
Il papocchio è quasi ufficiale e sul campo c'è la prima vittima. È il segretario dem, messo nel sacco dal Bullo, vero regista del matrimonio contro natura. Il Giglio magico si è assicurato le poltrone, il governatore l'inutilità.C'è una cosa che, in questa crisi di mezza estate, non riesco a capire ed è perché Nicola Zingaretti abbia deciso di suicidarsi. Che la decisione del segretario del Pd di far nascere un esecutivo guidato da Giuseppe Conte sia un atto estremo di autolesionismo ovviamente non c'è dubbio. Chiunque abbia un briciolo di fiuto politico infatti sa che avere acconsentito al varo di questo governo, per il povero governatore del Lazio, equivale ad aver affondato la propria carriera politica. Zingaretti ha fatto tutto ciò che gli ha ordinato Matteo Renzi, cioè il suo principale nemico, e non solo ha assecondato i desideri dell'ex premier, ma ha detto sì dopo aver giurato e spergiurato che avrebbe detto no. Certo, tutti i politici sono abituati alle giravolte, e il governatore del Lazio conferma l'abitudine. Ma di regola, chi si contraddice lo fa inseguendo un fine che coincide con il proprio interesse. In questo caso no: con Zingaretti siamo di fronte a un segretario che cambia opinione, ma non perché abbia intravisto un'opportunità migliore per il proprio futuro e nemmeno si sia ricreduto su quanto aveva promesso. No, qui siamo davanti a un signore che sa perfettamente di fare il contrario di ciò che gli converrebbe, ma non ha il coraggio di cambiare, e dunque si avvia a testa bassa verso il patibolo. Già, perché il nascente governo, per il segretario del Pd è una forca a cui rischia di essere impiccato insieme all'intero partito. Una forca che gli ha preparato il suo più fiero e irriducibile avversario, cioè Matteo Renzi, che non vuole solo riprendersi il Pd, ma vuole anche il governo e dunque il Paese. La storia è semplice. Il fu presidente del Consiglio è stato costretto a sgombrare tre anni fa a seguito della sconfitta al referendum costituzionale. Fosse stato per lui, il Bomba ovviamente non avrebbe mai mollato la poltrona, ma avendo il vizio di spararla grossa, prima del voto aveva giurato davanti alle telecamere che si sarebbe levato di torno in caso di bocciatura. Nessuno immaginava che una volta sollevate le terga da lì le avrebbe incollate poco più in là sulla poltrona di segretario del partito, ma questo è ciò che è successo. Da capo del Pd, dunque, Renzi ha preparato le liste per le elezioni riempiendole di fedelissimi, mettendo insieme un esercito di pretoriani pronto a seguirlo anche all'inferno. E qui veniamo al problema di Zingaretti, il quale pur essendo ufficialmente succeduto a Renzi continua a essere accerchiato dai renziani, che in Parlamento eseguono gli ordini del suo predecessore più che i suoi.Così arriviamo al suicidio del fratello sfortunato del commissario Montalbano. Grazie al voto degli elettori Pd, Zingaretti ha conquistato la segreteria nonostante Renzi gli abbia teso ogni tranello. Tuttavia, avere vinto nelle sezioni non significa aver ottenuto la vittoria in Parlamento perché lì, grazie a quelli che ha piazzato, non comanda il governatore, ma il Rottamatore, il quale da tre anni le studia tutte pur di potersi riprendere la scena. Ecco, adesso con una capriola degna di Nadia Comaneci, Renzi ha sposato la causa del governo con i 5 stelle avendola osteggiata per un anno e mezzo. Per mesi ha accusato Zingaretti e compagni di trescare con i grillini, ma quando si sono profilati lo scioglimento della legislatura e il voto, ha eseguito una piroetta da medaglia di bronzo alle Olimpiadi. E il povero segretario del Pd? Uno via l'altro si è dovuto ingoiare i rospi che quell'altro gli ha cucinato, a cominciare dal taglio dei parlamentari per finire alla nomina di Conte. Anche i sassi sono a conoscenza del fatto che se il governo giallorosso nasce, il governatore muore: non solo perché sarà evidente che la sua opinione conta meno di zero, in quanto il Giglio magico farà ciò che più gli aggrada e non ciò che dice Zingaretti. Ma poi, una volta nato il governo e salvata la poltrona, per sé e per i suoi seguaci, Renzi farà pure il diavolo a quattro per far cadere il governo e prendere il posto di Conte. Dunque il segretario sarà cornuto e mazziato, perché avrà aiutato il suo avversario a risorgere affossando sé stesso e dando un contributo fondamentale anche alla nascita del partito che Renzi si prepara a fondare appena gli tornerà comodo, cioè quando per M5s e Pd le cose si metteranno male. Detto in altre parole, Zingaretti - che aveva interesse ad andare a votare per levarsi di torno le zecche renziane - se fa il governo è un morto (politicamente, ovvio) che cammina. Mentre gli altri, quelli che lo hanno spinto a dire sì, da Dario Franceschini a Graziano Delrio, da Ettore Rosato e Paola De Micheli (renziana ballerina) ad Andrea Orlando, e magari ad Emma Bonino, sono poltrone viventi.
