2023-01-09
«Ratzinger trattato senza il rispetto dovuto a un Pontefice»
Nel riquadro Aldo Maria Valli (Ansa)
Il vaticanista Aldo Maria Valli: «Funerali sbrigativi e irriguardosi per non fare ombra a Francesco. Che non ascolterà chi chiede “santo subito”».La morte di papa Benedetto XVI, le critiche alle scelte della Santa Sede relative alle esequie, i prossimi passi di papa Francesco. Ecco il giudizio di Aldo Maria Valli, vaticanista e curatore di un blog molto seguito sul Web, Duc in altum.Lei ha duramente criticato il cerimoniale delle esequie. Per esempio, il feretro di Benedetto XVI è stato portato in basilica quasi di nascosto e in assenza di rappresentanti ufficiali della Santa Sede. Che cosa c’è dietro questo atteggiamento?«Se si ritiene che Benedetto XVI sia stato Papa emerito, quindi Papa, il modo in cui è avvenuta la traslazione della salma è inaccettabile. Il tragitto dal monastero alla basilica di San Pietro è avvenuto quasi furtivamente». A che cosa si riferisce?«Le spoglie di Benedetto XVI sono state collocate a bordo di un anonimo furgone usato per il trasporto delle merci. Al corteo funebre, formato da monsignor Gänswein e dalle memores, non è intervenuto nemmeno un rappresentante della Santa Sede. Il feretro è entrato in basilica da un ingresso secondario. In Vaticano non è stato proclamato il lutto e le bandiere non sono state esposte a mezz’asta. E mercoledì, con il corpo del Papa emerito a pochi metri di distanza, Francesco ha tenuto l’udienza settimanale come se nulla fosse». Come lo spiega?«Capisco che il tutto costituiva una prima volta e capisco anche l’esigenza della sobrietà, chiesta dallo stesso Benedetto XVI, ma mi sembra che ci sia stata una mancanza di rispetto. Tutto ciò è nato dalla necessità di non fare ombra al Papa regnante. Atteggiamento che però ha ottenuto l’effetto contrario».La messa funebre è stata più veloce di quanto previsto dallo stesso cerimoniale vaticano. Voglia di voltare rapidamente pagina?«Anche in questo caso ci si è trovati di fronte a una prima volta, che ha trovato gli stessi liturgisti e canonisti alquanto incerti sul da farsi. Tutti i presenti hanno comunque avuto la sensazione di una celebrazione frettolosa: non tanto un omaggio e l’estremo saluto a un grande Papa, ma un’incombenza della quale liberarsi prima possibile. Non fosse stato per la grande affluenza di fedeli, tutto si sarebbe svolto all’insegna di una estrema freddezza. La stessa omelia di Francesco è apparsa distaccata, priva di slancio e di pathos. Ricordo ancora la bellissima omelia di Benedetto XVI nella messa esequiale per “il compianto e amato” Giovanni Paolo II. Da Francesco, per papa Ratzinger, nulla di simile». Il giorno dopo le esequie, papa Francesco ha annunciato la riforma del Vicariato di Roma nel segno di una maggiore presenza del Pontefice alla guida della diocesi. È un modo anche questo per distogliere l’attenzione mediatica da Ratzinger? O risponde all’esigenza di definire più strettamente il ruolo del Papa come vescovo di Roma?«Il documento è infarcito di parole alla moda quali sinodalità, pastorale, collegialità, discernimento, ma nella sostanza rafforza il ruolo del Papa come controllore. Qualcuno ha parlato di commissariamento del Vicariato. Non penso che si tratti di un modo per distogliere l’attenzione da Ratzinger: non è con un provvedimento di questo genere che si può raggiungere un tale obiettivo. Vedo piuttosto il desiderio del Papa di prendere in mano una situazione, quella diocesi di Roma, segnata da tanti problemi, non ultimo il caso Rupnik. Il cardinal vicario De Donatis, voluto proprio da Bergoglio, è caduto in disgrazia e Francesco mette nero su bianco che d’ora in poi dovrà fare riferimento in tutto e per tutto al papa. In ballo c’è anche la gestione economica».Che cosa ci dicono le migliaia di persone che hanno reso omaggio a Benedetto XVI?