2021-06-10
Maschi islamici quasi diciottenni. Ecco chi sono i «bambini» dei barconi
(Francesco Pecoraro/Getty Images)
Malgrado la retorica sui «minori non accompagnati», che per legge non si possono espellere, solo il 6% di essi ha meno di 14 anni, mentre la maggioranza (64,7%) ne ha 17. Forse. Perché verificare l'età è proibito.Estradato Ikram Ijaz, per i giudici ha partecipato all'omicidio. Intervento lunare di Luciana Lamorgese: «Serve tavolo con l'islam». Lo speciale contiene due articoli. Molto spesso si lascia intendere che una quota considerevole di immigrati irregolari che arrivano in Italia sia costituita da donne e bambini piccoli: un elemento, questo, particolarmente enfatizzato soprattutto contro chi invoca un atteggiamento più guardingo sul tema dell'accoglienza migratoria. Eppure, se si vanno a osservare i dati più da vicino, si scoprirà che la situazione è un po' diversa da come viene talvolta semplicisticamente dipinta. Si tratta di una questione che merita di essere approfondita, specialmente alla luce del fatto che la legge Zampa, approvata nel 2017, vieta il respingimento alla frontiera dei migranti minorenni non accompagnati. Secondo quanto recentemente riportato dalla Fondazione Openpolis, i minori non accompagnati in Italia «ad aprile 2021 sono 6.633 in totale, di cui 6.392 maschi (96,4%) e 241 femmine (3,6%)». Ebbene, di questa cifra, la maggior parte è costituita da soggetti quasi maggiorenni: i diciassettenni risultano infatti 4.290 (ovverosia il 64,7% del totale). Tutto questo, mentre - riferisce sempre la stessa fonte - «il 22,5% ha 16 anni, il 7,5% ne ha 15 e il 5,1% è tra i 7-14 anni, fino ad arrivare a 22 bambini tra 0 e 6 anni d'età, su 6.633 totali (0,3%)». Ne consegue che, di questi minori (quasi totalmente maschi) soltanto un numero esiguo abbia meno di 14 anni (poco meno del 6% del totale). Se passiamo poi ad analizzare la presenza sul nostro territorio, scopriremo che la regione con il maggior numero di minori non accompagnati è la Sicilia (che arriva al 29,3%), seguita dal Friuli-Venezia Giulia (11,5%), dalla Lombardia (10,3%) e dall'Emilia-Romagna (7,9%). Ma si registrano anche ulteriori dati interessanti. Secondo l'Atlante Siproimi del 2019, i beneficiari accolti dallo stesso Siproimi (il sistema, cioè, «afferente alla rete degli enti locali che si occupa dell'accoglienza e dell'integrazione dei richiedenti asilo e rifugiati, nonché dei minori non accompagnati») sono prevalentemente giovani: il 44,3% ha tra i 18 e i 25 anni e il 34% tra i 26 e i 40 anni. Tutto questo, mentre gli over 40 si fermano al 5,4%, a fronte di un 16,3% che va da 0 a 17 anni. Insomma, i dati mostrano un'immigrazione particolarmente giovane. Un fattore che apre tuttavia le porte ad alcune (problematiche) considerazioni. In primo luogo, lascia perplessi che, tra i minori non accompagnati, la quasi totalità sia costituita da ragazzi con età superiore ai quindici anni. In età adolescenziale non è infatti semplice distinguere «a occhio» se il soggetto sia minorenne o maggiorenne, soprattutto alla luce del fatto che i documenti d'identità possono non esserci o essere falsi. Casi di età fasulle non sono del resto troppo rari. Lo scorso settembre, la trasmissione di Mario Giordano, Fuori dal coro, confezionò un'inchiesta proprio su questo tema, mostrando come, spacciandosi per minori, alcuni immigrati godessero indebitamente dei benefici della legge Zampa: una situazione che, riportò sempre la trasmissione, conveniva economicamente anche ai centri d'accoglienza. Tutto questo, mentre, a marzo 2019, Analisi Difesa riportò che gli accertamenti non vengono sempre condotti in modo sistematico, anche per gli alti costi che comportano. Del resto, lo stesso articolo 5 della legge Zampa non risulta granché efficace nell'affrontare la questione dell'età dubbia: dopo lo sciorinamento di una serie di vie e metodi per cercare di stabilirla, il testo conclude infatti laconicamente: «Qualora, anche dopo l'accertamento socio-sanitario, permangano dubbi sulla minore età, questa si presume ad ogni effetto di legge». Insomma, il rischio che tra tutti questi presunti ultra-quindicenni si celino dei maggiorenni è abbastanza significativo. E l'inefficacia della legge Zampa sotto questo aspetto rischia addirittura di incentivare indirettamente il fenomeno. In secondo luogo, un così alto arrivo di immigrati in tarda adolescenza e in prima età adulta rischia di avere delle ripercussioni negative anche in termini sociali ed economici. Tra gli obiettivi del Siproimi vi è per esempio quello della formazione professionale e dell'orientamento al lavoro. Ciononostante i danni della pandemia all'economia del nostro Paese sono sotto gli occhi di tutti d inserire queste persone in un circuito professionale non è affatto semplice. Il rischio che costoro possano quindi restare coinvolti in attività illegali è reale e non può essere sottovalutato. Infine, bisogna fare attenzione anche al lato culturale. I beneficiari della rete Siproimi (che abbiamo visto essere in massima parte degli under 40) provengono in larga parte da Paesi a maggioranza musulmana: se il 67% arriva infatti dall'Africa subsahariana, il 13,2% giunge da Pakistan, Afghanistan e Bangladesh. Un 9% perviene invece dalla cintura del Mediterraneo (specialmente Marocco, Egitto, Libia) e dal Medio Oriente (Siria e Iraq). Tutto questo non può quindi non contribuire a porre un problema di integrazione, anche (e soprattutto) alla luce di alcuni tragici e recenti fatti di cronaca. