2025-04-09
Rieccolo: Vendola prepara il terzo mandato
Nichi Vendola (Imagoeconomica)
Clamoroso rientro di Nichi che fa il prezioso per la candidatura alla Regione Puglia dopo la doppia presidenza iniziata 20 anni fa. E dalla tournée per il suo libro di poesie «Sacro queer» sta lavorando contro gli uomini di Emiliano: «Non è tempo di stare a casa».«Soffro perché entro nel cuore del potere». Piangeva Nichi Vendola la prima volta che fu eletto governatore della Puglia. A detta sua piangeva non di gioia ma di dolore. Perché lui qualche volta soffre e qualche altra s’offre, con l’apostrofo, nel senso che si mette a disposizione come una riserva della sinistra-sinistra. Così sorge un sospetto, mentre Nichi in queste settimane macina chilometri nei Comuni del tavoliere recitando poesie in chiave transgender: ci sta riprovando, con e senza apostrofo. A fine maggio ci sono le elezioni regionali, amici e nemici sono convinti che muoia dalla voglia di rimettersi in pista e abbia già cominciato la campagna elettorale. Per entrare in Consiglio, come minimo.In realtà sarebbe in tournée per presentare Sacro Queer, volumetto di liriche Lgbtq+, ma l’occasione è perfetta per tirare le fila di un mondo che non ha mai dimenticato il suo orecchino e le battaglie del suo progressismo estremo: adozioni gay, utero in affitto, eutanasia, pauperismo green «senza se e senza ma», ideologia con il turbo e la motocicletta di Che Guevara nel cuore. Vale a dire l’armamentario che lo ha aiutato a battere due volte - per la poltrona in Regione Puglia - Francesco Boccia, oggi colonnello con gli alamari di Elly Schlein. Il candidato della sinistra sarebbe deciso: l’ex sindaco piddino di Bari Antonio Decaro, già titolare di comodo scranno a Bruxelles con oltre 500.000 preferenze in dote. Ma il movimentismo di Alleanza Verdi Sinistra guidato da Nicola Fratoianni e Nichi Vendola viene visto come un tentativo di spostare gli equilibri interni e rimescolare le carte, una spallata al mondo di Michele Emiliano in uscita, una presa di distanza dall’establishment.Se Vendola ha un nemico in casa è proprio lo sceicco Emiliano. Nelle retrovie qualcuno afferma che il suo possibile ritorno alla politica abbia proprio come obiettivo la casta dell’ex governatore. Nessuno dimentica che, all’indomani della cacciata da assessore regionale all’Ambiente di Anna Grazia Marasco, pupilla del Nichi, quest’ultimo ebbe parole di fuoco nei confronti del governatore: «Dal punto di vista umano non ho alcun interesse nei suoi confronti. Non mi interessa come essere umano. La nostra Puglia è ferita da cinici e trasformisti, ora il Pd dia un segnale». E ancora: «Penso che occorra ricostruire, con un lavoro serio e partecipato, il profilo di un nuovo centro-sinistra, capace di guidare la Puglia verso obiettivi di giustizia sociale e ambientale, di sviluppo inclusivo e di radicale innovazione nel costume politico dei partiti e degli eletti». Quel giorno cominciò a pensare al ritorno in campo. Ora è in corsa come la locomotiva di Francesco Guccini. Stringe mani, improvvisa comizi, tuona contro i dazi di Donald Trump e contro le armi di Ursula von der Leyen. Ma quando gli chiedono se si candida risponde alla Vendola: «Non vorrei, ma per battermi ci sarò sempre». Un passo avanti e due indietro, la voglia matta di farsi desiderare, un atteggiamento da Wanda Osiris aggrappata alle tende che non lo ha mai abbandonato. Come a dire: i compagni pugliesi mi vogliono ma io resisto. Parole virgolettate: «Resisto alla proposta di candidatura ma sono un uomo di partito e se ne parlerà nel partito. Sarà quella la sede in cui si deciderà». Segnali di fumo, messaggi in bottiglia. Con un punto esclamativo che ha del surreale: «Lì opporrò le mie ragioni».Il pensiero stupendo lo accompagna e il metodo è un marchio di fabbrica di Lucio Battisti: «Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi». A 66 anni il presidente di Sinistra Italiana si sente un leone e la sua presenza ingombrante rischia di condizionare la campagna elettorale di tutto il centrosinistra. Vendola recita poesie ma pensa ad altro. E al Corriere della Sera dice: «Per Avs è un buon momento, stiamo registrando molti ingressi, molti ritorni. Non è il momento di restare a casa, non è il momento della melanconia o della timidezza. È il momento di reclutare nuove forze: è urgente per ricostruire una politica fondata sulla speranza».Dietro la pioggia di parole c’è un’idea personale di rivalsa. E c’è quel voto di Decaro a Bruxelles a favore del riarmo voluto dalla Ue che il poeta arcobaleno Vendola proprio non digerisce. Come a dire: a sinistra del Pd in Puglia non c’è un manipolo di sbandati, non c’è uno junior partner da trattare come rimorchio, ma ci sono io. Quello della «rivoluzione gentile» che vinse due volte. E che è pronto a mettere il bastone fra le ruote alle pulsioni guerrafondaie del Nazareno. Lo fa capire in modo chiaro: «Alle prossime regionali non basterà vincere per forza di inerzia, per debolezza di un avversario che annaspa. Bisognerà vincere perché il centrosinistra torni ad essere un laboratorio politico: non solo per la Puglia ma per l’Italia intera».Ecco le prime crepe, ecco i distinguo programmatici che a sinistra diventano veleno. Così la marcia dei progressisti improvvisamente si complica. Perché se i fedelissimi si accalcano a bordo palco, c’è un mondo dem che non ha dimenticato il fanatismo verde, la paralisi produttiva, i niet maoisti, la xilella senza argini e qualche scandalo assortito della sua controversa gestione. Più le sue mitiche 500 consulenze (11 milioni di cachet a pioggia), le inchieste, l’Apulia film commission. In incubo che ritorna e che potrebbe dividere una volta di più i moderati dagli estremisti del cambiamento climatico. Il totem è tornato e s’offre. Ma a soffrire sono tutti gli altri.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)