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2019-11-16
Record delle maree da 147 anni. Cacciata da San Marco una troupe
Getty
Passi la passerella dei politici, in fondo è il loro mestiere. Gli ultimi della serie, ieri, sono stati il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che ha visitato la basilica di San Marco, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà e il leader della Lega Matteo Salvini che ha passeggiato nella piazza sommersa con il governatore veneto Luca Zaia. Passi anche la selfiemania dei turisti orientali, in fondo i loro soldi danno da mangiare a mezza Venezia. Ma che sull'acqua alta si fiondasse anche una produzione cinematografica, questo mai.
Nell'acqua grigia in cui si specchiavano le Procuratie si sono materializzati Stefano Accorsi e Valeria Golino assieme a comparse e una troupe cinematografica, proprio nelle fasi in cui l'acqua alta stava salendo sopra le caviglie. La loro presenza per girare alcune scene di un film in un momento così difficile per la città ha causato malumori e proteste. Anche se avevano i permessi e le galosce, sono stati allontanati. «C'è anche qualcuno che vorrebbe girare un film, li abbiamo mandati via, anche questi. Non c'è di peggio che la speculazione in questi momenti», ha brontolato il sindaco Luigi Brugnaro.
Alluvione giorno quarto. Sotto un cielo plumbeo la tragedia della Serenissima non è ancora uscita dall'emergenza. Alle 11.26 la marea ha raggiunto il picco: 154 centimetri alla Punta della Salute, 149 sull'isola di Burano, 146 a Chioggia, che vive difficoltà non inferiori a quelle di Venezia. Le previsioni erano ancora peggiori, si temeva che l'acqua alta superasse il metro e 60. In Piazza San Marco il mare toccava i fianchi, il centro storico era sommerso per il 70%. La piena è altissima e senza precedenti in anni a noi vicini: è dal 1872 (147 anni) che non si presentavano due acque alte sopra i 150 centimetri nello stesso anno. E in questo 2019 si sono succedute nello stretto arco di una settimana. E mai dal 1872 si sono verificate tre maree superiori ai 140 centimetri: ora è accaduto in appena quattro giorni, 187 martedì, 144 mercoledì, 154 ieri.
I numeri sono freddi. Ma viene il gelo a sentire i racconti della gente normale, che vive in case vecchie di secoli, semplici, dove l'elettricità arriva con fili volanti e la vita è ritmata dall'estro del mare. Per chi vive a Chioggia o sull'isola di Pellestrina, dove sono morte due persone, è stato uno tsunami. Nelle case a pian terreno c'era un metro d'acqua. C'è gente che ha accatastato i mobili contro porte e finestre per tentare di contrastare la violenza dell'acqua, che però risaliva dagli scarichi dei wc come fosse una fontana, da sotto il pavimento, dalle fessure dei muri. Migliaia di persone in un attimo hanno perso frigoriferi, lavastoviglie, mobili, armadi con tutto quello che contenevano. Porte e finestre sono state spaccate dai detriti trascinati dalla corrente, le barche hanno rotto gli ormeggi e sono andate a sbattere contro le rive per la forza del vento e la furia dell'acqua. È per soccorrere queste persone e le attività economiche che il governo ha stanziato i primi 20 milioni di euro. Brugnaro ha parlato di danni per 1 miliardo di euro soltanto per il primo giorno di piena, il più drammatico. «È più che ovvio che i 20 milioni stanziati dal governo servono forse solo per Piazza San Marco», gli ha fatto eco Salvini.
Le sirene sono suonate alle 6.39, prima dell'alba. Il patriarca, monsignor Francesco Moraglia, ha fatto chiudere la basilica di San Marco mentre la Fondazione civici musei ha sbarrato l'ingresso del Palazzo Ducale. Alle 9.20 del mattino il sindaco, nominato ieri commissario per l'emergenza, ha transennato anche Piazza San Marco e interdetto il passaggio di cittadini e turisti: «Sono ora costretto a far chiudere la piazza per ogni evenienza, in maniera tale di non mettere a rischio l'incolumità delle persone», ha detto in un video diffuso su Twitter. «Anche oggi siamo in prima linea per affrontare la marea eccezionale», ha aggiunto in un successivo tweet. Sono tanti i cittadini, titolari di attività e dipendenti che mi fermano per raccontarmi le difficoltà. Con orgoglio, coraggio e umiltà lavoriamo per far ripartire la città. Siamo resilienti: insieme ce la faremo».