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/riportato-alla-frontiera-il-cugino-di-saman-che-era-fuggito-in-francia-2653294223.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="riportato-alla-frontiera-il-cugino-di-saman-che-era-fuggito-in-francia" data-post-id="2653294223" data-published-at="1623265142" data-use-pagination="False"> Riportato alla frontiera il cugino di Saman che era fuggito in Francia I gendarmi l'hanno consegnato ieri mattina alla frontiera di Ventimiglia. Ikram Ijaz, 28 anni, cugino di Saman, è sceso dal furgoncino bianco marchiato «administration penitentiaire». Manette ai polsi, testa china, maglia rossa e pantaloni neri. Dopo qualche istante, viene circondato dai carabinieri. Poi il viaggio verso il carcere di Reggio Emilia, dove adesso è rinchiuso. Per gli investigatori, quell'uomo è una delle belve che ha ammazzato e fatto sparire la cugina. Saman, diciott'anni compiuti a dicembre, voleva fuggire. Da quella gabbia di fondamentalisti. Da un matrimonio combinato. Continuano a cercarla tra i campi del reggiano, ormai certi della sua morte. Il ragazzo era stato arrestato a Nimes, in Francia, la scorsa settimana. Mentre lo zio, Danish Hasnain, e l'altro cugino, Nomanulhaq Nomanhulaq, sono ancora ricercati in tutta Europa. I tre, la sera dello scorso 29 aprile, vengono ripresi da una telecamera: hanno due pale, un sacco e un piede di porco. Ijaz e Nomanhulaq, scrive il gip Luca Ramponi nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, «non solo hanno cooperato nella precedente attività di scavo della fossa, ma hanno anche aiutato Hasnain nel bloccarla e poi ucciderla». Il cugino verrà interrogato nei prossimi giorni. Mentre partirà una rogatoria internazionale per i genitori di Saman, che hanno raggiunto il Pakistan dopo la sua scomparsa. È stato il fratello sedicenne della ragazza, ora in una struttura protetta, a raccontare l'ultimo alterco familiare. È il 30 aprile 2021. Lei vuole andar via di casa. Litigano. Ancora una volta. Fino a quando il padre, Shabbar Abbas, chiama Danish lo spietato. Che gli dice: «Ci penso io». Al suo rientro, l'uomo capisce. Inizia a piangere. Davanti a lui, il presunto assassino non ha nulla in mano. Per questo, il fratello di Saman pensa che abbia strangolato la sorella. Il suo racconto viene considerato «particolarmente credibile». Ora il gip fisserà l'incidente probatorio. La testimonianza del giovane è stata risolutiva. Saman torna a casa lo scorso 11 aprile, dopo un periodo in una comunità protetta. Vuole farsi restituire il passaporto. Richiesta vana. Per lei hanno altri piani: reclusione e matrimonio combinato. Così, denuncia nuovamente i genitori. A quel punto, avrebbero deciso la sua morte. Un omicidio premeditato, per i pm. Nessun impeto. Atroce calcolo. Lo dimostrano le immagini dei giorni precedenti. Quella buca scavata dai parenti. E lo zio Danish sarebbe stato l'esecutore: la bestia sanguinaria. Con i genitori a far da consapevoli mandanti. Saman, in quei concitati momenti, capisce tutto. Vogliono ucciderla. Lo annuncia, con un messaggio vocale, al fidanzato, un connazionale conosciuto in chat: «L'ho sentita con le mie orecchie, ti giuro che stavano parlando di me». Si riferisce alla madre, Nazia Shaeeen. «Se non mi senti per 48 ore rivolgiti alle forze dell'ordine» chiede invano al ragazzo. Per ricostruire il presunto omicidio sarà decisivo l'interrogatorio in carcere del cugino. Intanto, la sua estradizione fa ridestare dal torpore il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, che annuncia «un tavolo» per le relazioni con l'islam. Un tavolo. Riemerge anche a Enrico Letta, accusato di imbarazzato silenzio dopo l'identitario sventolio di ius soli e integrazione. «Non c'è nessuna possibilità di tollerare vicende come queste» spiega il segretario del Pd. Aggiunge che tutti, pensa un po', devono rispettare le regole. Uno dei suoi tanti predecessori, Matteo Renzi, appare meno diplomatico: lo zio Danish è un animale «da assicurare alle patrie galere». Tardivo brusio di sottofondo. Saman è sparita. La cercano nelle campagne di Novellara, dietro la cascina degli Abbas, attaccata all'azienda agricola dove il padre faceva il custode. I carabinieri scandagliano il terreno con l'elettromagnetometro. Guardano e riguardano le immagini registrate dalla videosorveglianza: armati di pale, sacco e piede di porco, i tre s'incamminano verso i campi. Dai loro movimenti, sono riusciti a individuare un'area più circoscritta. Le belve avrebbero seppellito Saman tra le serre di cocomeri.