2021-05-21
Riscossione Sicilia addio. Il fallimento costa 300 milioni agli italiani
Sciolta e cancellata d’ufficio: le sue funzioni passano all’Agenzia delle entrate che ottiene un maxi assegnoA dispetto del suo nome, il dl Sostegni bis approvato ieri dal Consiglio dei ministri non sostiene solo i lavoratori messi in ginocchio dalla pandemia da coronavirus. Tra le misure adottate all’interno della norma si dispone infatti anche lo scioglimento di Riscossione Sicilia, società le cui funzioni di riscossione tributaria della Regione finiranno dal primo ottobre all’Agenzia delle entrate. Con un colpo di spugna, quindi, la società viene cancellata d’ufficio dal registro delle imprese ed estinta, senza che sia portata avanti alcuna procedura di liquidazione. Un primo passo in questo senso venne realizzato con la legge di bilancio dello Stato del 2021 che, con l’articolo 1090, stabiliva lo stanziamento di 300 milioni di euro per acquisire le quote di Riscossione Sicilia e coprire eventuali deficit. In parole povere, per sanare una società in grave dissesto finanziario viene chiesto agli italiani di spendere altri 300 milioni di soldi pubblici vendendo le quote della società siciliana all’Agenzia delle entrate riscossione (Ader). Il dissesto di Riscossione Sicilia, va detto, ha origini lontane. L’annosa questione ebbe inizio con la legge 28 settembre 1998, numero 337, che riformava il vecchio sistema esattoriale di proprietà bancaria, con l’obiettivo di migliorare il servizio. Nel 2005 iniziò il graduale passaggio alla società pubblica di controllo del gruppo Equitalia spa che a sua volta, dal primo luglio 2017, doveva transitare in Ader. Quest’ultimo passaggio, però, non venne mai portato a termine in Sicilia a causa dello statuto speciale della regione. Negli anni la società divenne l’esempio di una difficile gestione regionale, tanto che si arrivò all’impossibilità di pagare gli stipendi dei dipendenti e di avviare un processo di informatizzazione dell’ente.Con la speranza di trovare una soluzione l’ex governatore della Sicilia Rosario Crocetta offrì all’ex magistrato Antonio Ingroia di gestire la società, ma la terza commissione del Consiglio superiore della magistratura negò l’autorizzazione all’allora pm di guidare l’azienda come presidente del consiglio di amministrazione. Secondo una nota di Palazzo dei marescialli, non c’era necessità che un magistrato dovesse mettersi alla guida dell’ente. L’unica soluzione per risolvere il problema, quindi, dopo anni di gestione dissennata, è stata quella di chiudere la società e far confluire tutto nell’Agenzia delle entrate, personale compreso. In questo senso, la misura del dl Sostegni bis onora il suo nome (a spese della collettività) e salva il posto di lavoro a 660 persone circa. Come si legge nella norma d’altronde, l’Agenzia delle entrate a partire da ottobre si farà carico di tutte le passività (molte) della società.Di questa novità saranno sicuramente felici i sindacati. Per anni le unioni di lavoratori avevano manifestato le loro preoccupazioni. Non più tardi del febbraio scorso le sigle di lavoratori avevano scritto al presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, all’assessore regionale al Bilancio Gaetano Armao, ai capigruppo dei partiti presenti all’Assemblea regionale siciliana, all’assessore al bilancio e ai capigruppo dell’Ars per sollecitare il passaggio di Riscossione Sicilia all’Agenzia delle entrate. Il timore era che l’azienda potesse non farcela lasciando a casa i dipendenti. Ora però si apre un nuovo capitolo dopo anni di problemi. «Con il subentro di Agenzia delle entrate a Riscossione Sicilia, ormai, finalmente, siamo all’ultimo miglio», ha commentato ieri il deputato regionale Movimento 5 stelle, Lugi Sunseri, componente della commissione Bilancio dell’Ars. «Così come promesso ai sindacati dei lavoratori ci auguriamo che la parola fine sia scritta entro la fine dell’anno. Ora la palla passa alla Regione siciliana, noi continueremo a fare la nostra parte».