La circolazione dei vaporetti è stata sospesa in tutto il centro storico di Venezia, tranne quelli che garantiscono i collegamenti con le isole, e anche le scuole sono rimaste chiuse per il terzo giorno consecutivo. A metà pomeriggio l'allarme ha cominciato a ridursi lentamente, come a poco a poco è sceso anche il livello dell'acqua. Il trasporto pubblico è ripreso, sono state riposizionate le passerelle e anche Piazza San Marco è stata riaperta al transito. Per oggi la Protezione civile ha emesso un'allerta rossa sul Veneto centro settentrionale, mentre sul resto della regione l'allerta è gialla: per Venezia si profila una tregua.
Di Maio colpevolizza tutti per cercare di nascondere la crisi del Movimento
Taranto e Bologna spaventano il M5s, sempre meno Movimento e sempre più partito. E allora al suo leader Luigi Di Maio non resta che attaccare amici e nemici strumentalizzando l'acqua alta a Venezia, e puntando l'indice contro la Lega ma soprattutto contro Luca Zaia. In una diretta su Facebook, infatti, si è scagliato contro il governatore del Veneto giudicando «inopportuna» la sua presenza giovedì sera al PalaDozza di Bologna a sostegno della candidata presidente della Lega Lucia Borgonzoni con Matteo Salvini, mentre nella «Serenissima», senza alcuna serenità, l'acqua continuava a mettere paura e le polemiche sul Mose si moltiplicavano: «Non è stato bellissimo vedere il governatore della Regione Veneto, con Venezia sott'acqua, andare a festeggiare e fare campagna elettorale a Bologna dicendo 'sarei venuto anche a nuoto'. È inopportuno, se lo avesse fatto sindaco del M5s ora starebbe su tutti i quotidiani del mondo. Zaia avrebbe dovuto occuparsi dell'emergenza e spiegare come mai ha votato contro in consiglio regionale, bocciando tutte le nostre proposte sul clima».
A rispondergli a stretto giro è stata la deputata della Lega Vannia Gava, già sottosegretario all'Ambiente: «Il ministro degli Esteri ha perso l'ennesima occasione per stare zitto. Affermare come ha fatto Di Maio che la tragedia che Venezia sta subendo in queste ore sia dovuta alla non approvazione della mozione dei 5 stelle sui cambiamenti climatici dà il senso di un limite di decenza ampiamente superato. Fare l'ambientalista da strapazzo non aiuta Venezia, ma offende i veneziani e tutte le persone di buon senso. Oggi dobbiamo solo essere operativi nell'emergenza e solidali con il popolo veneziano e con le amministrazioni regionali e comunali più efficienti d'Italia».
Nel suo audio Di Maio, sempre rivolgendosi a leghisti e centrodestra ha sottolineato: «Possiamo far finta che ci sia solo Venezia in emergenza, ma chiedo alla stampa, ai media, di ricordare Matera, alcuni posti della Calabria, colpiti dal forte maltempo. A Venezia ieri c'era il centrodestra e Zaia ci ha detto che non sa perché il Mose non era finito. È veramente paradossale che dopo tanti anni, si dicano certe cose, addirittura Silvio Berlusconi se la prende con l'ex ministro Danilo Toninelli. Queste cose succedono perché non si attua la transizione energetica, perché si continuano a dare finanziamenti per le fonti fossili, che invece devono essere gradualmente dismesse».
Poi l'affondo: «La colpa il centrodestra la deve cercare al suo interno, il Mose se lo sono inventati loro, e adesso vengono a dire che è colpa del M5s. Non possiamo stare a guardare mentre ci incolpano dei danni degli ultimi 30 anni, siamo al governo solo da 18 mesi». Infine, da ministro degli Esteri ha annunciato che «manderò una lettera alle ambasciate nel mondo e ai nostri ambasciatori perché promuovano iniziative per sostenere Venezia. Sono certo che vedremo un grande riscontro di solidarietà che verrà da tutto il mondo».
Poi però l'ex vicepremier, dimenticando che proprio un anno fa assicurò che «il caso Arcelor Mittal era risolto e il lavoro era salvo», ha commentato: «Non c'entra nulla lo scudo, c'entra il fatto che qui qualcuno vuole fare il furbo. Non possiamo accettare che, dall'oggi al domani, se ne vanno. Non posso accettare la campagna stampa contro i 5 stelle sullo scudo». E poi: «Il sistema è contro il Movimento». Nel frattempo, mentre il senatore pentastellato Ugo Grassi ha annunciato il suo abbandono del M5s, Di Maio se l'è presa anche con i suoi dicendo fuori dai denti: «Il Movimento non è un partito e non lo diventerà mai. Chi lo vuole trasformare in partito se ne vada. Ne nasce uno ogni giorno, oggi quello di Carlo Calenda». Noi dobbiamo rilanciare con gli attivisti e non nei palazzi, dove si parla un politichese insopportabile». Parola di leader, spaventato dal calo dei consensi.
