2025-03-25
A Riad colloqui fiume per la pace in Ucraina. I nodi: Mar Nero e centrali elettriche
Marco Rubio e Sergej Lavrov (Ansa)
Fitte discussioni tra americani e russi su linee di demarcazione e Zaporizhzhia. A fine summit nessun documento verrà firmato.Per Mattarella l’Ue «ha la forza» per contrastare gli «inaccettabili» dazi statunitensi. Lode agli «statisti lungimiranti» pro Bruxelles e all’euro. «Ha salvato i risparmiatori».Lo speciale contiene due articoli.Gli Stati Uniti continuano a portare avanti il processo diplomatico ucraino. Ieri, a Riad, si è tenuta una nuova tornata di colloqui tra americani e russi. Mentre La Verità andava in stampa, l’incontro non era ancora terminato. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva comunque reso noto che, una volta concluso, non ci sarebbe stata la firma di alcun documento. Ci si attendeva però una dichiarazione congiunta e altri colloqui tra la delegazione americana e quella ucraina. Stando a quanto era stato riferito dallo stesso Peskov, sembra che al centro delle trattative di ieri tra i rappresentanti di Washington e quelli di Mosca ci fosse principalmente la questione della sicurezza della navigazione nel Mar Nero. «Stiamo parlando di territorio in questo momento. Stiamo parlando di linee di demarcazione, stiamo parlando di potere, di proprietà delle centrali elettriche. Alcune persone dicono che gli Stati Uniti dovrebbero possedere le centrali elettriche, perché abbiamo le competenze», ha inoltre affermato Donald Trump, mentre l’incontro tra americani e russi era ancora in corso. Una proposta, quella di porre le centrali ucraine sotto la proprietà statunitense, che, secondo il Guardian, non sarebbe apprezzata né da Volodymyr Zelensky né da Vladimir Putin.Come che sia, sempre ieri, l’inquilino della Casa Bianca ha anche detto di attendersi che l’accordo tra Washington e Kiev sui minerali strategici sarà firmato presto. Nelle stesse ore, il segretario di Stato americano, Marco Rubio, è tornato a ribadire che il conflitto in Ucraina «deve finire con un negoziato». D’altronde, già domenica, sempre a Riad, gli americani avevano tenuto dei colloqui con gli ucraini. Stando a quanto riportato da Kiev, i due team avrebbero, in particolare, discusso di proposte volte a proteggere le infrastrutture energetiche in Ucraina.Nel frattempo, la tensione resta alta sul fronte militare. «L’Ucraina si sta battendo per la pace ma la Russia sta ancora una volta dimostrando di voler continuare con il terrorismo. La comunità internazionale deve aumentare la pressione sulla Russia affinché cessi l’aggressione, in modo da assicurare la giustizia e salvare le vite degli ucraini», ha dichiarato il premier ucraino Denys Shmyhal, riferendosi all’attacco missilistico russo sulla città di Sumy, che ha portato a 88 feriti, tra cui 17 bambini. Dall’altra parte, media di Mosca hanno affermato che le forze ucraine hanno sconfinato, entrando nella regione russa di Belgorod.Tutto questo, senza trascurare che da entrambi i contendenti stanno arrivando dichiarazioni foriere di fibrillazioni. «Credo che la Russia sia riuscita a influenzare alcune persone del team della Casa Bianca attraverso l’informazione», ha dichiarato Zelensky in un’intervista a Time. «Hanno convinto gli americani che gli ucraini non vogliono porre fine alla guerra e che bisogna fare qualcosa per costringerli a farlo», ha aggiunto, esortando inoltre il vicepresidente americano, JD Vance, a visitare l’Ucraina. «Ti stiamo ancora aspettando», ha detto, rivolgendosi al numero due della Casa Bianca. «Innegabilmente, continueremo a perseguire lo sforzo in corso per denazificare lo stato che rimane sotto il controllo del regime di Kiev», ha dichiarato, dal canto suo, il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov.Frattanto è intervenuta anche Pechino. Il ministero degli Esteri cinese ha infatti smentito l’indiscrezione secondo cui il Dragone starebbe considerando di partecipare a una missione di peacekeeping in Ucraina. La settimana scorsa, la testata tedesca Welt Am Sonntag aveva riportato che la Cina avrebbe potuto prendere parte alla «coalizione dei volenterosi»: quella stessa «coalizione dei volenterosi» che, venerdì, è stata bollata come «una posa» dall’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff. Parole, quelle di Witkoff, rispetto a cui, ieri, il premier britannico Keir Starmer - uno dei principali promotori dell’iniziativa di peacekeeping - ha fatto sapere di non essere preoccupato.In tutto questo, Putin ha ringraziato gli Emirati arabi uniti per aver mediato gli scambi di prigionieri tra Russia e Ucraina. Il presidente russo ha anche auspicato uno «stretto coordinamento» con il Paese mediorientale in sede di Opec+. Ricordiamo che, la settimana scorsa, è stato confermato che Abu Dhabi ha stretto con Washington un accordo quadro per investimenti da 1,4 trilioni di dollari negli Stati