Rustem Umerov (Ansa)
Una delegazione di Kiev guidata da Umerov ricevuta a Miami da Witkoff (atteso giovedì al Cremlino), Kushner e Rubio. Il segretario di Stato: «Faremo in modo che l’Ucraina sia indipendente e sovrana».
«Tosti ma molto costruttivi», così nella serata di ieri, una fonte della Cnn ha definito i colloqui in atto tra Stati Uniti ed Ucraina. Una delegazione ucraina guidata da Rustem Umerov, ex ministro della Difesa ucraino e attuale segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale e la difesa, è stata difatti ieri ricevuta vicino a Miami presso un club privato, lo Shell Bay, legato all’agenzia immobiliare dell’inviato speciale Usa Steve Witkoff. Scopo dell’incontro, la continuazione dei negoziati di pace, per aggiustamenti del piano in 28 punti elaborato durante i negoziati tra Washington e Mosca.
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Giuseppe Benedetto (Imagoeconomica)
Giuseppe Benedetto, presidente di Fondazione Einaudi: «Il ddl Stupri porta le toghe dentro ai letti e, invertendo l’onere della prova, apre a vendette».
«Non basta la separazione delle carriere: serve la separazione dei “palazzi”. Giudici e pm non devono neanche incontrarsi». Giuseppe Benedetto, avvocato siciliano di lungo corso, è il presidente della Fondazione Einaudi, storico punto di riferimento della cultura liberale. Da quel centro studi è nato il Comitato «Sì separa», in prima linea per il sì al referendum sulla riforma della giustizia. «L’Anm è solo un sindacato privato, e con questa riforma smetterà di dettare legge sulle nomine. Serve un cambio culturale: le toghe sono dipendenti pubblici, non i sacerdoti dell’etica, che oggi mettono piede persino in camera da letto».
Roberto Scarpinato, ex magistrato e senatore del M5s (Imagoeconomica). Nel riquadro Anna Gallucci, pubblico ministero e già presidente dell’Anm a Rimini
La pm Anna Gallucci: «A Termini Imerese raccolsi elementi anche su politici progressisti, ma il mio capo Cartosio indicò di archiviarli, “d’intesa con Scarpinato”. Rifiutai, poi subii un procedimento disciplinare». Sarebbe questa l’indipendenza minata dal governo?
Anna Gallucci ricopre la funzione di pubblico ministero a Pesaro, dopo avere fatto il sostituto procuratore anche a Rimini e Termini Imerese. È relativamente giovane (è nata nel 1982) e ha svolto vita associativa: è iscritta alla corrente moderata di Magistratura indipendente ed è stata presidente della sottosezione riminese dell’Associazione nazionale magistrati. Ha lasciato la carica dopo il trasferimento nelle Marche, sua terra di origine. Nel 2022 si era espressa contro il vecchio referendum sulla responsabilità civile delle toghe e aveva manifestato giudizi negativi sulla separazione delle carriere. Ma adesso ha cambiato idea ed è molto interessante ascoltare le sue motivazioni.






