Renzi sceglie il giorno: si vota il 4 dicembre. E fa arrabbiare tutti

4 dicembre 2016. Ecco la data della svolta, del cambiamento, dell'Italia che sarà. Dai primi di ottobre ai primi di dicembre, finalmente sono finiti slittamenti e attesa. Sfruttando quasi tutti i giorni che la legge metteva a disposizione e come deciso dal premier Renzi, dopo il voto alla Camera sulle mozioni, la spaccatura interna ai dem e una breve riunione, ieri il consiglio dei ministri ha approvato la data del 4 dicembre (domenica in cui anche gli austriaci saranno chiamati al ballottaggio-bis per il nuovo presidente della Repubblica), preferita a quella del 27 novembre per avere una settimana in più di campagna elettorale, già iniziata in modo molto polemico sia per formulazione del quesito sia per il metodo utilizzato nella scelta della data. Così, la prima domenica di dicembre gli italiani andranno alle urne per dire «Sì» o «No» al referendum per le riforme costituzionali mettendo una croce sulla scheda in cui sarà scritto: Approvate il testo della legge costituzionale concernente «disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione approvato dal parlamento e pubblicato nelle Gazzetta ufficiale n.88 del 15 aprile 2016?»

Insomma, la domanda, posta in modo subdolo e piuttosto suggestivo, con cui si vuole cambiare «la Costituzione più bella del mondo» come diceva Benigni (prima di ripensarci), sarebbe più o meno questa: «Vuoi ridurre il numero dei parlamentari e diminuire i costi della politica?». Difficile dire no ad una richiesta del genere ma come dicono esperti e opposizione, non sono citati i 47 articoli modificati dalla Renzi/Boschi come invece è prassi fare per i referendum. Il Codacons ha già annunciato il ricorso al Tar del Lazio e alla Cassazione per ottenere la modifica urgente del quesito referendario proprio perché appare ingannevole e rischia di indurre in errore i cittadini al momento del voto avendo violato l'articolo 16 della legge n.352 del 1970. Sarà per questa scarsa chiarezza che anche il cardinal Bagnasco, presidente della Cei, ieri ha avvertito gli italiani: «Il referendum è importante, informatevi di persona». Come dire, non date retta ai politici...

Il premier ha già comunicato data e luogo di apertura della sua campagna elettorale per la vittoria del Sì: il 29 settembre a Firenze, all'Obihall, dove l'8 dicembre 2013, festeggiò la sua elezione a segretario del Pd dopo aver sconfitto alle primarie Gianni Cuperlo.

«Il capo ha deciso 4 dicembre. Se poteva portava il referendum a Natale. Ma due mesi in più di propaganda non cambiano esito. Tanto vince il No», così l'onorevole Scotto, capogruppo di Sinistra italiana, gruppo che contestava la data di dicembre perché ridurrebbe l'affluenza e farebbe recuperare gli avversari del Sì. «Come volevasi dimostrare Renzi ha scelto il 4 dicembre per incentivare l'astensionismo e provare a vincere con le “truppe cammellate" del Pd e del governo» ha detto Gianni Alemanno a margine della manifestaione di Azione Nazionale sotto Palazzo Chigi. «È davvero una vergogna: non si era mai visto nella storia repubblicana un governo che deliberatamente provasse a sabotare la partecipazione popolare ad una consultazione su una riforma costituzionale».

«Il dado è tratto» ha detto il senatore di Fi, Renato Schifani, «Basta polemiche concentriamoci sulla campagna per il No. Dai sondaggi emerge che una quota dei nostri elettori è ancora indecisa. Va convinta con intelligenza, smontando la propaganda di chi, sulle riforme come in economia, promette molto e mantiene nulla».

«Data indegna, Renzi non ha consultato le opposizioni, prestigiatore del gioco delle tre carte», fanno eco i deputati M5S della commissione Affari costituzionali della Camera. «Grave che Renzi abbia scelto la data del referendum costituzionale senza neanche consultarsi con le opposizioni» incalzano i grillini. «Ed è altrettanto grave e vergognoso che abbia negato ai cittadini, per così tanto tempo, la possibilità di esprimersi su un tema così delicato e importante, facendo un'indegna melina. Inoltre, se avesse potuto, il Presidente del Consiglio ci avrebbe fatto votare a Natale o, magari, a Capodanno, nella speranza di scoraggiare la maggioranza degli italiani, che è a favore del no, a recarsi presso le urne e nel tentativo di arrivare a mangiarsi il panettone». Convinto invece il capogruppo Pd alla Camera che scrive su Twitter: #bastaunsi#referendum, per cambiare la Costituzione e il Paese.

«Scegliendo il 4 dicembre Renzi non allontana solo la data del referendum, prova ad allontanare la sua paura di andare a casa. Ma quello che è differito non è evitato» ha scritto su Facebook Luigi Di Maio, componente del direttorio Cinque Stelle e vicepresidente della Camera...
E ieri anche il Financial Times ha definito il referendum un appuntamento importante per Renzi: in testa per ora ci sono i No, scrive il giornale inglese, ma se il premier dovesse vincere resterà saldamente in sella fino al 2018.

In effetti, il Rottamatore, ritirata l'ipotesi dimissioni, parla di «una partita è adesso che non tornerà. Non ci sarà un'altra occasione. Sono certo che non la sprecheremo. Questa Italia, per me, ha bisogno di gente che propone, non di gente che urla. E questa Italia deve cambiare, non può rimanere ostaggio dei soliti noti, della solita palude che ha bloccato la crescita dell'ultimo ventennio». Una partita con cui Renzi si gioca il futuro del suo governo e se vincerà il No non potranno non esserci conseguenze per l'esecutivo. La settimana in più servirà infatti anche per concludere tutti i passaggi della legge di bilancio e, compreso il confronto con Bruxelles, blindare i conti italiani per il 2017.

E mentre Renzi nella sua e-news annuncia anche l'orario del voto: «Si voterà dalle 7 alle 23», l'ufficialità della data arriverà però soltanto dopo la ratifica del presidente della Repubblica Mattarella. Praticamente una formalità.

  • I tedeschi chiedono uno sconto di almeno 50 milioni (che potrebbero diventare 200) per clausole sui valori di bilancio. Il Tesoro non cede. C’è tempo fino all’11 per trattare.
  • Se lo stallo continua, il dossier sarà consegnato al commissario che potrebbe sfruttarlo per favorire il Green deal. L’interlocuzione con Aponte non si è comunque mai interrotta.

Lo speciale contiene due articoli.

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Rinnovo del contratto di 200.000 ministeriali: i lavoratori ottengono di poter lavorare fino al giovedì e anche un aumento di 150 euro al mese. Maurizio Landini vuole il doppio. Riaprono i termini: entro il 10 dicembre si può ancora aderire all’accordo tra fisco e autonomi.
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Ieri il sindacato ha proclamato un’agitazione dopo l’accoltellamento del capotreno da parte di due egiziani. Una conseguenza delle porte aperte di Maurizio Landini. Che dovrebbe, quindi, incrociare le braccia contro sé stesso.
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