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Riduci
Quarto giorno di alluvione. Centro storico sommerso per il 70% e chiuso fino al pomeriggio. Passerella di politici, ma le cineprese di Stefano Accorsi urtano i veneziani. Luigi Brugnaro: «Non c'è di peggio che la speculazione».Luigi Di Maio attacca Luca Zaia. E sbotta: «L'emergenza non è solo in laguna, maltempo anche a Matera».Lo speciale contiene due articoli.Passi la passerella dei politici, in fondo è il loro mestiere. Gli ultimi della serie, ieri, sono stati il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che ha visitato la basilica di San Marco, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà e il leader della Lega Matteo Salvini che ha passeggiato nella piazza sommersa con il governatore veneto Luca Zaia. Passi anche la selfiemania dei turisti orientali, in fondo i loro soldi danno da mangiare a mezza Venezia. Ma che sull'acqua alta si fiondasse anche una produzione cinematografica, questo mai. Nell'acqua grigia in cui si specchiavano le Procuratie si sono materializzati Stefano Accorsi e Valeria Golino assieme a comparse e una troupe cinematografica, proprio nelle fasi in cui l'acqua alta stava salendo sopra le caviglie. La loro presenza per girare alcune scene di un film in un momento così difficile per la città ha causato malumori e proteste. Anche se avevano i permessi e le galosce, sono stati allontanati. «C'è anche qualcuno che vorrebbe girare un film, li abbiamo mandati via, anche questi. Non c'è di peggio che la speculazione in questi momenti», ha brontolato il sindaco Luigi Brugnaro.Alluvione giorno quarto. Sotto un cielo plumbeo la tragedia della Serenissima non è ancora uscita dall'emergenza. Alle 11.26 la marea ha raggiunto il picco: 154 centimetri alla Punta della Salute, 149 sull'isola di Burano, 146 a Chioggia, che vive difficoltà non inferiori a quelle di Venezia. Le previsioni erano ancora peggiori, si temeva che l'acqua alta superasse il metro e 60. In Piazza San Marco il mare toccava i fianchi, il centro storico era sommerso per il 70%. La piena è altissima e senza precedenti in anni a noi vicini: è dal 1872 (147 anni) che non si presentavano due acque alte sopra i 150 centimetri nello stesso anno. E in questo 2019 si sono succedute nello stretto arco di una settimana. E mai dal 1872 si sono verificate tre maree superiori ai 140 centimetri: ora è accaduto in appena quattro giorni, 187 martedì, 144 mercoledì, 154 ieri.I numeri sono freddi. Ma viene il gelo a sentire i racconti della gente normale, che vive in case vecchie di secoli, semplici, dove l'elettricità arriva con fili volanti e la vita è ritmata dall'estro del mare. Per chi vive a Chioggia o sull'isola di Pellestrina, dove sono morte due persone, è stato uno tsunami. Nelle case a pian terreno c'era un metro d'acqua. C'è gente che ha accatastato i mobili contro porte e finestre per tentare di contrastare la violenza dell'acqua, che però risaliva dagli scarichi dei wc come fosse una fontana, da sotto il pavimento, dalle fessure dei muri. Migliaia di persone in un attimo hanno perso frigoriferi, lavastoviglie, mobili, armadi con tutto quello che contenevano. Porte e finestre sono state spaccate dai detriti trascinati dalla corrente, le barche hanno rotto gli ormeggi e sono andate a sbattere contro le rive per la forza del vento e la furia dell'acqua. È per soccorrere queste persone e le attività economiche che il governo ha stanziato i primi 20 milioni di euro. Brugnaro ha parlato di danni per 1 miliardo di euro soltanto per il primo giorno di piena, il più drammatico. «È più che ovvio che i 20 milioni stanziati dal governo servono forse solo per Piazza San Marco», gli ha fatto eco Salvini.Le sirene sono suonate alle 6.39, prima dell'alba. Il patriarca, monsignor Francesco Moraglia, ha fatto chiudere la basilica di San Marco mentre la Fondazione civici musei ha sbarrato l'ingresso del Palazzo Ducale. Alle 9.20 del mattino il sindaco, nominato ieri commissario per l'emergenza, ha transennato anche Piazza San Marco e interdetto il passaggio di cittadini e turisti: «Sono ora costretto a far chiudere