2022-12-26
«Recycling Beauty». Il riutilizzo dell’arte antica in mostra alla Fondazione Prada
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Immagine della mostra Recycling Beauty, Fondazione Prada, Milano. Foto: Roberto Marossi. Courtesy: Fondazione Prada. Ricostruzione del Colosso di Costantino .Ideato da Claudio Parisi Presicce. Prodotto da Factum Arte
Alla Fondazione Prada di Milano, sino al 23 febbraio 2023, una mostra che racconta del riuso dell’antichità greca e romana nelle epoche successive, dal Medioevo al Barocco. Dalle statue alle gemme, oltre 60 le opere in mostra: la più spettacolare, la ricostruzione (in scala 1 a 1) della gigantesca statua di Costantino.Una mostra che parla di antichità, ma di un’attualità straordinaria. Perché il tema è quello del «riuso», del riciclo. In questo caso, come recita il titolo stesso - Recycling Beauty - del riutilizzo della bellezza. E della bellezza antica, greca e romana, in particolare. Un immenso patrimonio artistico che non è mai morto, non è rimasto fine a se stesso, ma si è « trasformato » in altre opere, ha vissuto in altre epoche: Medioevo, Rinascimento, Barocco. Ed è arrivato ai giorni nostri, modificando contesti e venendone contemporaneamente modificato, in un meccanismo di reciproca legittimazione e attribuzione di senso.L'esposizione alla Fondazione Prada (curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola con Denise La Monica), che si inserisce in un’indagine più estesa, iniziata nel 2015, ha il suo focus proprio sulla necessità di considerare il classico non solo come un’eredità del passato, ma come un elemento vitale in grado di incidere sul nostro presente e futuro, «una chiave di accesso alla molteplicità delle culture del mondo contemporaneo», per usare le parole di Settis.Concetto rimarcato dall’originalissimo e coinvolgente percorso espositivo - ideato da Rem Koolhaas/OMA con Giulio Margheri – che si snoda fra due diversi edifici, il Podium e la Cisterna, e che permette al visitatore (soprattutto nella Cisterna) di incontrare gli oggetti esposti gradualmente, in una sequenza di spazi che facilitano l’osservazione da punti di vista alternativi: dall’altezza di un balcone, alla prospettiva ristretta di una stanza costruita all’interno di uno degli ambienti esistenti.Provenienti da importanti collezioni pubbliche e musei italiani e internazionali (dal Louvre di Parigi, al Kunsthistorisches Museum di Vienna, passando per i Musei Vaticani, le Gallerie degli Uffizi di Firenze e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli), l’esposizione ospita oltre sessanta opere d’arte altamente rappresentative, che spaziano dai frammenti provenienti dalle immense rovine di Roma dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, a gruppi scultorei di età ellenistica: ne è un esempio la bellissima scultura del Leone che azzanna un cavallo (IV secolo a.C.), collocato nel Medioevo sul Campidoglio ecome allegoria del buon governo cittadino.Molto interessanti, a dimostrazione di come nel vasto processo di devastazione e di progressivo oblio di gran parte dell’arte grecoromana si siano spesso salvati solo gli oggetti ritenuti particolarmente preziosi, anche la statua bronzea di un Camillus (I secolo d.C.), donata al Comune di Roma da Sisto IV nel 1471, e una coppia di opere di età barocca, il Moro Borghese e LaZingarella, ricomposte a Roma dallo scultore francese Nicolas Cordier mescolando frammenti antichi a parti di sua creazione.Ma fra tesori sopravvissuti all’opera di distruzione del tempo ( ne è un esempio la Tazza Farnese, databile fra il II e il I secolo a.C., il più grande cammeo in pietra dura dell’antichità arrivato fino a noi), rilievi funerari riutilizzati in contesti totalmente diversi dal fine originale, «riletture» Quattrocentesche di busti e teste marmoree , a catturare l’attenzione del visitatore è senza ombra di dubbio la ricostruzione in scala 1 a 1 - mai tentata prima - della colossale statua di Costantino (IV sec. d.C.), una delle opere più importanti della scultura romana tardo-antica. L’ «installazione», che evidenzia come l’opera sia il risultato della rielaborazione di una più antica statua di culto, probabilmente di Giove, occupa ben due sale della Cisterna e ad essa sono accostati due monumentali frammenti marmorei, la mano e il piede destro, normalmente esposti nel cortile del Palazzo dei Conservatori a Roma.Una mostra da non perdere, originalissime e interessante, che parla di un’arte viva perchè in perenne, continua trasformazione. Un'arte immortale, che è presente, passato e futuro...Come ha spiegato Salvatore Settis, «Il reimpiego comporta la convivenza di diverse temporalità, dove distanza storica e simultaneità narrativa ed emotiva s’intrecciano di continuo. I marmiantico-romani appartengono allo stesso orizzonte culturale di chi li riusa, e dunque appropriarsene è sentito come naturale. Ma la dimensione-tempo sfugge alla sequenza calendariale; è instabile, può essere manipolata e piegata […]. Perché prelevare dalle rovine un rilievo, un vaso, un capitello? Perché trasportarlo altrove per inserirlo entro un nuovocontesto? Le risposte esplorate negli ultimi decenni vanno in tre direzioni complementari: il reimpiego può avere valore memorativo (volto al passato), fondativo (diretto al presente), o predittivo (orientato al futuro). In mancanza di documenti è spesso difficile decidere quale diqueste intenzioni prevalesse di caso in caso; ed è ben possibile che esse fossero simultaneamente presenti. […] Cuore e stimolo del gesto del reimpiego è spesso, o forse sempre, ‘inserire il passato nel futuro’, come sostiene Reinhart Koselleck, prevederne odeterminarne gli sviluppi. Il nuovo contesto assorbe quel che reimpiega, ma deve (e vuole)lasciarlo riconoscibile anche mentre (anzi, proprio perché) se ne impadronisce».
Jose Mourinho (Getty Images)