2021-12-11
Rivelazioni choc sul caso David Rossi. «I pm inquinarono la scena del crimine»
Il colonnello Pasquale Aglieco: «Risposero al telefono del manager appena morto e spostarono oggetti prima dell’arrivo della scientifica» La morte di David Rossi, avvenuta il 6 marzo del 2013 a Siena, resta un mistero. Anzi: il mistero su quello che la Procura di Siena ha definito un suicidio, ma che resta uno dei punti più oscuri della recente storia italiana, si infittisce. Dopo 8 anni e mezzo da quando l’allora capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena fu trovato privo di vita lungo la stradina sulla quale affacciava il suo ufficio di Rocca Salimbeni, una audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Rossi produce rivelazioni clamorose. Ad essere ascoltato, il colonnello dei carabinieri Pasquale Aglieco, uno dei primi ad arrivare sul posto quella maledetta sera. Incalzato dai commissari, Aglieco rivela alcuni particolari dei primi momenti dell’inchiesta. Particolari che sollevano innumerevoli dubbi e perplessità sul comportamento dell’allora pubblico ministero Antonino Nastasi, che giunse sul luogo dell’accaduto insieme ai colleghi Nicola Marini e Aldo Natalini. Innanzitutto, racconta Aglieco, Nastasi rispose al telefono di David Rossi, appena morto, che squillava (dall’altro capo del telefono c’era la deputata Daniela Santanchè); in secondo luogo, la scena del crimine (perché di crimine si trattava, essendo stato ipotizzato sul momento il reato di istigazione al suicidio) fu alterata, poiché il cestino dei rifiuti che si trovava nell’ufficio dal quale Rossi si sarebbe buttato di sotto fu prima rovesciato sulla scrivania e poi riempito di nuovo con il materiale fuoriuscito; infine, lo stesso Nastasi si sarebbe seduto sulla scrivania di Rossi, spostando una giacca. Rivelazioni che fanno letteralmente sobbalzare Carmelo Miceli, legale della famiglia di David Rossi e deputato del Pd: «Quello che abbiamo ascoltato da Aglieco», dice Miceli alla Verità, «su come ben tre pm hanno compiuto atti di indagine nell’immediatezza del fatto è folle. Questi tre pm giungono sul posto prima della polizia scientifica, prendono un cestino, dove parrebbero essere stati trovati i famosi fazzolettini poi mandati in distruzione dagli stessi pm, e le lettere di presunto addio di David alla moglie, lo riversano sulla scrivania, spostano oggetti, accendono il computer e rispondono al telefono di Rossi, di fatto inquinando la scena del crimine. Attenzione: in quella fase di crimine si doveva parlare, poiché gli stessi pm scrivevano di istigazione al suicidio». Il punto è centrale, perché le varie leggerezze che hanno caratterizzato l’inchiesta sulla morte di Rossi sono state giustificate, in seguito, con il fatto che si trattasse di un suicidio. Al momento del primo sopralluogo dei tre pm, però, il reato ipotizzato era istigazione al suicidio, quindi quella alterata (secondo Aglieco) dai pm era una vera e propria scena del crimine. «Ci rendiamo conto», aggiunge Miceli, «di cosa stiamo parlando? Un pm che altera la scena del delitto e risponde al cellulare della vittima? Muove il mouse, accende il computer? Cosa stai cercando? Non è indispensabile aspettare la scientifica, prima di fare tutto questo? Il particolare del cestino è importante: Aglieco ci dice che è stato svuotato prima dell’arrivo della scientifica, ma quando la scientifica arriva fotografa un cestino pieno. Questa è una indagine degna di questo nome? E parliamo di tre pm la cui carriera è proseguita brillantemente!». Ma anche lo stesso colonnello Aglieco finisce al centro delle polemiche, per quanto accaduto lo scorso 18 novembre, il giorno della testimonianza davanti alla Commissione di uno dei due escort che hanno raccontato a Marco Occhipinti e Antonino Monteleone, giornalisti delle Iene, presunti collegamenti tra la morte di David Rossi, l’inchiesta che ne è seguita e alcuni festini hard che si sarebbero svolti nei dintorni di Siena, e ai quali avrebbero partecipato magistrati, politici, manager e giornalisti. Arrivato alle 13 e 30 a Palazzo San Macuto, dove si svolgono le sedute della Commissione, il giovane testimone, la cui audizione doveva essere segretissima, ha trovato ad aspettarlo proprio il colonnello Aglieco, con la sua compagna. «Quando la Commissione d’inchiesta ha ritenuto di ascoltare in maniera assolutamente riservata questo testimone», racconta ancora Miceli, «Aglieco ha pensato bene di farsi trovare sotto Palazzo San Macuto, e farsi vedere dallo stesso testimone, il quale, tra l’altro, nelle sue dichiarazioni parla anche dello stesso Aglieco. Sollecitato dalla Commissione a spiegare questo comportamento, Aglieco ha parlato di un fantomatico diritto di svolgere investigazioni difensive, perché ha querelato il testimone. È veramente strano che un colonnello dei carabinieri in alta uniforme rivendichi in sostanza di voler cercare da solo delle prove e di non affidarsi all’autorità giudiziaria. Parliamo di un teste che sta raccontando delle cose e lo ha fatto già alla procura di Genova. È singolare», aggiunge Miceli, «che un esponente delle forze dell’ordine così esperto non pensi che un atto del genere può essere percepito in maniera diversa». Un altro aspetto che prima o poi andrà chiarito. Non l’ultimo.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)