2025-06-10
Al via la riforma dei porti che punta a una guida unitaria per gli scali
In corso il cambio ai vertici. Nasceranno o un’authority o una società per azioni controllata dal Mit. Le Regioni non potranno più usare i moli per farsi la loro politica estera, come nel caso della Puglia filocinese di Michele Emiliano.Parte la riforma dei porti. Dopo due anni di attesa, il governo prende in mano il tema deciso a riorganizzare la rete portuale. L’obiettivo è dare un assetto stabile a un settore che ha rilevanza non solo economica ma anche strategica e geopolitica. Vale la pena di ricordare la conquista dei porti greci del Pireo da parte della Cina come piattaforma per dominare i commerci nel Mediterraneo e, in epoca più recente, il tentativo di allungare le mani sullo scalo di Taranto, avamposto strategico per i traffici che di lì si aprono verso l’Europa. Molti scali (basti pensare a Taranto e Augusta) sono cointeressati da tematiche Nato. Il primo passo della riforma interessa la nomina a commissari dei presidenti delle Autorità di sistema portuale già designati dal ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini. Gli attuali commissari degli scali di Genova, Trieste, Ravenna, Livorno, Bari, Taranto sono stati invitati dal Mit a dimettersi dal loro incarico. Subentreranno i presidenti già designati, ovvero Matteo Paroli (Genova), Antonio Gurrieri (Trieste), Francesco Benevolo (Ravenna), Davide Gariglio (Livorno), Francesco Mastro (Bari), Giovanni Gullotti (Taranto) che dovranno affrontare subito i progetti rimasti bloccati da mesi o, nel caso di Genova, da quasi due anni. Secondo quanto scrive Shipmag, hanno già rimesso il proprio mandato di commissario straordinario Vittorio Torbianelli a Trieste, Daniele Rossi a Ravenna, Sergio Prete a Taranto e Luciano Guerrieri a Livorno.L’obiettivo è rilanciare l’attività dei porti. L’Italia è una importantissima piattaforma logistica incuneata in uno dei mari più strategici del mondo, il Mediterraneo, e ha un know how imprenditoriale e lavorativo d’eccellenza. Ciononostante, presi tutti insieme i nostri porti non riescono a movimentare i container totalizzati dal solo porto di Rotterdam.Dopo il cambio della guardia ai vertici degli scali, il prossimo passo nella riorganizzazione prevede due opzioni: la creazione di un’unica authority che gestisca tutti gli approdi (attualmente i porti di rilevanza nazionale sono gestiti da 15 Autorità di sistema portuale) o seguire il modello spagnolo di una società per azioni controllata dal Mit con autonomia finanziaria. L’unificazione è fondamentale per porre fine all’autonomia delle Regioni, che ora possono decidere di portare avanti una loro politica estera anche in contrasto con la linea del governo, magari aprendo le porte ai cinesi trasformando le infrastrutture in scali per la Via della seta. Pechino sta tentando da tempo di insinuarsi nella rete portuale italiana sfruttando gli intrecci tra politica ed economia. Un esempio? Banca popolare di Puglia e Basilicata, presieduta da Leonardo Patroni Griffi, è stata sponsor dei China award e il fratello di Leonardo, Ugo, è stato presidente della locale autorità portuale dentro le cui strutture voleva portare il 5G di Huawei. Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, come ha scritto La Verità, avrebbe tentato di portare il porto di Taranto sulla Via della seta e di rafforzare il peso cinese nel terminal strategico. L’obiettivo era aprire le porte del Dragone al business della cantieristica navale sfruttando le pieghe del nuovo decreto Energia, con la luce verde di Emiliano appoggiato dai dem locali. Si era fatta notare la nomina di Alessandro Becce al timone di San Cataldo container terminal, la società terminalistica del gruppo turco Yilport, concessionaria del molo polisettoriale tarantino. Becce ha avuto incarichi apicali, tra gli altri, nel gruppo Psa (controllato dal fondo di Singapore, Temasek, che ha il 22% del suo portafoglio investito in Cina) e dal 2000 al 2004 è stato presidente dell’Autorità portuale di Savona-Vado. Proprio dove, alla fine del 2019, è stata aperta Vado gateway, la piattaforma container che vede alleati i cinesi di Cosco e Qingdao con Maersk.Basterebbe questo per capire quale è la posta in gioco nel sistema portuale. La salvaguardia dell’italianità delle strutture è anche una questione di sicurezza. Negli Stati Uniti è stato sollevato il tema che le gru di fabbricazione cinese, come quelle di Zpmc, presenti nei porti, possano essere utilizzate per scopi di spionaggio. Queste preoccupazioni riguardano anche i porti europei. L’Ue e la Nato potrebbero non essere adeguatamente preparate per gestire crisi potenziali e mitigare i rischi, soprattutto se i porti venissero gestiti da aziende cinesi, e hanno bisogno di un coordinamento più stretto con i partner occidentali per affrontare questi rischi.