Uniti nell’arco di dieci anni: tra i settori interessati, spicca quello dell’intelligenza artificiale. È sempre più evidente come il dossier ucraino sia strettamente intrecciato a quello mediorientale. Al di là del ruolo degli Emirati arabi, è d’altronde l’Arabia Saudita che, ieri e l’altro ieri, ha ospitato i colloqui diplomatici degli americani con ucraini e russi.La questione del Medio Oriente è verosimilmente inclusa nei negoziati. La Casa Bianca sa perfettamente che Mosca ha perso terreno nella regione a seguito della caduta di Bashar al Assad. In cambio di un ammorbidimento russo sul fronte ucraino, Trump potrebbe quindi aiutare lo zar a recuperare influenza in Siria in funzione antiturca. Uno scenario, questo, a cui sia i sauditi sia gli israeliani guarderebbero con favore: entrambi temono infatti il crescente peso di Ankara a Damasco.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/riad-colloqui-fiume-pace-ucraina-2671403365.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="re-sergio-svalvola-sulle-tariffe-usa" data-post-id="2671403365" data-published-at="1742892957" data-use-pagination="False"> Re Sergio svalvola sulle tariffe Usa Regna tuttora grande incertezza sulla politica protezionistica che Donald Trump intende varare il prossimo 2 aprile. Secondo il Wall Street Journal e Bloomberg, i dazi americani non dovrebbero riguardare - almeno all’inizio - i settori che coinvolgono automobili, prodotti farmaceutici e semiconduttori. Nel mirino di Washington, com’è noto, non c’è solo la Cina, ma anche l’Ue, che vanta nei confronti degli Usa un avanzo commerciale di circa 230 miliardi di dollari (la sola Italia è in attivo per una cifra che si aggira sui 35 miliardi). Sebbene si stia continuando a discutere, ieri Sergio Mattarella ha deciso di entrare a gamba tesa nella questione. Prima di recarsi alle Fosse ardeatine per deporre una corona di alloro, il presidente della Repubblica ha visitato nella Capitale il Villaggio «Agricoltura è» per celebrare l’anniversario della firma dei Trattati di Roma, con i quali fu istituita la Comunità economica europea (Cee), embrione dell’attuale Europa di Bruxelles. In questa occasione, Mattarella ha risposto alle domande di alcuni ragazzi presenti, che l’hanno interrogato anche sulla vicenda delle nuove tariffe statunitensi. «Speriamo che il buon senso prevalga», è stato il commento del capo dello Stato. «I mercati aperti», ha poi spiegato Mattarella, «corrispondono a due interessi vitali: la pace e i nostri interessi vitali di esportazione. I dazi creano ostacoli ai mercati, alterano il mercato, penalizzano i prodotti di qualità e questo per noi è inaccettabile, ma dovrebbe essere per tutti i Paesi del mondo inaccettabile. Una collaborazione su regole leali è indispensabile. La risposta non sono i dazi ma le regole da far rispettare». E ancora: «Bisogna essere sereni senza alimentare un eccesso di preoccupazione, perché l’Ue ha la forza per interloquire con calma e autorevolezza per contrastare una scelta così immotivata come i dazi. L’Europa è un soggetto forte, quindi bisogna interloquire con calma ma anche con determinazione». Ma la sviolinata per Bruxelles era appena iniziata. Rievocando le tappe che portarono ai Trattati di Roma, Mattarella ha poi sostenuto che occorre «riflettere sul contesto in cui si muoveva questo avvio dell’integrazione europea. Nel 1945 l’Italia usciva da una guerra devastante. Vi erano state brutali dittature e l’abisso dell’olocausto. In quel clima di tragedie, alcuni statisti lungimiranti e coraggiosi cercarono di capovolgere un’idea, fu una rivoluzione di pensiero. Mettere insieme il futuro dell’Europa. Questo è stato il tentativo di statisti coraggiosi e lungimiranti». Peccato che questa ricostruzione edificante cozzi irrimediabilmente con la realtà storica. Basti pensare che l’inventore del limite del deficit al 3%, Guy Abeille, già in tempi non sospetti confessò che questo parametro nacque per caso e che, in ogni caso, oggi non ha più alcun valore. Altro che statisti lungimiranti. Inoltre, dopo aver definito il modello Ue «un grande successo imitato nel mondo», il capo dello Stato ha elogiato anche l’euro, che avrebbe «salvaguardato i risparmi dei cittadini dalle crisi e dai terremoti finanziari». I greci, devastati dalla Troika, non sarebbero affatto d’accordo. Ma anche noi italiani abbiamo parecchio da recriminare contro la «lungimiranza» degli statisti di Bruxelles. Pensiamo per esempio al caso di Tercas, la controllata della Popolare di Bari affossata dalla Commissione Ue malgrado poi la Corte di giustizia abbia dato ragione all’Italia. E qui stiamo parlando solo della punta dell’iceberg. Insomma, sui dazi trumpiani si può e si deve discutere: l’importante è che lo si faccia senza scadere nella stessa retorica sfoderata dalla sinistra sul Manifesto di Ventotene.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.