la piazza per ogni evenienza, in maniera tale di non mettere a rischio l'incolumità delle persone», ha detto in un video diffuso su Twitter. «Anche oggi siamo in prima linea per affrontare la marea eccezionale», ha aggiunto in un successivo tweet. Sono tanti i cittadini, titolari di attività e dipendenti che mi fermano per raccontarmi le difficoltà. Con orgoglio, coraggio e umiltà lavoriamo per far ripartire la città. Siamo resilienti: insieme ce la faremo».La circolazione dei vaporetti è stata sospesa in tutto il centro storico di Venezia, tranne quelli che garantiscono i collegamenti con le isole, e anche le scuole sono rimaste chiuse per il terzo giorno consecutivo. A metà pomeriggio l'allarme ha cominciato a ridursi lentamente, come a poco a poco è sceso anche il livello dell'acqua. Il trasporto pubblico è ripreso, sono state riposizionate le passerelle e anche Piazza San Marco è stata riaperta al transito. Per oggi la Protezione civile ha emesso un'allerta rossa sul Veneto centro settentrionale, mentre sul resto della regione l'allerta è gialla: per Venezia si profila una tregua.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/record-delle-maree-da-147-anni-cacciata-da-san-marco-una-troupe-2641358099.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="di-maio-colpevolizza-tutti-per-cercare-di-nascondere-la-crisi-del-movimento" data-post-id="2641358099" data-published-at="1765385939" data-use-pagination="False"> Di Maio colpevolizza tutti per cercare di nascondere la crisi del Movimento Taranto e Bologna spaventano il M5s, sempre meno Movimento e sempre più partito. E allora al suo leader Luigi Di Maio non resta che attaccare amici e nemici strumentalizzando l'acqua alta a Venezia, e puntando l'indice contro la Lega ma soprattutto contro Luca Zaia. In una diretta su Facebook, infatti, si è scagliato contro il governatore del Veneto giudicando «inopportuna» la sua presenza giovedì sera al PalaDozza di Bologna a sostegno della candidata presidente della Lega Lucia Borgonzoni con Matteo Salvini, mentre nella «Serenissima», senza alcuna serenità, l'acqua continuava a mettere paura e le polemiche sul Mose si moltiplicavano: «Non è stato bellissimo vedere il governatore della Regione Veneto, con Venezia sott'acqua, andare a festeggiare e fare campagna elettorale a Bologna dicendo 'sarei venuto anche a nuoto'. È inopportuno, se lo avesse fatto sindaco del M5s ora starebbe su tutti i quotidiani del mondo. Zaia avrebbe dovuto occuparsi dell'emergenza e spiegare come mai ha votato contro in consiglio regionale, bocciando tutte le nostre proposte sul clima». A rispondergli a stretto giro è stata la deputata della Lega Vannia Gava, già sottosegretario all'Ambiente: «Il ministro degli Esteri ha perso l'ennesima occasione per stare zitto. Affermare come ha fatto Di Maio che la tragedia che Venezia sta subendo in queste ore sia dovuta alla non approvazione della mozione dei 5 stelle sui cambiamenti climatici dà il senso di un limite di decenza ampiamente superato. Fare l'ambientalista da strapazzo non aiuta Venezia, ma offende i veneziani e tutte le persone di buon senso. Oggi dobbiamo solo essere operativi nell'emergenza e solidali con il popolo veneziano e con le amministrazioni regionali e comunali più efficienti d'Italia». Nel suo audio Di Maio, sempre rivolgendosi a leghisti e centrodestra ha sottolineato: «Possiamo far finta che ci sia solo Venezia in emergenza, ma chiedo alla stampa, ai media, di ricordare Matera, alcuni posti della Calabria, colpiti dal forte maltempo. A Venezia ieri c'era il centrodestra e Zaia ci ha detto che non sa perché il Mose non era finito. È veramente paradossale che dopo tanti anni, si dicano certe cose, addirittura Silvio Berlusconi se la prende con l'ex ministro Danilo Toninelli. Queste cose succedono perché non si attua la transizione energetica, perché si continuano a dare finanziamenti per le fonti fossili, che invece devono essere gradualmente dismesse». Poi l'affondo: «La colpa il centrodestra la deve cercare al suo interno, il Mose se lo sono inventati loro, e adesso vengono a dire che è colpa del M5s. Non