2022-12-03
Risiko della formazione telematica. Uninettuno, è questione di prezzo
L’asset fa gola ai francesi di Galileo che stanno facendo shopping di atenei privati.Il mercato del lavoro sta attraversando un momento di turbolenza causato da diversi fattori: cambiamenti organizzativi dettati dai nuovi modelli di lavoro «ibrido», mancata corrispondenza tra domanda e offerta in campo digitale, incremento delle aspettative di determinati ruoli in termini di conciliazione tra lavoro e vita privata. Le aziende devono quindi ridisegnare la propria strategia in termini di recruiting, formazione continua e incentivazione per attrarre e trattenere le persone in azienda. Si spiega anche così la competizione tra aziende e fondi di private equity che puntano sugli atenei telematici per un investimento dagli allettanti ritorni. Proseguono proprio in questi giorni le trattative sulla formazione di Uninettuno, ma c’è tensione sul prezzo. Come ha scritto ieri La Verità, lo storico ateneo fondato da Maria Amata Garito, starebbe trattando in esclusiva con i francesi del fondo Galileo global education, che fa capo alla famiglia Bettencourt Meyers, azionista principale di L’Oréal, il cui obiettivo sarebbe quello di creare un grande polo accademico del Mediterraneo. Nel corso degli ultimi tre anni, i francesi hanno acquistato in Italia la quasi totalità delle accademie private Afam (Marangoni, Naba e Domus Academy) e hanno raggiunto un fatturato di circa 145 milioni l’anno. A gestire in qualità di super consulente la complessa operazione è stato l’ex ministro dell’Istruzione con il governo Renzi (prima in quota Scelta civica, poi confluita nel Pd), Stefania Giannini. Il nodo su cui si sarebbe però incagliato il negoziato sarebbe la valutazione dell’asset che fa gola ai transalpini. In pista per investire sulle scuole di formazione e dell’aggiornamento professionale italiane sono, lo abbiamo visto ieri, i colossi del private equity - da Cvc, Providence, Palomon Capital; - ma anche realtà domestiche, come Nextalia insieme a Intesa Sanpaolo. In manovra ci sono infine gli asiatici, come Raffles, brand della formazione con quartier generale a Singapore (Stamford Raffles, era l’ammiraglio inglese che fondò Singapore nel 1822). Arrivato a Milano nel 2017 con un importante investimento da oltre 25 milioni per fondare la prima accademia meneghina di moda e design affidata all’ex direttore di Ied, Carlo Forcolini, Raffles può contare su un bacino di atenei di proprietà sparsi nel sud est asiatico con oltre 250.000 iscritti e avrà già dal prossimo anno un riconoscimento del Miur per operare con corsi triennali di laurea Afam (Alta formazione artistica e musicale) con prospettive di crescita internazionale.Nel frattempo, il direttore External affairs, corporate communication & partnership della Luiss Guido Carli, Massimo Angelini, ieri ci ha rettificato due passaggi del nostro articolo relativi all’operazione condotta da Nextalia sgr sulla Luiss business school. «In primo luogo», ci scrive Angelini, «Nextalia Sgr non si è aggiudicata il controllo della Luiss business school come erroneamente riportato, bensì il consiglio di amministrazione di Luiss business school ha deciso di avviare una negoziazione in esclusiva con Nextalia per la creazione di una joint venture denominata Luiss executive con l’obiettivo di valorizzare le attività executive non degree e custom program della scuola di management che resta controllata al 100% dal nostro Ateneo». Poi Angelini confuta «perché privo di ogni fondamento», il fatto che Luiss business school versasse «in gravi difficoltà» sottolineando che «negli ultimi quattro anni i ricavi della Scuola di management dell’Ateneo sono quasi raddoppiati, grazie a un tasso di crescita del fatturato del 15% l’anno». Prendiamo atto della lettera, e del curioso fatto che, pur registrando un ottimo trend di fatturato, la Business school abbia deciso di trovare un partner finanziario.
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