Non conosco Walter Ricciardi, nel senso che non l'ho mai incontrato di persona. Tuttavia, mi basta aver letto le interviste che ha rilasciato nell'ultimo anno per capire che non è un tipo di cui fidarsi. Nonostante il vasto curriculum, di professore dell'università Cattolica, rappresentante dell'Oms e consulente del ministro della Salute, diciamo che si tratta di un uomo dalle dichiarazioni facili. Basta infatti mettergli davanti un microfono o squadernare un taccuino per portarsi a casa un colloquio con lui. Non importa che le frasi siano in contrasto con quelle pronunciate il giorno prima: ciò che conta è apparire, sui giornali o nei telegiornali. La premessa è d'obbligo per capire con chi si ha a che fare, soprattutto per comprendere non solo il fascino che hanno su di lui i giornalisti, ma l'ultimo suo invito a chiudere in casa gli italiani, bloccando tutto e tutti.
Alla fine di gennaio dello scorso anno, quando il coronavirus non era ancora arrivato in Italia, Ricciardi spargeva parole tranquillizzanti. A chi gli chiedeva informazioni riguardo all'epidemia e ai rischi che correva il nostro Paese, il professore rispondeva che non c'era motivo di allarmarsi: «Le autorità sanitarie e il ministero della Salute si sono attivati tempestivamente. Si può stare ragionevolmente tranquilli, il contagio di massa non c'è stato, perché sono stati bloccati i viaggi». Negli stessi giorni, Ricciardi spiegava al Messaggero che indossare le mascherine per proteggersi dal virus non era necessario: «Non servono alle persone sane, ma a quelle malate e agli operatori sanitari». Il super esperto non si dimostrò molto allarmato neppure un mese dopo, quando all'improvviso si capì che fermare i voli con la Cina non era bastato a impedire che il Covid contagiasse il nostro Paese. Dopo aver sconsigliato le mascherine, Ricciardi sconsigliava pure i tamponi agli asintomatici, spiegando che esisteva «un'ampia possibilità di sovrastimare le positività». Insomma, i test per scovare i malati andavano fatti secondo lui solo a chi era manifestamente malato: una scelta che, come si è capito dopo, ha consentito a chi era asintomatico di continuare a spargere il contagio. Sempre a febbraio, con le sue quotidiane interviste, il professore donava pillole calmanti, dicendo che era necessario «ridimensionare l'emergenza, perché dal Covid si guariva». Insomma, niente panico, perché se l'epidemia non andava sottovalutata, bisognava sapere che su 100 persone, 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri che possono essere gestiti in ambienti sanitari e cinque vanno incontro a problemi severi, tra cui la morte, ma anche a causa di patologie pregresse. Chiaro, no? Tenete i nervi a freno e al massimo prendetevi un po' di gocce di Lexotan, che di coronavirus non si muore, disse 93.000 decessi prima.
Certo, il super esperto era stato colto di sorpresa e dunque non si può pretendere che le azzeccasse proprio tutte. E però a metà giugno, superata la prima ondata, il nostro si mostrava ancora ottimista. Una seconda ondata? «Bisogna evitarla». E fin qui siamo d'accordo, perfino noi che non distinguiamo un antibiotico da un antinfiammatorio ci saremmo arrivati. Ma Ricciardi non si è fermato a dire una banalità, si è spinto anche oltre, dichiarando di non credere nell'arrivo di una seconda ondata del virus: «Magari avremo tante piccole ondine». E come no? Il Covid come una piccola increspatura originata dal Ponentino.
Anche a fine agosto il professore si dimostrava scettico, smentendo i catastrofisti. Al Meeting di Rimini, a chi gli chiedeva se c'era da preoccuparsi per i focolai che si andavano accendendo in giro per la Penisola, Ricciardi rispondeva ancora una volta con toni tranquillizzanti. «È una situazione completamente differente per molti motivi», diceva, «Per questo escludo un nuovo lockdown duro». A indurre in lui una tale certezza era il fatto che «innanzitutto i casi li intercettiamo prima, nel senso che questo sistema di testing e di tracciamento, porta a identificare soggetti nella stragrande maggioranza asintomatici». Tradotto, facciamo quello che a febbraio sconsigliavo di fare agli asintomatici: i tamponi.
Ma non si tratta della sola contraddizione del consulente speciale del ministro della Salute. Colui che l'altro ieri ha chiesto di bloccare tutto, ad aprile, in un rapporto pubblicato dall'Oms, definiva il lockdown una «misura cieca». Non è finita: a fine dicembre, il nostro, in versione Mago Otelma, vaticinava 40.000 morti se non si fosse fermata la mobilità, se cioè, invece di chiudere gli italiani in zona rossa ma lasciandoli liberi di uscire di casa, non li si fosse rinchiusi punto e basta. Ecco, è trascorso un anno dall'inizio della pandemia, ma la Cassandra dalle cui labbra pende Roberto Speranza è sempre lì, a sfornare previsioni a uso quotidiano. Un motivo in più per ritenere che il ministro della Salute sia la persona meno adatta a occuparsi della nostra salute.





