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2019-11-16
Record delle maree da 147 anni. Cacciata da San Marco una troupe
Getty
Passi la passerella dei politici, in fondo è il loro mestiere. Gli ultimi della serie, ieri, sono stati il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che ha visitato la basilica di San Marco, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà e il leader della Lega Matteo Salvini che ha passeggiato nella piazza sommersa con il governatore veneto Luca Zaia. Passi anche la selfiemania dei turisti orientali, in fondo i loro soldi danno da mangiare a mezza Venezia. Ma che sull'acqua alta si fiondasse anche una produzione cinematografica, questo mai.
Nell'acqua grigia in cui si specchiavano le Procuratie si sono materializzati Stefano Accorsi e Valeria Golino assieme a comparse e una troupe cinematografica, proprio nelle fasi in cui l'acqua alta stava salendo sopra le caviglie. La loro presenza per girare alcune scene di un film in un momento così difficile per la città ha causato malumori e proteste. Anche se avevano i permessi e le galosce, sono stati allontanati. «C'è anche qualcuno che vorrebbe girare un film, li abbiamo mandati via, anche questi. Non c'è di peggio che la speculazione in questi momenti», ha brontolato il sindaco Luigi Brugnaro.
Alluvione giorno quarto. Sotto un cielo plumbeo la tragedia della Serenissima non è ancora uscita dall'emergenza. Alle 11.26 la marea ha raggiunto il picco: 154 centimetri alla Punta della Salute, 149 sull'isola di Burano, 146 a Chioggia, che vive difficoltà non inferiori a quelle di Venezia. Le previsioni erano ancora peggiori, si temeva che l'acqua alta superasse il metro e 60. In Piazza San Marco il mare toccava i fianchi, il centro storico era sommerso per il 70%. La piena è altissima e senza precedenti in anni a noi vicini: è dal 1872 (147 anni) che non si presentavano due acque alte sopra i 150 centimetri nello stesso anno. E in questo 2019 si sono succedute nello stretto arco di una settimana. E mai dal 1872 si sono verificate tre maree superiori ai 140 centimetri: ora è accaduto in appena quattro giorni, 187 martedì, 144 mercoledì, 154 ieri.
I numeri sono freddi. Ma viene il gelo a sentire i racconti della gente normale, che vive in case vecchie di secoli, semplici, dove l'elettricità arriva con fili volanti e la vita è ritmata dall'estro del mare. Per chi vive a Chioggia o sull'isola di Pellestrina, dove sono morte due persone, è stato uno tsunami. Nelle case a pian terreno c'era un metro d'acqua. C'è gente che ha accatastato i mobili contro porte e finestre per tentare di contrastare la violenza dell'acqua, che però risaliva dagli scarichi dei wc come fosse una fontana, da sotto il pavimento, dalle fessure dei muri. Migliaia di persone in un attimo hanno perso frigoriferi, lavastoviglie, mobili, armadi con tutto quello che contenevano. Porte e finestre sono state spaccate dai detriti trascinati dalla corrente, le barche hanno rotto gli ormeggi e sono andate a sbattere contro le rive per la forza del vento e la furia dell'acqua. È per soccorrere queste persone e le attività economiche che il governo ha stanziato i primi 20 milioni di euro. Brugnaro ha parlato di danni per 1 miliardo di euro soltanto per il primo giorno di piena, il più drammatico. «È più che ovvio che i 20 milioni stanziati dal governo servono forse solo per Piazza San Marco», gli ha fatto eco Salvini.
