2022-11-03
Reintegri in Puglia, governo pronto al ricorso
Orazio Schillaci (Imagoeconomica)
Scontro tra esecutivo e Regione sui sanitari sospesi. Il sottosegretario Gemmato (Fdi) promette l’impugnazione della legge. Michele Emiliano lo snobba: «Si dimetta». Pure Vincenzo De Luca isola i non vaccinati. Il ministro nicchia: «Decidano gli ospedali dove impiegarli».Aiop: «I malati rinunciano a curarsi col Ssn». Aumento di stipendio per 550.000 operatori.Lo speciale contiene due articoli Il presidente della Puglia, Michele Emiliano, non ha alcuna intenzione di applicare senza discussioni il decreto del governo guidato da Giorgia Meloni che ha disposto il rientro in servizio dei medici non vaccinati, a partire dallo scorso 1 novembre. Si tratta, come è evidente considerato che parliamo in tutto di 10 medici, di un tentativo strumentale di mettere i bastoni tra le ruote all’esecutivo. Emiliano si appella a una legge regionale della Puglia del 2018 che impone la vaccinazione agli operatori sanitari contro 10 malattie, alla quale è stato poi aggiunto, nel 2021, il Covid. Il suo collega campano, Vincenzo De Luca, prende a sua volta posizione: «Ho inviato», dichiara De Luca, «ai Direttori generali della Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere una direttiva, con la quale si fa obbligo di definire l’impiego del personale sanitario non vaccinato contro il Covid, in concomitanza con la disposta reintegra in servizio. Saranno, quindi, messe in campo», aggiunge De Luca, «le necessarie azioni dirette a contrastare ogni ipotesi di contagio, evitando il contatto diretto del personale non vaccinato con i pazienti». Torniamo alla Puglia: «Lo Stato centrale», dice a Sky Tg24 il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, di Fdi, tra l’altro pugliese, «non può essere derubricato da una Regione. Nella legge regionale della Puglia è previsto l’obbligo vaccinale anche per il Covid, che non c’è più. Questa legge verrà impugnata. Fra i medici considerati no vax ci sono anche medici che si sono sottoposti a due dosi di vaccino», aggiunge Gemmato, «che hanno contratto la malattia e per questo hanno chiesto l’esenzione a un nuovo richiamo». Michele Emiliano va all’attacco: «Gemmato», replica il presidente della Puglia, «è un politico di lungo corso e dovrebbe sapere che tra leggi nazionali e leggi regionali nelle materie concorrenti come la sanità non c’è un rapporto di gerarchia che fa prevalere le prime sulle seconde, salvo che ci sia una lesione delle attribuzioni del Parlamento. Prendo atto che Gemmato, farmacista», aggiunge Emiliano, «si cimenta in arditi ragionamenti giuridici annunciando l’impugnazione della legge pugliese, e così facendo fa fare al governo del quale fa parte da qualche ora una pessima figura. I termini per l’impugnativa infatti sono ampiamente scaduti. Uno così dovrebbe immediatamente dimettersi per la sua inadeguatezza». Clamorosa per i toni oltre che per i concetti espressi la presa di posizione di Danny Sivo, Direttore sanitario della Asl di Bari: «Tornano», scrive Sivo su Facebook, «i no vax in corsia? Mi preoccupa tantissimo che persone che non credano ai vaccini possano esercitare la professione sanitaria di medico o infermiere, poiché significa che siamo dinnanzi a sciamani e non a professionisti. Gente», aggiunge Sivo, «che non si cura della propria salute figuriamoci cosa pensa di quella del prossimo. Sarò inflessibile». In Puglia, dicevamo, sono 10 i medici del sistema sanitario regionale a non aver ricevuto la vaccinazione anticovid, mentre sono 103 in totale i dipendenti, considerando tutti gli operatori del comparto. «La situazione di questo personale sanitario», spiega l’assessore alla Sanità della Puglia, Rocco Palese, «è regolata dalla legge regionale, che consente solo agli operatori che si sono vaccinati, secondo le indicazioni del Piano nazionale di prevenzione vaccinale vigente, di poter accedere a determinati reparti ospedalieri. La legge regionale 2021», aggiunge Palese all’Ansa, «della Puglia che estende l’obbligo vaccinale agli operatori sanitari anche per il Covid è stata già vagliata e approvata dal governo e dalla Corte costituzionale, e sono trascorsi i termini. Per questo motivo non è impugnabile. La Regione Puglia individua i reparti dove consentire l’accesso ai soli operatori che si siano attenuti alle indicazioni del Piano nazionale di prevenzione vaccinale vigente». I reparti sono quelli di oncologia, ematologia, radioterapia, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, emergenza-urgenza e pronto soccorso, terapia intensiva e rianimazione, oltre a quelli dove vengono eseguiti trapianti o gestiti pazienti trapiantati, le unità dove vengono trattati pazienti dializzati, e quelli dove vengano trattati altri pazienti immuno-compromessi. «Sono, altresì, da considerarsi ad alto rischio di trasmissione di queste malattie infettive», recita la legge regionale, «le strutture ambulatoriali/consultoriali dove vengono