2022-08-25
Cingolani non lo dice ma il razionamento del gas è già iniziato. Peccato non basti
Roberto Cingolani (Imagoeconomica)
Il metano sfonda 300 euro/MWh. Da noi imprese e famiglie hanno già ridotto i consumi, ma senza il flusso russo saranno guai seri.Mercati ancora in grande tensione, ieri, con il future gas di settembre al Ttf salito al record di 302.99 €/MWh, per chiudere poi a 290.91 €/MWh, e quello per l’energia elettrica con consegna 2023 in Germania che ha chiuso a 680 €/MWh. Le aspettative di un taglio definitivo delle forniture dalla Russia continuano dunque a fare il prezzo europeo, su un mercato che, come abbiamo spiegato, fa acqua da tutte le parti.Dal punto di vista delle forniture fisiche di gas, la situazione del nostro Paese è migliore di altre, ma è una ben magra consolazione. Rispetto al Nord Europa, l’Italia gode di una maggiore diversificazione dei fornitori: cinque sono i gasdotti che portano in Italia la materia prima originata in cinque Paesi diversi (Russia, Azerbaigian, Norvegia, Libia, Algeria). Data la progressiva diminuzione dei volumi di gas dalla Russia, decisa politicamente dall’Unione europea pur senza un atto formale sanzionatorio, il maggiore fornitore dell’Italia è oggi l’Algeria. Ieri, su un totale di 165 milioni di metri cubi importati nel nostro Paese (escluso Lng), quasi 70 provenivano dall’Algeria (il 42%). Il gas dalla Russia, via Tarvisio, ammontava ieri a 39,5 milioni di metri cubi (il 23,8% del totale importato). La produzione nazionale immessa è stata ieri di 8,7 milioni di metri cubi.Le importazioni coprono il consumo attuale (circa 134 milioni di metri cubi al giorno) e le necessità di stoccaggio (ieri sono stati immagazzinati 63 milioni di metri cubi). Gli stoccaggi italiani si stanno progressivamente riempiendo (oggi siamo al 79,5% della capacità). Come detto, le minori importazioni dalla Russia sono state compensate da maggior flussi dall’Algeria, ma anche dalla Norvegia e da un utilizzo quasi al 100% della capacità di rigassificazione, fino a pochi mesi fa sottoutilizzata. Questi dati indicano che un piano di razionamento attuato ora non avrebbe effetti sul piano del rifornimento fisico, perché le importazioni attuali permettono di riempire gli stoccaggi e di fornire i consumatori, ma avrebbe effetto sui prezzi, perché essendoci più gas invenduto ciò contribuirebbe a farli scendere.I dati italiani non lasciano comunque tranquilli per due motivi. Il primo è il rischio, molto concreto, che in autunno venga a mancare totalmente il gas dalla Russia, cosa che creerebbe un buco nel nostro approvvigionamento tra i 20 e i 30 milioni di metri cubi/giorno. Pur immaginando che qualcosa in più si riesca ad importare dagli altri Paesi, ciò non basterebbe a coprire la curva dei consumi invernali. I nuovi rigassificatori entreranno in funzione, infatti, solo a metà del prossimo anno, se tutto va bene. Sono proprio le aspettative di un taglio totale del gas russo a mantenere alti i prezzi, come abbiamo visto.Il secondo motivo è che già oggi in realtà i consumi di gas sono più bassi rispetto agli anni passati: le attuali importazioni coprono un fabbisogno già ridotto per via della domanda industriale e civile in netto calo (rispettivamente -9% e -5,5% circa rispetto al 2021). Calo determinato dai prezzi proibitivi per molte aziende, che hanno ridotto o sospeso la produzione. Che i consumi industriali siano in diminuzione è testimoniato anche dal maggiore ricorso alla cassa integrazione straordinaria nel periodo gennaio-luglio di quest’anno, che è salita di oltre il 45% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Proprio questo è un tema fondamentale collegato al piano di razionamenti, che ieri Mario Draghi, intervenuto al Meeting di Rimini, con sobrio eufemismo ha chiamato «risparmi». Se si dovessero fermare le attività industriali, sarà anche necessario un sostegno al reddito dei lavoratori. Due giorni fa il ministro Roberto Cingolani ha annunciato la presentazione del piano di «risparmi» e di «simulazioni per i diversi scenari» per i primi giorni di settembre, mentre la Germania si è portata avanti e ieri ha approvato un ulteriore pacchetto di misure per la riduzione dei consumi di un altro 2,5%. Le disposizioni approvate prevedono, tra le altre cose, obbligo di spegnere vetrine e insegne commerciali di notte, acqua soltanto fredda in palazzi e uffici pubblici, temperature massime di 19° in aziende e uffici, porte di ingresso sempre chiuse in esercizi commerciali, aziende e uffici.In merito al tetto al prezzo del gas, ieri il presidente di Enea, Gilberto Dialuce, ha spiegato in una intervista che il tetto nazionale ai prezzi dell’energia non è un’opzione praticabile. Anche quanto sta succedendo in Francia può aiutare a capire perché. Il presidente Emmanuel Macron ha imposto un tetto del 4% ai rincari dell’energia elettrica per i consumatori fino alla fine dell’anno. In questo modo i consumatori, però, non hanno disincentivi all’uso di energia: il risultato è che il consumo francese non cala mentre la produzione, in difficoltà a coprire i consumi, offre prezzi all’ingrosso alti. Dunque, la Francia è importatore netto di energia dai Paesi limitrofi (in alcune ore anche dall’Italia) e la domanda francese contribuisce a tenere alti i prezzi all’ingrosso, che colpiscono i consumatori europei ma non quelli transalpini. Ecco perché i tetti nazionali ai prezzi non funzionano: creano distorsioni, soprattutto in mercati fortemente connessi.In assenza di nuovi volumi di gas, se per scelta politica non si ritiene di negoziare con la Russia un ritorno ai flussi di gas antecedenti, il prossimo inverno si preannuncia assai difficile, con prospettive economiche gravi, soprattutto in Germania, cui la nostra economia è strettamente collegata.
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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