Le sirene sono suonate alle 6.39, prima dell'alba. Il patriarca, monsignor Francesco Moraglia, ha fatto chiudere la basilica di San Marco mentre la Fondazione civici musei ha sbarrato l'ingresso del Palazzo Ducale. Alle 9.20 del mattino il sindaco, nominato ieri commissario per l'emergenza, ha transennato anche Piazza San Marco e interdetto il passaggio di cittadini e turisti: «Sono ora costretto a far chiudere la piazza per ogni evenienza, in maniera tale di non mettere a rischio l'incolumità delle persone», ha detto in un video diffuso su Twitter. «Anche oggi siamo in prima linea per affrontare la marea eccezionale», ha aggiunto in un successivo tweet. Sono tanti i cittadini, titolari di attività e dipendenti che mi fermano per raccontarmi le difficoltà. Con orgoglio, coraggio e umiltà lavoriamo per far ripartire la città. Siamo resilienti: insieme ce la faremo».
La circolazione dei vaporetti è stata sospesa in tutto il centro storico di Venezia, tranne quelli che garantiscono i collegamenti con le isole, e anche le scuole sono rimaste chiuse per il terzo giorno consecutivo. A metà pomeriggio l'allarme ha cominciato a ridursi lentamente, come a poco a poco è sceso anche il livello dell'acqua. Il trasporto pubblico è ripreso, sono state riposizionate le passerelle e anche Piazza San Marco è stata riaperta al transito. Per oggi la Protezione civile ha emesso un'allerta rossa sul Veneto centro settentrionale, mentre sul resto della regione l'allerta è gialla: per Venezia si profila una tregua.
Di Maio colpevolizza tutti per cercare di nascondere la crisi del Movimento
Taranto e Bologna spaventano il M5s, sempre meno Movimento e sempre più partito. E allora al suo leader Luigi Di Maio non resta che attaccare amici e nemici strumentalizzando l'acqua alta a Venezia, e puntando l'indice contro la Lega ma soprattutto contro Luca Zaia. In una diretta su Facebook, infatti, si è scagliato contro il governatore del Veneto giudicando «inopportuna» la sua presenza giovedì sera al PalaDozza di Bologna a sostegno della candidata presidente della Lega Lucia Borgonzoni con Matteo Salvini, mentre nella «Serenissima», senza alcuna serenità, l'acqua continuava a mettere paura e le polemiche sul Mose si moltiplicavano: «Non è stato bellissimo vedere il governatore della Regione Veneto, con Venezia sott'acqua, andare a festeggiare e fare campagna elettorale a Bologna dicendo 'sarei venuto anche a nuoto'. È inopportuno, se lo avesse fatto sindaco del M5s ora starebbe su tutti i quotidiani del mondo. Zaia avrebbe dovuto occuparsi dell'emergenza e spiegare come mai ha votato contro in consiglio regionale, bocciando tutte le nostre proposte sul clima».
A rispondergli a stretto giro è stata la deputata della Lega Vannia Gava, già sottosegretario all'Ambiente: «Il ministro degli Esteri ha perso l'ennesima occasione per stare zitto. Affermare come ha fatto Di Maio che la tragedia che Venezia sta subendo in queste ore sia dovuta alla non approvazione della mozione dei 5 stelle sui cambiamenti climatici dà il senso di un limite di decenza ampiamente superato. Fare l'ambientalista da strapazzo non aiuta Venezia, ma offende i veneziani e tutte le persone di buon senso. Oggi dobbiamo solo essere operativi nell'emergenza e solidali con il popolo veneziano e con le amministrazioni regionali e comunali più efficienti d'Italia».
Nel suo audio Di Maio, sempre rivolgendosi a leghisti e centrodestra ha sottolineato: «Possiamo far finta che ci sia solo Venezia in emergenza, ma chiedo alla stampa, ai media, di ricordare Matera, alcuni posti della Calabria, colpiti dal forte maltempo. A Venezia ieri c'era il centrodestra e Zaia ci ha detto che non sa perché il Mose non era finito. È veramente paradossale che dopo tanti anni, si dicano certe cose, addirittura Silvio Berlusconi se la prende con l'ex ministro Danilo Toninelli. Queste cose succedono perché non si attua la transizione energetica, perché si continuano a dare finanziamenti per le fonti fossili, che invece devono essere gradualmente dismesse».
