2023-07-28
Adesso la rivoluzione ecologista vogliono imporla a colpi di sentenze
L’Onu esulta perché si sono moltiplicate le cause legali legate alla crisi climatica contro governi e aziende In Italia, il grimaldello green è già nella Costituzione. Alla Consulta basta replicare il metodo Cappato...La via giudiziaria all’ambientalismo. Non bastasse la propaganda a senso unico sulla stampa; non bastassero gli appelli degli scienziati; non bastasse l’esortazione a spegnere ogni dibattito sui cambiamenti climatici e financo sulla transizione energetica; non bastasse lo stupore di Sergio Mattarella, che si meraviglia se in una democrazia c’è ancora qualche riottoso che osa discutere; non bastasse il ritorno del principio d’autorità, che credevamo relegato all’era pre-galileiana e invece ora ci ritroviamo applicato alle sentenze dell’Ipcc; non bastasse tutto ciò, beh, di sentenze, alla bisogna, sono pronte quelle dei magistrati. È una tendenza che l’Unep, la branca dell’Onu che si occupa di ecologia, vede delineata in modo cristallino. Nel suo ultimo report, redatto con la collaborazione della Columbia University, l’organismo delle Nazioni Unite spiega che, rispetto al censimento del 2017, quando nel mondo si contavano 884 cause legate alla crisi climatica, e a quello del 2020, quando il numero era salito a 1.550, al 31 dicembre 2022 si è arrivati alla bellezza di 2.180 processi. La maggior parte ha avuto luogo negli Usa, ma altresì Svizzera e Francia sono state trascinate dinanzi alla Corte europea dei diritti umani, mentre l’Australia è stata accusata di non aver protetto gli abitanti delle isole nello Stretto di Torres dall’innalzamento dell’Oceano. Il Regno Unito, addirittura, è stato obbligato a rimettere mano alla sua strategia per arrivare a emissioni zero, dopo che le toghe, sollecitate dagli attivisti, hanno intimato all’esecutivo di chiarire come intendesse raggiungere quell’obiettivo. Il documento sottolinea che quella dei contenziosi climatici «rappresenta una soluzione di frontiera per modificare le dinamiche» della lotta per il nostro pianeta. «I governi e gli attori privati», giubila la relazione, «vengono sottoposti a sempre più sfide e costretti a rendere conto», al punto che la direttrice del settore giuridico dell’Unep, Patricia Kameri-Mbote, consacra un nuovo valore: quello dell’environmental rule of law, che potremmo rendere in italiano come «Stato di diritto ambientale». Il vecchio «imperio della legge» della tradizione liberale, cioè l’idea che anche i poteri pubblici siano tenuti a sottoporsi alle regole che prescrivono ai semplici cittadini, è ormai insufficiente. Le norme cui debbono soggiacere le autorità sono anzitutto quelle dell’agenda green.I lettori più attenti avranno già intuito quanto possa essere insidioso suggerire quest’idea alla platea italiana. Sorvoliamo su certe preferenze ideologiche che le toghe non si sforzano nemmeno tanto di nascondere. Il punto vero è che, da noi, il grimaldello per imporre le politiche ecologiste è stato già inserito nella Costituzione. Nel 2022, con l’unico voto contrario della coraggiosa Maria Cristina Caretta, deputata di Fdi, le Camere hanno modificato gli articoli 9 e 41 della Carta fondamentale. Inserendo, nel primo, un riferimento alla «tutela degli animali» (un fucile puntato contro i cacciatori); e ordinando, nel secondo, che l’attività economica pubblica e privata sia «indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali». Specialmente questa seconda disposizione, benché vaga - o proprio in quanto vaga - si presta a essere sfruttata per eventuali contestazioni, magari davanti alla Consulta. Con pregiudizio per la libertà d’impresa, la proprietà privata e, in prospettiva, per la politica stessa: se le misure da adottare sono un dogma, non abbiamo bisogno di governi. Ci bastano tecnici e amministratori non eletti. L’Europa sta già bruciando le tappe delle direttive green, dall’adeguamento energetico delle abitazioni alla legge Natura, passando per le tappe forzate dell’elettrificazione nel comparto automobilistico. Ma qualora accadesse l’imponderabile, tipo un’alleanza popolari-conservatori che marginalizzasse il ruolo di Pse e Verdi, moderando il maoismo ecologista promosso dall’attuale Commissione; e qualora, forte di un’alterazione degli equilibri a Bruxelles, Giorgia Meloni riuscisse a dare un po’ di ossigeno ai proprietari di case e macchine; in tali circostanze, appunto, resterebbe sempre l’opzione del ricorso nei tribunali. A cominciare dalla Corte costituzionale, che potrebbe banalmente replicare il metodo Cappato: ultimatum al Parlamento e poi intervento a gamba tesa. Roma farebbe così scuola al mondo. E l’esempio del nostro Paese finirebbe di sicuro nell’albo d’oro dell’Unep.A proposito della relazione confezionata da Nazioni Unite e Columbia University, va però riconosciuto che non è tutto verde quello che luccica. Il testo liquida un po’ sbrigativamente la questione, ma se è vero che i gruppi vulnerabili hanno la facoltà di citare in giudizio le aziende inquinanti, è altrettanto vero che a inquinare sono pure le compagnie che estraggono le materie prime necessarie alla transizione. Basti pensare alla filiera del litio, che serve a fabbricare le batterie delle vetture elettriche. O al sistema produttivo dei pannelli solari cinesi, alimentato da centrali a carbone. Le presunte soluzioni, in parole povere, sono spesso parte del problema. Al quale si collega il destino delle categorie penalizzate dalle riforme verdi. Tipo i contadini olandesi. Si tratta di persone altrettanto incazzate, agguerrite e disposte a rivolgersi ai tribunali. È ciò che configura quelli che l’Onu definisce i «casi contraccolpo». Sì, perché ci sono cause ambientali buone e cause ambientali cattive. E nel secondo insieme rientrano sia quelle di chi vuole bloccare o rallentare le riforme, sia quelle portate avanti contro gli attivisti climatici, quando imbrattano i monumenti oppure occupano le autostrade.Il metodo è chiaro. Abolire il confronto, sia sui fini sia sui mezzi. Restringere al minimo il perimetro di autonomia della politica. E, all’uopo, sfoderare l’arma delle toghe - che però è valida solo se la si punta in una direzione. Sorge una domanda esistenziale: di fronte a uno scenario del genere, cosa dovrebbe restare della beneamata democrazia?
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.