
Dopo aver platealmente preso le distanze da Elly Schlein, il senatore semplice di Rignano ha subito una legnata elettorale ed eccolo proporsi come stampella all’asse Pd-M5s. Solo i media lo vogliono, però ormai conta zero.Più gli elettori dimostrano di non volerne sentir parlare, più giornali e tv si dannano l’anima per intervistarlo e illustrare all’opinione pubblica il suo pensiero. È davvero curioso l’atteggiamento che i media riservano a Matteo Renzi, il quale da settimane imperversa sulla stampa e sul piccolo schermo per impartire le sue lezioni politiche, dispensando consigli e suggerendo alleanze. Di lui l’ultima cosa nota sono i dati delle elezioni europee e di quelle che si sono svolte nella sua città. Le prime, nonostante al fotofinish si fosse alleato con +Europa, oltre che con socialisti e radicali nel tentativo di superare la soglia di sbarramento, si sono concluse con una débâcle di Italia Viva, fermata da un 3,78 per cento che non teneva neppure conto della somma dei voti dei singoli gruppi che avevano partecipato all’ammucchiata. Quanto a quelle di Firenze, la sua candidata, la vicepresidente regionale Stefania Saccardi, che avrebbe dovuto togliere voti a Sara Funaro costringendo il Pd a elemosinare l’appoggio dell’ex segretario, ha raggiunto a mala pena il 7 per cento, una cifra irrilevante nella sfida fra destra e sinistra.L’uno-due di giugno avrebbe messo al tappeto chiunque, perché non passare a Bruxelles e neppure a casa propria significa contare zero. Ma Renzi è Renzi. E dunque, presa la scoppola, rieccolo pronto a ributtarsi nella mischia non come se fosse un peso piuma ma un gigante. L’occasione è stata la partita del cuore, quella giocata contro la nazionale cantanti. È bastato un assist a Elly Schlein, con relativo abbraccio sul campo di calcio, ed ecco confezionata l’ennesima giravolta con scappellamento a sinistra dell’ex premier. L’immagine di lui in maglietta e calzoncini, insieme con la segretaria del Partito democratico, è valsa più di qualsiasi discorso. Messe da parte le frasi in cui pronosticava la fine del Pd a opera della giovane leader («l’ha trasformato in un centro sociale»), accantonate le critiche per il sostegno di Schlein al referendum contro il jobs act («non l’ha nemmeno letto»), spazzati via in un secondo i propositi di dare vita a un Terzo polo («nasce il cantiere per costruire il grande centro») e pure per realizzare gli Stati Uniti d’Europa, il senatore semplice di Rignano si propone per fare da stampella all’alleanza fra il Pd e i 5 stelle, per un’alternativa alla Meloni. È l’ennesima piroetta. Un’edizione riveduta e corretta della mossa del cavallo con cui, dopo averlo ferocemente attaccato e aver giurato che mai lo avrebbe sostenuto, Renzi si propose di salvare Giuseppe Conte con i voti del Partito democratico, salvo poi mandarlo a casa un anno e mezzo dopo. L’ultima capriola ha lasciato sconcertati perfino i suoi, i pochi che gli sono rimasti attaccati dopo i numerosi addii, al punto che qualcuno ha invocato il congresso e minacciato l’ennesima scissione, con la possibilità che oltre a Renzi nel partito rimanga la sola Maria Elena Boschi. Incurante delle polemiche, l’ex premier ha tirato diritto, proponendo nuove ammucchiate. Fin qui nulla di nuovo e niente di cui stupirsi. Ciò che lascia a bocca aperta, nonostante i sondaggi diano Italia Viva al 2,5 per cento e Renzi ultimo nel gradimento degli italiani (scavalcato perfino da Fratoianni, Bonelli, Lupi, Calenda e addirittura da Magi, che sta al 18 per cento dei consensi contro il suo 13, rilevazione Ipsos), è lo spazio che i media dedicano Renzi, quasi che la sua opinione fosse decisiva per il futuro del Paese. Un giorno lo intervista il Corriere (che però lo aveva ospitato poche settimane prima), poi è il turno de La 7, quindi del Qn, ma prima c’erano stati La Stampa, Sky, Rtl e di nuovo La 7. Insomma, Renzi ha più interviste che voti. Sarà per questo che, come è successo di recente a In onda, quando compare c’è un improvviso calo degli ascolti?
Sergio Mattarella (Imagoeconomica)
Per impedire al centrodestra di rivincere nel 2027 ed eleggere il presidente della Repubblica, al Colle lavorerebbero a un’ammucchiata ulivista. Ma non basta: «Ci vorrebbe un provvidenziale scossone...».
Le manovre del Quirinale contro le maggioranze di centrodestra sono ormai un classico della Seconda Repubblica. Dunque, ciò che raccontiamo in queste pagine, che ci giunge da una fonte più che autorevole, non ci stupisce. Non è la prima volta che lassù sul Colle provano a sabotare la volontà popolare. Lo scorso anno, in un’intervista al Corriere della Sera, il cardinale Camillo Ruini raccontò di un pranzo avuto nel 1994 con l’allora capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro. Tra una portata e l’altra servita da camerieri in guanti bianchi, il presidente della Repubblica chiese a quello della Cei di aiutarlo a far cadere Silvio Berlusconi.
Roberto Calderoli (Ansa)
Oggi Roberto Calderoli in Veneto e Lombardia, domani in Piemonte e Liguria per firmare le pre-intese su protezione civile, professioni, previdenza e coordinamento sanitario.
La Commissione certifica: quest’anno deficit sotto il 3%. Meglio di Francia e Germania. Eppure ancora solo pochi mesi fa i dem prevedevano lo sfascio del bilancio. E abbiamo anche evitato la trappola del Mes.
2025-11-17
Magri, nutrienti, proteici. Bresaola e carpaccio sono sempre più apprezzati anche da chi fa sport
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Quelli prodotti in Valtellina sono un’eccellenza italiana riconosciuta in tutto il mondo. Rispetto agli altri salumi sono più leggeri e digeribili. E aumentano pure la serotonina.
In questi giorni il produttore Rigamonti ha presentato alla stampa e al pubblico la Carta delle bresaole e carpacci, naturale prosecuzione della Carta delle bresaole presentata nel 2021: «Proseguiamo il percorso di trasparenza ed educazione al gusto avviato cinque anni fa con la prima Carta delle bresaole», ha spiegato l’amministratore delegato di Rigamonti, Claudio Palladi, «per accompagnare il pubblico con questo nuovo vademecum in un viaggio fra le diverse qualità e peculiarità di bresaole e ora anche dei carpacci. Un prodotto fresco, leggero e versatile quest’ultimo, che sta incontrando un consenso crescente, con incrementi a doppia cifra nei primi 9 mesi del 2025, sia al banco taglio che nel libero servizio. Il nostro intento è valorizzare le filiere e allo stesso tempo guidare il consumatore nella conoscenza delle diverse peculiarità delle carni, in base alla loro provenienza e alle razze. Un impegno apprezzato dal pubblico: oggi il segmento bresaole - Igp e specialità - registra un +25% a valore negli ultimi 4 anni e un +6% nel 2024. Positivi anche i primi nove mesi del 2025, con una crescita del 10%; in particolare sulle specialità trainano la crescita referenze come Gran Fesa e Angus, ormai punti di riferimento per i nuovi gusti dei consumatori».