Poi l'affondo: «La colpa il centrodestra la deve cercare al suo interno, il Mose se lo sono inventati loro, e adesso vengono a dire che è colpa del M5s. Non possiamo stare a guardare mentre ci incolpano dei danni degli ultimi 30 anni, siamo al governo solo da 18 mesi». Infine, da ministro degli Esteri ha annunciato che «manderò una lettera alle ambasciate nel mondo e ai nostri ambasciatori perché promuovano iniziative per sostenere Venezia. Sono certo che vedremo un grande riscontro di solidarietà che verrà da tutto il mondo».
Poi però l'ex vicepremier, dimenticando che proprio un anno fa assicurò che «il caso Arcelor Mittal era risolto e il lavoro era salvo», ha commentato: «Non c'entra nulla lo scudo, c'entra il fatto che qui qualcuno vuole fare il furbo. Non possiamo accettare che, dall'oggi al domani, se ne vanno. Non posso accettare la campagna stampa contro i 5 stelle sullo scudo». E poi: «Il sistema è contro il Movimento». Nel frattempo, mentre il senatore pentastellato Ugo Grassi ha annunciato il suo abbandono del M5s, Di Maio se l'è presa anche con i suoi dicendo fuori dai denti: «Il Movimento non è un partito e non lo diventerà mai. Chi lo vuole trasformare in partito se ne vada. Ne nasce uno ogni giorno, oggi quello di Carlo Calenda». Noi dobbiamo rilanciare con gli attivisti e non nei palazzi, dove si parla un politichese insopportabile». Parola di leader, spaventato dal calo dei consensi.
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Quarto giorno di alluvione. Centro storico sommerso per il 70% e chiuso fino al pomeriggio. Passerella di politici, ma le cineprese di Stefano Accorsi urtano i veneziani. Luigi Brugnaro: «Non c'è di peggio che la speculazione».Luigi Di Maio attacca Luca Zaia. E sbotta: «L'emergenza non è solo in laguna, maltempo anche a Matera».Lo speciale contiene due articoli.Passi la passerella dei politici, in fondo è il loro mestiere. Gli ultimi della serie, ieri, sono stati il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che ha visitato la basilica di San Marco, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà e il leader della Lega Matteo Salvini che ha passeggiato nella piazza sommersa con il governatore veneto Luca Zaia. Passi anche la selfiemania dei turisti orientali, in fondo i loro soldi danno da mangiare a mezza Venezia. Ma che sull'acqua alta si fiondasse anche una produzione cinematografica, questo mai. Nell'acqua grigia in cui si specchiavano le Procuratie si sono materializzati Stefano Accorsi e Valeria Golino assieme a comparse e una troupe cinematografica, proprio nelle fasi in cui l'acqua alta stava salendo sopra le caviglie. La loro presenza per girare alcune scene di un film in un momento così difficile per la città ha causato malumori e proteste. Anche se avevano i permessi e le galosce, sono stati allontanati. «C'è anche qualcuno che vorrebbe girare un film, li abbiamo mandati via, anche questi. Non c'è di peggio che la speculazione in questi momenti», ha brontolato il sindaco Luigi Brugnaro.Alluvione giorno quarto. Sotto un cielo plumbeo la tragedia della Serenissima non è ancora uscita dall'emergenza. Alle 11.26 la marea ha raggiunto il picco: 154 centimetri alla Punta della Salute, 149 sull'isola di Burano, 146 a Chioggia, che vive difficoltà non inferiori a quelle di Venezia. Le previsioni erano ancora peggiori, si temeva che l'acqua alta superasse il metro e 60. In Piazza San Marco il mare toccava i fianchi, il centro storico era sommerso per il 70%. La piena è altissima e senza precedenti in anni a noi vicini: è dal 1872 (147 anni) che non si presentavano due acque alte sopra i 150 centimetri nello stesso anno. E in questo 2019 si sono