2021-05-27
Ristabilite il legame fra artisti e pubblico
Le norme adottate durante la pandemia hanno definitivamente spezzato un circolo che arricchiva entrambe le parti e produceva grande fermento culturale. Ormai si galoppa verso l’automazione, persino del pensiero, con la politica che si affida agli influencerVorrei parlarvi ancora della cultura musicale in Italia, su cui già la settimana scorsa mi sono soffermato. Vale la pena parlarne perché penso che il quadro generale non sia per nulla confortante. Viviamo in un’epoca di automazione, la quale già prevede che l’uomo sia sostituito dalla macchina al punto da compromettere pure le relazioni fra le persone. Il dialogo, dunque, è sempre più difficile, ci stiamo disabituando allo scambio di idee, che è la linfa vitale dei rapporti tra gli individui. Di recente, a questa già sconfortante situazione si sono aggiunti i danni provocati dal Covid. Ricordo che dopo ogni concerto, fino a qualche anno fa, una parte del pubblico - soprattutto i più appassionati - andava a salutare l’artista esprimendo le sensazioni provate durante l’esibizione. Questo era oltremodo gratificante per chi aveva cercato di coinvolgere e condividere con il pubblico la sua visione interpretativa. Purtroppo, prima con norme di sicurezza assurde e poi, appunto, con l’arrivo del virus, si è innalzata fra esecutore e ascoltatore una barriera che via via si è fatta sempre più alta. Il rapporto diretto con gli artisti è stato quasi impedito, e si è minimizzata l’importanza del legame fra pubblico e interprete (che deve essere un dialogo, non un monologo).Queste spiacevoli evoluzioni del rapporto fra esseri umani e fra artisti e pubblico vanno a sommarsi a una serie di altre gravissime carenze a cui in parte ho accennato la settimana scorsa. Vale la pena di approfondirle ulteriormente. Da molti anni, ad esempio, è letteralmente sparito lo spazio dedicato alla critica musicale soprattutto nei maggiori quotidiani. Attraverso critici di grandissimo spessore e competenza, da Massimo Mila a Teodoro Celli, da Fedele D’Amico a molti altri fra cui di recente Dino Villatico, la musica classica godeva della massima considerazione. Attraverso quelle preziose testimonianze, il pubblico poteva usufruire di informazioni storiche e sull’interpretazione. Di contro, alla sparizione della musica classica dai media, assistiamo ad una enorme presenza di generi di musica indefinibili, con spazi giornalistici illimitati a favore di gruppi demenziali che bombardano di sensazioni sonore accompagnate da parole prive di senso e di qualsiasi logica. Improvvisati maestri del pensiero, influencer, vengono utilizzati come opinionisti su argomenti di grande importanza che riguardano valori etici profondi e problematiche della società civile, trovando persino l’appoggio di una parte della politica italiana.Vorrei citare un pensiero di Thomas Mann, tratto dalla Montagna incantata: la musica sveglia noi al più raffinato godimento del tempo e in quanto sveglia è morale. Se invece fa il contrario, se stordisce, se addormenta, se reagisce all’attività e al progresso? Il narcotico è roba del demonio, perché produce stordimento, immobilità, inerzia, servile ristagno.Se non capiamo che i destini di una nazione dipendono dall’educazione che gli si dà attraverso l’istruzione, non capiremo mai l’importanza della musica. Il lavoro di insieme di un gruppo musicale, il suonare uno accanto all’altro, favorisce l’armonia, il contatto umano e lo spirito di collaborazione. Un fantastico esempio è la costituzione di una orchestra di israeliani e palestinesi ideata da Daniel Baremboim con il fine di affratellare, attraverso la musica, popoli nemici. E sulla scorta delle drammatiche notizie di questi giorni, tentativi così nobili dovrebbero essere un esempio per un processo di pace che tutti noi auspichiamo: soltanto lottando per l’irraggiungibile possiamo sperare di vincere sul male.Invogliare le nuove generazioni a sostituire il chiacchiericcio e l’aperitivo non come unica fonte di socializzazione, ma offrire loro l’opportunità di un dialogo che aumenti le loro capacità cognitive e di ricerca di intesa, non può che far bene ad una società civile. La domanda che ci dobbiamo fare è: cosa può offrire una vita con la testa china su un cellulare nel rumore di una città senza alzare lo sguardo verso la natura, i suoni, il rispetto.Concludiamo allora con le parole del Sommo Dante: «Considerate la vostra semenza/ fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e conoscenza». Dante vede nell’Arte l’espressione dell’altissimo canto che sopra gli altri come aquila vola. Noi, purtroppo, oggi siamo ben lontani da questa visione.