assistite donne in gravidanza e bambini, nonché i servizi vaccinali». Dunque, i medici non vaccinati in Puglia non possono essere impiegati in questi reparti. Il ministro della Salute Orazio Schillaci, nicchia: «Ho letto di polemiche su quello che questi medici andranno a fare», commenta Schillaci al Corriere.it, «ma quello che andranno a fare saranno sono le singole direzioni sanitarie a deciderlo, valutando il posto migliore dove i medici reintegrati potranno andare a lavorare. La scelta di non vaccinarsi è un problema deontologico, che dovranno affrontare gli Ordini dei medici e quelli professionali. Lascerei a loro la definizione di tutto questo». «Questa», dice a La Stampa l’infettivologo Matteo Bassetti, «è la rivincita dei no vax: un movimento antiscientifico che si era tranquillizzato, adesso avrà gli strumenti per dire che aveva ragione a mettere in guardia dai vaccini». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/reintegri-in-puglia-governo-pronto-al-ricorso-2658589406.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-le-cliniche-private-in-allarme-per-la-carenza-di-personale-pubblico" data-post-id="2658589406" data-published-at="1667420929" data-use-pagination="False"> Anche le cliniche private in allarme per la carenza di personale pubblico Continuano le polemiche sull’eliminazione dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario, che può quindi rientrare in servizio con due mesi di anticipo rispetto al limite del 31 dicembre di quest’anno, posto dal precedente governo. Al di là delle questioni ideologiche, la realtà è che la mancanza di medici non è un problema da poco, soprattutto di questi tempi. Sulla questione pesa anche la denuncia di Barbara Cittadini, presidente nazionale di Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata: 574 strutture, presenti in modo capillare sull’intero territorio nazionale, e l’impegno quotidiano dei suoi professionisti. «Liste d’attesa lunghissime e carenza di medici sono tra le emergenze, non più procrastinabili» da «affrontare con urgenza, per evitare che il Servizio sanitario nazionale imploda», afferma Cittadini, ricordando che resta il problema della «carenza di medici e del personale sanitario». Per questo, la presidente Aiop invita alla realizzazione di una «normativa di emergenza per assumere neolaureati e specializzandi». Nell’ultimo anno, l’81% di coloro che hanno cercato di prenotare visite specialistiche o esami diagnostici tramite il Servizio sanitario nazionale (Ssn) ha riscontrato difficoltà legate alle tempistiche, secondo una recente indagine di Altroconsumo. Il 70 % di chi ha avuto problemi per visite mediche e il 60% di chi ne ha avuti per esami diagnostici ha scelto di rivolgersi a una struttura privata. «Secondo i dati Istat - sottolinea la Cittadini - nel 2021, l’11% delle persone, circa 6 milioni, ha dovuto rinunciare a visite specialistiche ed esami diagnostici, a causa di difficoltà economiche e di accesso al servizio. Sono numeri in crescita - osserva - che non possono essere sottovaluti, considerando anche le inevitabili conseguenze in termini di prevenzione». L’emergenza pandemica ha bloccato circa 2,5 milioni di screening tumorali, secondo l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). Rispetto al 2019, registra l’Agenzia per i servizi sanitari (Agenas), ci sono 98,4 milioni di visite specialistiche da recuperare. Da una elaborazione sui tempi di attesa per interventi urgenti (entro 30 giorni) per l’area cardiologica e tumori maligni, realizzata da Quotidiano sanità su dati Agenas, emerge che, in generale, nel privato accreditato i tempi sono molto più brevi rispetto al pubblico con uno stacco medio migliore di una decina di punti percentuali sul rispetto delle tempistiche. «La popolazione affronta fenomeni allarmanti dal punto di vista sanitario. Occorre, al più presto», esorta la Cittadini «avviare una riforma del Ssn, che valorizzi la sinergia tra le sue componenti di diritto pubblico e di diritto privato, conferendo loro pari dignità, per rispondere tempestivamente alla domanda assistenziale della popolazione, garantendo a tutti il diritto alla salute costituzionalmente riconosciuto». A proposito della valorizzazione del personale, dopo la trattativa di un anno, ieri è stato firmato il nuovo contratto per i 550.000 operatori del Comparto sanità che prevede un incremento complessivo medio di circa 175 euro lordi mensili, oltre al pagamento degli arretrati riferiti ai tre anni precedenti. Tra le novità per il personale infermieristico, compreso quello amministrativo, in prima linea durante le fasi critiche della pandemia, la regolazione dell’istituto dello smartworking e, per chi fa i turni, la possibilità dei permessi a ore, previsti dalla legge 104. I genitori potranno inoltre chiedere di lavorare in fasce orarie diverse per prendersi cura dei figli.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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