possiamo stare a guardare mentre ci incolpano dei danni degli ultimi 30 anni, siamo al governo solo da 18 mesi». Infine, da ministro degli Esteri ha annunciato che «manderò una lettera alle ambasciate nel mondo e ai nostri ambasciatori perché promuovano iniziative per sostenere Venezia. Sono certo che vedremo un grande riscontro di solidarietà che verrà da tutto il mondo». Poi però l'ex vicepremier, dimenticando che proprio un anno fa assicurò che «il caso Arcelor Mittal era risolto e il lavoro era salvo», ha commentato: «Non c'entra nulla lo scudo, c'entra il fatto che qui qualcuno vuole fare il furbo. Non possiamo accettare che, dall'oggi al domani, se ne vanno. Non posso accettare la campagna stampa contro i 5 stelle sullo scudo». E poi: «Il sistema è contro il Movimento». Nel frattempo, mentre il senatore pentastellato Ugo Grassi ha annunciato il suo abbandono del M5s, Di Maio se l'è presa anche con i suoi dicendo fuori dai denti: «Il Movimento non è un partito e non lo diventerà mai. Chi lo vuole trasformare in partito se ne vada. Ne nasce uno ogni giorno, oggi quello di Carlo Calenda». Noi dobbiamo rilanciare con gli attivisti e non nei palazzi, dove si parla un politichese insopportabile». Parola di leader, spaventato dal calo dei consensi.
(Totaleu)
Lo ha detto il Ministro per gli Affari europei in un’intervista margine degli Ecr Study Days a Roma.
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Ed è quel che ha pensato il gran capo della Fifa, l’imbarazzante Infantino, dopo aver intestato a Trump un neonato riconoscimento Fifa. Solo che stavolta lo show diventa un caso diplomatico e rischia di diventare imbarazzante e difficile da gestire perché, come dicevamo, la partita celebrativa dell’orgoglio Lgbtq+ sarà Egitto contro Iran, due Paesi dove gay, lesbiche e trans finiscono in carcere o addirittura condannate a morte.
Ora, delle due l’una: o censuri chi non si adegua a certe regole oppure imporre le proprie regole diventa ingerenza negli affari altrui. E non si può. Com’è noto il match del 26 giugno a Seattle, una delle città in cui la cultura Lgbtq+ è più radicata, era stata scelto da tempo come pride match, visto che si giocherà di venerdì, alle porte del nel weekend dell’orgoglio gay. Diciamo che la sorte ha deciso di farsi beffa di Infantino e del politically correct. Infatti le due nazioni hanno immediatamente protestato: che c’entriamo noi con queste convenzioni occidentali? Del resto la protesta ha un senso: se nessuno boicotta gli Stati dove l’omosessualità è reato, perché poi dovrebbero partecipare ad un rito occidentale? Per loro la scelta è «inappropriata e politicamente connotata». Così Iran ed Egitto hanno presentato un’obiezione formale, tant’è che Mehdi Taj, presidente della Federcalcio iraniana, ha spiegato la posizione del governo iraniano e della sua federazione: «Sia noi che l’Egitto abbiamo protestato. È stata una decisione irragionevole che sembrava favorire un gruppo particolare. Affronteremo sicuramente la questione». Se le Federcalcio di Iran ed Egitto non hanno intenzione di cedere a una pressione internazionale che ingerisce negli affari interni, nemmeno la Fifa ha intenzione di fare marcia indietro. Secondo Eric Wahl, membro del Pride match advisory committee, «La partita Egitto-Iran a Seattle in giugno capita proprio come pride match, e credo che sia un bene, in realtà. Persone Lgbtq+ esistono ovunque. Qui a Seattle tutti sono liberi di essere se stessi». Certo, lì a Seattle sarà così ma il rischio che la Fifa non considera è quello di esporre gli atleti egiziani e soprattutto iraniani a ritorsioni interne. Andremo al Var? Meglio di no, perché altrimenti dovremmo rivedere certi errori macroscopici su altri diritti dei quali nessun pride si era occupato organizzando partite ad hoc. Per esempio sui diritti dei lavoratori; eppure non pochi operai nei cantieri degli stadi ci hanno lasciato le penne. Ma evidentemente la fretta di rispettare i tempi di consegna fa chiudere entrambi gli occhi. Oppure degli operai non importa nulla. E qui tutto il mondo è Paese.
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