2025-04-25
L’Ue tira dritto sul riarmo nonostante l’Eurocamera. Lite sui fondi per la difesa
Voto Edip (Alain Rolland/EP)
Procedura d’urgenza bocciata, la Commissione fa spallucce: «Momento particolare». Primo sì ai soldi per gli acquisti militari, ma parte la polemica: «Sono troppo pochi».In Europa si discute sui criteri di ammissibilità dei progetti che potranno beneficiare della dotazione finanziaria aggiuntiva di 1,5 miliardi di euro del bilancio Ue nel periodo 2025-2027, attraverso appalti congiunti, per rafforzare l’industria di difesa dell’Unione. Ma di questi soldi c’è solo promessa, nessuna certezza. E la dotazione già appare del tutto insufficiente. «Non bastano per nulla», ha affermato Ivars Ijabs, eurodeputato di Renew. La Commissione ha proposto di trasferire i fondi dei programmi esistenti all’industria della difesa, compresi i fondi originariamente destinati alla politica di coesione o alle tecnologie a duplice uso. Giovedì mattina, il Programma per l’industria europea della difesa Ue (Edip) è stato approvato (70 deputati hanno votato a favore, 46 contro e 8 si sono astenuti) dalle commissioni Industria e Difesa dell’Eurocamera. Il piano prevede acquisti congiunti per almeno il 40% delle armi entro il 2030 e appalti comuni e misure per garantire che, entro il 2030, almeno il 35% dell’intero valore del mercato sia in Ue.Il via libera è arrivato dalla maggioranza dei Popolari, dei liberali e dei socialisti europei, mentre per l’Italia hanno dato parere positivo solo i tre esponenti di sinistra Lucia Annunziata, Nicola Zingaretti e Giorgio Gori. «Il Pd è l’unica forza politica responsabile e pragmatica dello scacchiere italiano a comprendere che le sfide dell’integrazione europea e dei suoi settori strategici non sono più procrastinabili», ha subito gongolato l’eurodeputata dem e vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno. Sugli acquisti non si dichiara d’accordo la Lega che ha votato contro. È una «proposta squilibrata, pericolosa per l’interesse nazionale e per il bilancio», ha dichiarato Paolo Borchia, capo delegazione Lega al Parlamento Ue, coordinatore Patriots in commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia (Itre). «Siamo contrari a un’impennata di spesa militare in un contesto economico in cui famiglie e imprese attendono risposte concrete: da un’iniziale proposta della Commissione di 1,5 miliardi, il Parlamento è arrivato a proporre oltre 21 miliardi di fondi Ue per la difesa, senza neppure fornire garanzie di ritorno per Paesi come l’Italia. Una scelta irresponsabile», l’ha definita. Borchia afferma che «non può e non deve essere Bruxelles a definire programmi, priorità e criteri, lasciando agli Stati membri un ruolo marginale: questa governance svuota il principio di sovranità nazionale». Si vuole introdurre il principio «acquista europeo» in base al quale l’Edip dovrebbe finanziare solo i prodotti in cui il costo dei componenti realizzati nell’Ue rappresenti almeno il 70% del valore stimato del prodotto finale, ma questo mette a rischio gli interessi italiani, sostiene il capo delegazione Lega. «L’introduzione di una “preferenza europea” che impone soglie minime di contenuto europeo nei prodotti finanziati rischia di penalizzare le filiere industriali italiane, che spesso collaborano con partner esterni all’Ue, riducendone la competitività», è il rilievo che ha mosso.Contrari al testo si sono dichiarati anche gli eurodeputati di Forza Italia, non presenti in Aula ma che hanno delegato i colleghi popolari polacchi a sostituirli al voto. L’eurodeputata forzista Letizia Moratti ha espresso ai colleghi una posizione nettamente contraria al testo di accordo, ritenuto poco vantaggioso per le industrie italiane. Preoccupazioni condivise anche degli esponenti di Fdi, rappresentati in aula da Elena Donazzan che si è schierata contro al testo. «Siamo davanti a un provvedimento vergognoso che facilita il commercio di armi all’interno dell’Unione, creando una corsa al ribasso sugli standard normativi e umanitari», ha tuonato sui social il pentastellato Dario Tamburrano, dopo aver votato contro il regolamento Edip che ha definito «l’avvio del processo di militarizzazione dell’economia europea».Mentre si discute di finanziamenti per la difesa e dei criteri in base ai quali ripartirli, clamorosamente passa sotto silenzio il laconico commento della Commissione europea sulla bocciatura del suo operato da parte del garante della correttezza giuridica dell’Unione. La commissione Affari giuridici (Juri) del Parlamento europeo si è infatti espressa contro l’utilizzo dell’articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) da parte di Ursula von der Leyen, per approvare e adottare lo strumento Safe. Un piano da 800 miliardi di euro in prestiti agli Stati membri nel quadro di ReArm, ribattezzato Readiness 2030, Prontezza 2030. Uno stratagemma denunciato come inaccettabile dall’ufficio legale del Parlamento europeo, perché non ricorrevano le condizioni di emergenza per ricorrere a quell’articolo, evitando il voto dell’Eurocamera sul piano di riarmo. «Siamo informati del voto», ha detto ieri un portavoce della Commissione. Per poi aggiungere: «Noi non abbiamo un commento da fare ma ricordiamo che lo strumento proposto per la difesa è stato avanzato per un serio rischio sulla sicurezza. Nelle sue linee guide la presidente ha specificato che l’uso dell’articolo 122 sarebbe stato effettuato solo per circostanze eccezionali ed è quelle in cui ci troviamo».Il messaggio invece era chiaro, le scorciatoie sono ammesse. Per l’eurodeputata della Lega, Susanna Ceccardi, «la commissione Juri ha dimostrato come Bruxelles si stia trasformando in un centro di potere opaco: impone scelte strategiche senza alcun passaggio democratico e senza il coinvolgimento dell’Europarlamento».
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.