succedute nello stretto arco di una settimana. E mai dal 1872 si sono verificate tre maree superiori ai 140 centimetri: ora è accaduto in appena quattro giorni, 187 martedì, 144 mercoledì, 154 ieri.I numeri sono freddi. Ma viene il gelo a sentire i racconti della gente normale, che vive in case vecchie di secoli, semplici, dove l'elettricità arriva con fili volanti e la vita è ritmata dall'estro del mare. Per chi vive a Chioggia o sull'isola di Pellestrina, dove sono morte due persone, è stato uno tsunami. Nelle case a pian terreno c'era un metro d'acqua. C'è gente che ha accatastato i mobili contro porte e finestre per tentare di contrastare la violenza dell'acqua, che però risaliva dagli scarichi dei wc come fosse una fontana, da sotto il pavimento, dalle fessure dei muri. Migliaia di persone in un attimo hanno perso frigoriferi, lavastoviglie, mobili, armadi con tutto quello che contenevano. Porte e finestre sono state spaccate dai detriti trascinati dalla corrente, le barche hanno rotto gli ormeggi e sono andate a sbattere contro le rive per la forza del vento e la furia dell'acqua. È per soccorrere queste persone e le attività economiche che il governo ha stanziato i primi 20 milioni di euro. Brugnaro ha parlato di danni per 1 miliardo di euro soltanto per il primo giorno di piena, il più drammatico. «È più che ovvio che i 20 milioni stanziati dal governo servono forse solo per Piazza San Marco», gli ha fatto eco Salvini.Le sirene sono suonate alle 6.39, prima dell'alba. Il patriarca, monsignor Francesco Moraglia, ha fatto chiudere la basilica di San Marco mentre la Fondazione civici musei ha sbarrato l'ingresso del Palazzo Ducale. Alle 9.20 del mattino il sindaco, nominato ieri commissario per l'emergenza, ha transennato anche Piazza San Marco e interdetto il passaggio di cittadini e turisti: «Sono ora costretto a far chiudere la piazza per ogni evenienza, in maniera tale di non mettere a rischio l'incolumità delle persone», ha detto in un video diffuso su Twitter. «Anche oggi siamo in prima linea per affrontare la marea eccezionale», ha aggiunto in un successivo tweet. Sono tanti i cittadini, titolari di attività e dipendenti che mi fermano per raccontarmi le difficoltà. Con orgoglio, coraggio e umiltà lavoriamo per far ripartire la città. Siamo resilienti: insieme ce la faremo».La circolazione dei vaporetti è stata sospesa in tutto il centro storico di Venezia, tranne quelli che garantiscono i collegamenti con le isole, e anche le scuole sono rimaste chiuse per il terzo giorno consecutivo. A metà pomeriggio l'allarme ha cominciato a ridursi lentamente, come a poco a poco è sceso anche il livello dell'acqua. Il trasporto pubblico è ripreso, sono state riposizionate le passerelle e anche Piazza San Marco è stata riaperta al transito. Per oggi la Protezione civile ha emesso un'allerta rossa sul Veneto centro settentrionale, mentre sul resto della regione l'allerta è gialla: per Venezia si profila una tregua.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/record-delle-maree-da-147-anni-cacciata-da-san-marco-una-troupe-2641358099.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="di-maio-colpevolizza-tutti-per-cercare-di-nascondere-la-crisi-del-movimento" data-post-id="2641358099" data-published-at="1765819262" data-use-pagination="False"> Di Maio colpevolizza tutti per cercare di nascondere la crisi del Movimento Taranto e Bologna spaventano il M5s, sempre meno Movimento e sempre più partito. E allora al suo leader Luigi Di Maio non resta che attaccare amici e nemici strumentalizzando l'acqua alta a Venezia, e puntando l'indice contro la Lega ma soprattutto contro Luca Zaia. In una diretta su