2025-05-11
Il giornalista danzante che tradì Mihajlovic
Orgogliosamente vanitoso e «marchettaro», è conosciuto soprattutto per le sue performance da ballerino in televisione. Violò l’amicizia con il campione serbo divulgando per primo la confidenza sulla sua grave malattia. Ma poi fu perdonato.Cognome e nome: Zazzaroni Ivan. Aka - conosciuto anche come- Troppi Capelli. Bello ciao. Ivan il ballerino. Ciuffettino. Zazza. Da non confondere con il Zanza Maurizio Zanfanti, il fu re dei playboy romagnoli.Oddio, piacione è pure Zazza.«È riuscito a diventare uno dei giornalisti sportivi più famosi d’Italia senza aver avuto la necessità di dimostrare a tutti i costi di essere il più bravo. Al massimo, ha dimostrato di essere un fico» , così Il Foglio, nella prima decade del secolo, in un pezzo forse di satira involontaria. Si piace e si compiace.Anche se «ai tempi di Quelli che il calcio di Simona Ventura, 2002, ero meglio» ha confessato a Ciao Maschio, programma Rai per metronotte (vista l’ora di messa in onda).Selfie caratteriale: sono «vanitoso. Generoso. Impulsivo. Intollerante, anche se poi me ne pento e cerco di rimediare».«Parlata veloce che sa di tortellino e la zazzera bianca che fa imprenditore e Don Giovanni» (Il Fatto Quotidiano, 17 luglio 2019).Marchettaro.«Una volta mi ha detto: più marchettaro di me, solo Pierluigi Pardo! Più che un fatto, un fatturato» (un coming out e un outing al tempo stesso, raccolto da Francesco Malchionda per perfideinterviste.it). Replica del Bardo con la P: «Sul fatturato si può sempre migliorare. E comunque sì, su questo Ivan potrebbe essere un discepolo».«Sono un uomo contraddittorio: dico una cosa e ne faccio un’altra», ipse dixit. Politico mancato: «Alle comunali (candidato per la Dc) presi 33 voti nel mio quartiere. Partecipai un paio di riunioni politiche, mi feci due palle…».Giornalista. Personaggio tv. Opinionista. Cui stanno sulle balle le opinioni altrui sulla qualità del suo lavoro: «Non sopporto di essere messo in discussione, con battute e insinuazioni, da gente che non ha il mio stesso percorso professionale».Direttore del Corriere dello Sport.Ma soprattutto giurato di Ballando con le stelle, lo show dell’immarcescibile Milly Carlucci, eterna come la storia (della Rai).La prima volta fu nella terza edizione.Poi dalla quinta.Perché nella quarta si lasciò convincere a ballare, che poi era la proposta iniziale di Bibi Ballandi, impresario musicale e indimenticato produttore tv, bolognese come lui.Non è che i suoi ex colleghi con le palette lo abbiano trattato con i guanti bianchi, anzi.«Hai un look da Spandau Ballet in pensione», lo ha irriso uno.«Sei il Richard Gere dei poveri», ha infierito un altro.Perchè nello show non si siede mai?Per tre ragioni «svelate da Tv Sorrisi e canzoni», mica l’Eco di Pizzighettone: 1) dopo ore imbullonato alla poltrona in redazione al Corsport, la sera non ne può più; 2) gli sgabelli sono scomodi; 3) per scaramanzia: da quando sta in piedi, gli ascolti sono cresciuti.«E non ha idea di come schizzerebbero se lui nel programma non ci fosse proprio», ha sghignazzato con me un ex direttore di giornali oggi a spasso. Di cui non faccio il nome perché mi ha regalato la battuta solo sotto l’usbergo dell’anonimato.Immagino l’obiezione: vabbè, ma così è troppo facile, potresti esserti inventato tutto.E così arriviamo al motivo per cui ho scelto di dedicare codesto ritrattino al Zazza.Perché, e qui a sfogarsi è l’interista riluttante che è in me, ha sparato una zazzaronata contro la mia squadra del cuore.Lunedì 28 aprile, prima pagina del Corsport. Brillante calembour d’apertura: «’O Soulè mio».Giusto omaggio al giocatore della Roma che ha punito l’Inter di Simone Inzaghi, in quel momento al terzo ko di fila (dopo quelli con Bologna e Milan).A farmi mulinare gli zebedei è stato però il commento di Ivan the dancer. Al quale, dopo il fischio finale, «è venuta in mente la profezia di un allenatore a spasso, che dopo lo 0-3 di mercoledì (in Coppa Italia con i rossoneri, ndr), mi ha detto: vedrai, l’Inter non ne vince più una».La macumba, perché così l’ho percepita, mi ha fatto scappare un inelegante, quanto partecipato: «Ma va’ a cagher!».