamo quali sono le verità scomode che «una sinistra terrorizzata tenta in tutti i modi di nascondere». L’ex procuratore capo ha esordito precisando: «Non sono qui per accusare, ma per capire che cosa non ha funzionato e dovrebbe invece funzionare in previsione (di un’altra pandemia, ndr)». Il magistrato ha parlato di «centinaia di denunce di morte arrivate in Procura: si segnalavano gravi omissioni da parte delle autorità sanitarie, la disorganizzazione e l’ingestibilità della situazione a seguito dell’espandersi del virus». Specificando: «Non è stata un’indagine per omicidio colposo, il problema sul quale ci siamo concentrati è l’epidemia colposa. Reato che abbiamo considerato configurabile. Fin dal primo momento la gestione dell’emergenza nella Bergamasca era stata assunta dall’allora ministro della Salute (Roberto Speranza, ndr); per la Procura il 4 marzo c’era già pandemia conclamata».
Dalla Bergamasca le indagini si sono poi estese alla ricostruzione della gestione della prima fase della pandemia da parte dell’autorità sanitaria, ha ricordato Chiappani. Periodo limitato nel tempo, dall’alert dell’Oms del 5 gennaio 2020 al lockdown generalizzato dell’8- 9 marzo 2020. Come hanno reagito le autorità sanitarie «che avevano il dovere di evitare la diffusione? Poteva o meno essere contenuto il virus?», riassume l’audito. «Non era ricerca di una responsabilità medica colposa, le cure ancora non c’erano. Il nostro problema non erano le male pratiche mediche ma il livello di preparazione e gestione del rischio pandemico dopo l’alert».
L’aver ricordato l’articolo 40 del codice penale, in forza del quale non impedire l’evento che si ha l’obbligo giuridico di evitare equivale a cagionarlo, ha mandato fuori di testa l’opposizione. Non accetta che sia potenzialmente riaperta la questione giudiziaria nei confronti dell’ex premier Giuseppe Conte e di Roberto Speranza, dopo la sentenza a sezioni unite della Cassazione che ha ammesso la realizzazione del reato di epidemia colposa anche in forma omissiva.
Alle provocazioni di Colucci che sbandierava l’archiviazione di Conte e Speranza, il magistrato ha sollevato un semplice quesito. «Che istruttoria ha fatto il tribunale dei ministri? Sono state sentite le persone offese, i parenti delle vittime? No, perché per legge non era previsto il contraddittorio. Tanti punti non sono stati sfiorati».
Tornando all’operato della Procura di Bergamo, sono state ripercorse le criticità riscontrate per la mancata attuazione del piano pandemico. L’alert dell’Oms suggeriva procedure di contenimento delle infezioni, di rimettere in piedi tutte le attività di precauzione di precedenti pandemie, eppure «diversi commissari del Comitato tecnico scientifico nemmeno sapevano del piano pandemico, tra questi lo stesso presidente Brusaferro, professore di Igiene all’università».
Chiappani ha elencato «la grave mancanza di organizzazione della medicina territoriale, medici di base lasciati letteralmente allo sbando e non in grado di effettuare la vigilanza epidemiologica. Non fu mai praticata la sorveglianza attiva». Così pure le disposizioni ministeriali contraddittorie «come quella di non eseguire il tampone agli asintomatici mentre l’Oms diceva che ogni caso sospetto doveva essere controllato». Si raccoglievano i dati con il quaderno, «telefonando alle Ulss»; mancava la mappatura dei dispositivi di protezione e molto altro.
Malgrado l’evidenza che «il contagio era il vero pericolo e lo si doveva gestire», non venne nemmeno fatta la «definizione dei piani di dettaglio, quindi della catena di comando - dove invece ha regnato grande confusione, chi fa cosa -, che era compito della direzione generale del ministero della Salute. […] Il risultato è che nessuno risponde di niente», ha concluso il magistrato.





