2023-10-31
Premierato più vicino. Con l’ok di Renzi disco verde dall’Aula prima delle Europee
Il ministro per le Riforme Elisabetta Casellati (Imagoeconomica)
Il ddl venerdì in cdm: capo di governo scelto alle urne, norma anti ribaltoni, premio di maggioranza e addio ai senatori a vita.Inizierà ufficialmente venerdì il cammino dell’ennesimo tentativo di riforma istituzionale nel nostro Paese, dopo tre decenni di bicamerali fallite o di ddl approvati dal Parlamento e poi affossati dai referendum. Ma ciò che potrebbe rendere questo tentativo quello buono, è il fatto che una parte dell’opposizione (nella fattispecie il Terzo Polo) guarda alla proposta messa in capo dal governo Meloni in maniera non pregiudiziale. Nella nota diffusa al termine della riunione di maggioranza di ieri pomeriggio, Palazzo Chigi ha sottolineato la «piena condivisione» da parte di tutto il centrodestra dei contenuti del ddl presentato dal ministro per le Riforme Elisabetta Casellati, alla presenza di tutti i leader di partito e dello stesso premier Giorgia Meloni. Nel testo, composto da cinque articoli, l’innovazione più importante è l’elezione diretta del presidente del Consiglio: il premier verrà dunque eletto direttamente dai cittadini per cinque anni, su una scheda elettorale unica, in cui si indicherà contemporaneamente l’opzione per il capo dell’esecutivo e quella per il rinnovo del Parlamento. Un punto su cui il ministro Casellati ha lavorato per togliere argomenti propagandistici alle opposizioni è stato quello delle prerogative del presidente della Repubblica, che rimangono pressoché invariate: al capo dello Stato resta infatti la facoltà di dare l’incarico per la formazione del governo (ovviamente al premier scelto dagli elettori) e anche la nomina dei ministri, sempre su proposta del premier incaricato. Rispetto a quanto previsto attualmente, per il Quirinale ci sono però due novità: il presidente della Repubblica non potrà più sciogliere una sola delle due camere (evento peraltro mai verificatosi se non per motivi tecnici quando la durata della legislatura di Camera e Senato erano differenti e occorreva armonizzarle) ma soprattutto non potrà più nominare nuovi senatori a vita. Ciò vuol dire che, se questo testo diventerà legge, queste figure previste oggi dal nostro ordinamento, e nel passato generatrici di più di una polemica a causa di un ruolo sempre più politico (quasi sempre a sinistra) assunto negli anni, si «estingueranno» perché non saranno rimpiazzate. Un altro elemento importante è l’introduzione di un premio di maggioranza per la coalizione collegata al premier: le liste avranno il 55 per cento dei seggi parlamentari. Veniamo ora alla norma «anti ribaltone», cara al premier. Il testo Casellati prevede che in caso di premier sfiduciato e/o dimissionario «il presidente delle Repubblica può conferire l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento al presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il governo del presidente eletto ha chiesto la fiducia delle Camere». Una procedura individuata per evitare che si inizi una legislatura con una maggioranza e si termini con un’altra, magari con un presidente del Consiglio «tecnico». Secondo quanto filtrato negli ultimi giorni, a questa formulazione si sarebbe giunti con una mediazione interna alla maggioranza, in cui Meloni era orientata verso un dettato ancor più severo, che prevedesse cioè una sorta di automatismo per il ritorno alle urne in caso di dimissioni del premier. No quindi a una sfiducia costruttiva «ambigua», tale cioè da non escludere un cambio di orientamento politico del governo. Quanto alla road map del ddl, come primo obiettivo è stato fissato quello di avere l’ok della Camera prima delle elezioni europee. Per essere approvato, un ddl costituzionale deve avere per due volte il via libera sullo stesso testo da entrambe le Camere, coi due terzi dei voti. Qualora non si arrivasse a questo quorum (mai raggiunto prima) sarebbe necessario il ricorso a un referendum confermativo. Sul fronte delle reazioni politiche, in una nota diffusa subito dopo la riunione, Palazzo Chigi ha sottolineato la «piena condivisione del testo» da parte di tutta la maggioranza, col leader della Lega Matteo Salvini che ha parlato di una «riforma di buonsenso»: «niente governi tecnici - ha aggiunto - ribaltoni, cambi di maggioranze e partiti al governo, niente nomine di nuovi senatori a vita. Il voto degli italiani - ha concluso - conterà finalmente di più». Anche l’altro vicepremier e segretario di Fi, Antonio Tajani, e il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, hanno insistito sulla coesione del centrodestra e sul fatto che la riforma verrà approvata dal Cdm venerdì, mentre più di un esponente di Fdi ha citato le parole usate dal premier lo scorso weekend: «Premierato e norma anti-ribaltone - ha dichiarato il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro - insieme delineano una democrazia decidente e mai più sotto scacco dei cambi di casacca che si consumano, con il favore della penombra, in spregio alla volontà degli italiani. Oggi abbiamo ufficialmente aperto le finestre del Palazzo - ha concluso - all’aria nuova della Terza Repubblica». Restano fortemente ostili alla riforma M5s, Pd e rossoverdi, appoggiati dalla Cgil, che anche ieri hanno denunciato un tentativo di sabotare la Costituzione e il Parlamento, mentre ulteriori e inequivocabili segnali di apertura giungono dal leader di Iv Matteo Renzi: «Se la Meloni - scrive nella sua e-news - porta la riforma costituzionale con l’elezione diretta del premier, noi ci siamo».
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)