È vero, lo stesso Zazzaroni ha aggiunto: «Io all’Inter auguro invece di riprendersi col Barcellona».Ma la puntualizzazione, anziché far diminuire il fastidio (eufemismo), l’ha accresciuto.Infatti: perché tenersi nel computer, non ritenendola degna di pubblicazione, tale inquietante confidenza, per spiattellarla poi a scoppio ritardato?Legittimando il sospetto di aver atteso la prima conferma della fosca profezia, con la Caporetto dei nerazzurri con la Roma, per divulgarla.La malmostosità si è attenuata con le due successive vittorie dell’Inter, con il Verona sabato 3 maggio, e quella epica di martedì 6 con i Blaugrana.Pensando soprattutto all’ «allenatore a spasso» (che non dubito esista): «Adesso è evidente perché è disoccupato: perché di calcio non capisce una sverza», ho gongolato.Il giornalismo sportivo, su carta, in tv e nella blogosfera, del resto è siffatto: dovendo produrre ogni giorno una certa quantità di notizie, quando quelle vere latitano, si passa alle verosimili.Finendo poi a pestare l’acqua nel mortaio delle pseudo rivelazioni, delle «indiscrezioni», delle anticipazioni e delle polemiche che magari durano 24 ore, ma intanto servono a fare rumore. Un po’ come cantava Lucio Dalla in Caruso, sul mondo di tenori e soprani: «Potenza della lirica / dove ogni dramma è un falso».Zazzaroni, che sprovveduto non è, sa quali sono le regole del gioco, e si comporta di conseguenza.Concedendosi licenze poetiche.Nel 2014 dedicò un tweet alla batosta rimediata dalla squadra rossonera con il Sassuolo, mettendo in mezzo, con un sottile doppiosenso, l’allora consorte di Mauro Icardi: «La difesa del Milan è meglio di Wanda Nara: ne potrebbe prendere 15 in meno di 28 ore».Non proprio una chiosa di buon gusto. Va aggiunto che la volgarità primigenia era quella della signora.Che il 17 dicembre 2013 aveva cinguettato: «Con Icardi l’abbiamo fatto 15 volte in 28 ore», con tanto di hashtag: #quindicina, alè.Come ogni direttore degno di questo nome, sposa e promuove le cause in cui crede. Muovendosi con abilità tattica.Si è speso, per esempio, per il quarto mandato di Giovanni Malagò alla presidenza del Coni.Ecco allora il faccia-a-faccia, il 13 agosto scorso, dopo le Olimpiadi di Parigi, non tanto per fare un bilancio dell’avventura degli atleti azzurri, quanto per registrare la sua denuncia delle «pressioni per farmi mollare, dietro cui non c’è nulla di sportivo» (ma tutto di legale, essendo una norma dello Stato a prevedere per il Coni il tetto dei tre mandati).Cinque giorni prima aveva però riservato una doppia pagina anche al ministro dello Sport Andrea Abodi, titolo non fraintendibile: «Dalle poltrone ci si deve alzare».Ma dieci giorni dopo lo sfogone malagoliano, ecco un «super sondaggio federale: “Malagò, dì che ti mando io”, 32 presidenti su 48 sono dalla sua parte», e vabbè.Un endorsement riequilibrato il 13 settembre con un’intervistona ad Angelo Binaghi, presidente della Federtennis e implacabile censore di Giovannino: «Questo Coni è un morto che cammina».Ospite in tv di Alessia Marcuzzi nel suo Obbligo o verità, a precisa domanda dell’A-lessa, ha ammesso di «rosicare» ancora per non aver creduto ai boatos su Cristiano Ronaldo in arrivo alla Juventus.«Feci una figuraccia, un titolo sbagliato».Basandosi sul dico-non dico di un procuratore sportivo, sua vecchia conoscenza, ma vatti a fidare degli amici.Che è ciò che pensarono molti quando in 20 righe succinte, «Forza Sinisa», nell’edizione del Corsport del 13 luglio 2019 «bruciò» quanto si riprometteva di annunciare lo stesso Sinisa Mihajlovic, ovvero le sue drammatiche condizioni di salute.«Ho chiesto riservatezza a tutti voi, volevo essere il primo a dare la notizia. Non tutti mi hanno rispettato e per vendere 100-200 copie di un giornale hanno rovinato un’amicizia di 20 anni. Mi dispiace molto per questo» fu la pubblica frustata dell’allenatore rossoblu, che pure alla panchina del Bologna era arrivato su impulso proprio di Zazzaroni.A quel punto, investito anche da una shitstorm sui social, Zazza ha preso mouse e tastiera, e si è scusato.Riconoscendo -anche se non aveva menzionato espressamente la malattia, in quel trafiletto- di essersi comportato più da giornalista che da amico, «che avrebbe dovuto attendere un’altra mezza giornata per lasciare che fosse lo stesso Sinisa a raccontare. Dovevo fare una scelta. Di fronte al tuo pianto, al tuo dolore, so di aver fatto quella sbagliata». A rigore, si potrebbe opinare che Enzo Tortora, al timone della Domenica sportiva, alla notizia della morte di Gigi Meroni, il 15 ottobre 1967, si rifiutò di dare la notizia in diretta perché la madre di quello strepitoso fantasista non era stata ancora avvertita.«Qualcuno mi disse: è contro ogni norma giornalistica! Lo nego: è contro ogni norma cannibalesca», così Tortora su Albo Tv del 27 gennaio 1977.Per completezza d’informazione: Sinisa lo perdonò, impartendogli un’affettuosa lezione di vita: «Non abbiamo più l’età per farci amici nuovi, teniamoci stretti quelli che abbiamo».Amen.
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