Con restrizioni ben più blande di quelle italiane, la Gran Bretagna non si trova di fronte alla catastrofe descritta dai nostri media. E, con ritmi elevatissimi di vaccinazioni, le ospedalizzazioni sono sotto controllo.
Con restrizioni ben più blande di quelle italiane, la Gran Bretagna non si trova di fronte alla catastrofe descritta dai nostri media. E, con ritmi elevatissimi di vaccinazioni, le ospedalizzazioni sono sotto controllo.Che si tratti di anglofobia ideologica, o invece di ostilità politica al governo conservatore, oppure di antipatia personale verso Boris Johnson, il prodotto non cambia: sui media italiani, con rare eccezioni, ogni giorno si cerca di descrivere un Regno Unito al collasso, una Gran Bretagna piegata dall’emergenza Covid, una Londra in preda alla tempesta sanitaria. Del resto, su non poche testate italiane, diversi mesi fa, si festeggiava rumorosamente e senza alcun ritegno perfino il fatto che il leader conservatore fosse finito in terapia intensiva. Ma torniamo all’oggi: non solo le cose non stanno come ci vengono raccontate, e non solo il Primo Ministro ha detto no a specifici divieti natalizi. Semmai, secondo tradizione britannica, Johnson è addirittura accusato in patria per le ragioni contrarie a quelle supposte dalle nostre parti: sia 100 parlamentari del suo partito, sia i media di orientamento conservatore e thatcheriano (in testa il quotidiano Telegraph e il settimanale Spectator) gli rimproverano perfino le ultrablande restrizioni introdotte di recente. E proprio quel tipo di mobilitazione politica e culturale ha pesato nel dibattito interno ai Tories, evitando che il governo - per il momento - adottasse misure più coercitive. A ben vedere, tutta la storia della pandemia è stata raccontata ai nostri connazionali con un sottofondo di polemica e irrisione verso Londra. Vale la pena di ricordare che, durante la primissima ondata Covid (2020), quando Johnson si adattò a decidere un primo lockdown, innanzitutto si premurò di garantire economicamente i britannici: il giorno stesso in cui il governo chiuse tutto, riconobbe ai lavoratori dipendenti l’80% del loro stipendio (fino a 2500 sterline), e a tutti gli autonomi l’80% del loro fatturato dell’anno prima. Vogliamo fare paragoni con quanto avvenne qui? Ma questa è storia vecchia. Veniamo a momenti più recenti. Dopo una prima campagna vaccinale a un ritmo da 6-700.000 vaccinazioni al giorno per molti mesi, Johnson decise e rispettò quasi alla lettera una sequenza programmata di riaperture (a marzo 2021 le scuole, ad aprile i pub, a maggio i teatri e gli stadi, e così via). E semmai fu nuovamente attaccato, sempre da sponde conservatrici e pro libertà, per aver ritardato al 19 luglio l’eliminazione delle ultime restrizioni rimaste (il via libera totale era inizialmente previsto per fine giugno). Poi, il succedersi delle varianti ha indubbiamente creato preoccupazioni e una fiammata nei contagi. Ma le cose sono sempre state ben diverse dalle caricature disegnate da questa sponda della Manica. E oggi? Intanto, ci sono alcuni dati di fatto. Qui da noi per fare un tampone, se va bene, occorre pagare 15 euro (chi ne deve fare 15 al mese deve stanziare ben 225 euro mensili): mentre già da tempo Johnson, senza che i media nostrani ne abbiano fatto cenno, ne fa consegnare sette a famiglia ogni settimana. Non solo: in Uk il numero delle terze dosi già somministrate è elevatissimo (quasi 31 milioni, metà della popolazione), e il ritmo è ormai acceleratissimo (l’altro giorno si è arrivati in 24 ore a 968.000 inoculazioni, quasi 1 milione in un giorno). Ma cominciamo con qualche confronto: in Germania risultano oltre il triplo dei morti rispetto al Regno Unito (il 22 dicembre, 510 contro 140), e presenze in terapia intensiva circa cinque volte maggiori che in Uk (in Germania erano 4351 il 22 dicembre, in Uk erano 849 il giorno prima, secondo dati European Cdc raccolti da Our World in data).Vogliamo provare a fare un paragone anche con la nostra situazione? Al 22 dicembre, l’Italia risulta sopra il Regno Unito nelle morti giornaliere per Covid (146). E anche considerando i pazienti in terapia intensiva, il 22 dicembre da noi erano 1.010, mentre il giorno prima in Uk erano 849. Tra l’altro, tornando al di là della Manica, come è stato fatto osservare dalla firma del Telegraph, Allison Pearson, il 70% di quelle che vengono qualificate come ospedalizzazioni per Covid a Londra scaturiscono in realtà da ricoveri per altri disturbi: poi, nel quadro del ricovero, c’è anche la notizia del test con esito positivo. Quindi il paziente scopre spesso di essere positivo dopo essere entrato in ospedale per altre ragioni. Non solo: la stessa Pearson fa notare che, a fronte dei circa 780 ricoveri quotidiani per Covid, ci sono pure circa 623 dimissioni di pazienti guariti. E anche quando entrambi i numeri salgono, l’occupazione reale dei letti di ospedale resta sostanzialmente la stessa.L’ultima buona notizia l’ha data ancora il Telegraph ieri mattina sulla base di uno studio dell’Università di Edimburgo: il rischio di ospedalizzazione a causa della variante Omicron è di due terzi più basso. Basterà a evitare la diffusione di altro - ed eccessivo - panico anche da noi?
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
Continua a leggereRiduci
Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