Facebook, infatti, si è scagliato contro il governatore del Veneto giudicando «inopportuna» la sua presenza giovedì sera al PalaDozza di Bologna a sostegno della candidata presidente della Lega Lucia Borgonzoni con Matteo Salvini, mentre nella «Serenissima», senza alcuna serenità, l'acqua continuava a mettere paura e le polemiche sul Mose si moltiplicavano: «Non è stato bellissimo vedere il governatore della Regione Veneto, con Venezia sott'acqua, andare a festeggiare e fare campagna elettorale a Bologna dicendo 'sarei venuto anche a nuoto'. È inopportuno, se lo avesse fatto sindaco del M5s ora starebbe su tutti i quotidiani del mondo. Zaia avrebbe dovuto occuparsi dell'emergenza e spiegare come mai ha votato contro in consiglio regionale, bocciando tutte le nostre proposte sul clima». A rispondergli a stretto giro è stata la deputata della Lega Vannia Gava, già sottosegretario all'Ambiente: «Il ministro degli Esteri ha perso l'ennesima occasione per stare zitto. Affermare come ha fatto Di Maio che la tragedia che Venezia sta subendo in queste ore sia dovuta alla non approvazione della mozione dei 5 stelle sui cambiamenti climatici dà il senso di un limite di decenza ampiamente superato. Fare l'ambientalista da strapazzo non aiuta Venezia, ma offende i veneziani e tutte le persone di buon senso. Oggi dobbiamo solo essere operativi nell'emergenza e solidali con il popolo veneziano e con le amministrazioni regionali e comunali più efficienti d'Italia». Nel suo audio Di Maio, sempre rivolgendosi a leghisti e centrodestra ha sottolineato: «Possiamo far finta che ci sia solo Venezia in emergenza, ma chiedo alla stampa, ai media, di ricordare Matera, alcuni posti della Calabria, colpiti dal forte maltempo. A Venezia ieri c'era il centrodestra e Zaia ci ha detto che non sa perché il Mose non era finito. È veramente paradossale che dopo tanti anni, si dicano certe cose, addirittura Silvio Berlusconi se la prende con l'ex ministro Danilo Toninelli. Queste cose succedono perché non si attua la transizione energetica, perché si continuano a dare finanziamenti per le fonti fossili, che invece devono essere gradualmente dismesse». Poi l'affondo: «La colpa il centrodestra la deve cercare al suo interno, il Mose se lo sono inventati loro, e adesso vengono a dire che è colpa del M5s. Non possiamo stare a guardare mentre ci incolpano dei danni degli ultimi 30 anni, siamo al governo solo da 18 mesi». Infine, da ministro degli Esteri ha annunciato che «manderò una lettera alle ambasciate nel mondo e ai nostri ambasciatori perché promuovano iniziative per sostenere Venezia. Sono certo che vedremo un grande riscontro di solidarietà che verrà da tutto il mondo». Poi però l'ex vicepremier, dimenticando che proprio un anno fa assicurò che «il caso Arcelor Mittal era risolto e il lavoro era salvo», ha commentato: «Non c'entra nulla lo scudo, c'entra il fatto che qui qualcuno vuole fare il furbo. Non possiamo accettare che, dall'oggi al domani, se ne vanno. Non posso accettare la campagna stampa contro i 5 stelle sullo scudo». E poi: «Il sistema è contro il Movimento». Nel frattempo, mentre il senatore pentastellato Ugo Grassi ha annunciato il suo abbandono del M5s, Di Maio se l'è presa anche con i suoi dicendo fuori dai denti: «Il Movimento non è un partito e non lo diventerà mai. Chi lo vuole trasformare in partito se ne vada. Ne nasce uno ogni giorno, oggi quello di Carlo Calenda». Noi dobbiamo rilanciare con gli attivisti e non nei palazzi, dove si parla un politichese insopportabile». Parola di leader, spaventato dal calo dei consensi.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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