«Ci dicono che il Ratzinger dipinto dai mass media, ovvero il “pastore tedesco” arcigno e insensibile, non aveva alcuna relazione con il Ratzinger amato dalla gente, apprezzato come difensore della fede, uomo mite ma anche combattente, ultimo baluardo contro la manipolazione dottrinale, gli abusi liturgici e il trionfo del relativismo morale. Davanti alle telecamere si è visto l’omaggio di un popolo che ha voluto bene a Benedetto XVI e non si è lasciato influenzare dalle interpretazioni tendenziose del suo insegnamento e da certi ritratti ingiusti. Benedetto XVI è stato vittima di una colossale operazione di disinformazione, ma i fedeli non ci sono cascati e lo hanno dimostrato con il loro omaggio pieno di affetto e di stima». Ha definito «sciagurata» la rinuncia di Ratzinger e l’invenzione della figura del Papa emerito. Perché?«Sciagurata perché, sebbene il Codice di diritto canonico la preveda, ritengo che Pietro non debba scendere dalla croce cedendo a una visione funzionalista del Papa e del pontificato. Il Papa non è l’amministratore delegato di una società. Con la rinuncia, il suo ruolo è stato burocratizzato e la figura papale è stata secolarizzata. Inoltre è stata introdotta una dicotomia inaccettabile: non può esistere un Pietro governante e un Pietro orante. Né si può pretendere di continuare a essere Papa smettendo però di fare il Papa. La figura del Papa emerito è un monstrum. L’esperimento del papato emerito è fallito sotto ogni punto di vista. Al di là dell’ipocrisia curiale, dei sorrisi e degli abbracci, sono emerse tutte le differenze tra i due Papi, fino all’incompatibilità, e tra i fedeli si è venuta a creare inevitabilmente una polarizzazione».Le risulta che papa Francesco stia studiando un modo per istituzionalizzare questa figura, magari tenendo ben lontani dal Vaticano i futuri Papi emeriti?«Alcuni ricercatori e canonisti del Dipartimento di scienze giuridiche dell’università di Bologna sono all’opera con un progetto che si propone di fornire una cornice giuridica al papato emerito, ma anche di meglio precisare il concetto di sede impedita. Le lacune normative sono molte, le questioni da affrontare quanto mai complesse. Non risulta però che in Vaticano siano in corso studi specifici. Papa Francesco nell’intervista al quotidiano spagnolo Abc ha detto di aver già firmato le sue “dimissioni” in caso di “impedimento per motivi di salute” e di aver consegnato il documento all’allora segretario di Stato, cardinale Bertone. Poi ha aggiunto: “Non so a chi l’abbia dato il cardinale Bertone”».Sbrigativo...«Un modo molto vago e superficiale di affrontare una questione delicata. In questo modo ha dato un altro contributo alla secolarizzazione del Papa e del papato, come se parlassimo di una qualunque funzione di tipo burocratico-amministrativo e non della roccia su cui Gesù ha voluto fondare la Chiesa».Senza la presenza di Benedetto, Francesco avrà meno remore nell’introdurre nuove riforme? Quali potrebbero essere?«Non credo che Francesco abbia mai avuto remore di questo tipo. La prova l’abbiamo avuta con il motu proprio Traditionis custodes che ha di fatto sconfessato il Summorum Pontificum di papa Ratzinger».Le dimissioni di Francesco sono davvero più vicine?«Nulla lo lascia pensare. Se da un lato ha detto di aver consegnato quel foglio a Bertone, dall’altro ha detto che si governa con la testa, non con il ginocchio. Il che fa capire che, al momento, per quanto abbia problemi di deambulazione e sia spesso costretto sulla sedia a rotelle, non sta pensando a una rinuncia». Ha scritto che chi non appartiene alle tifoserie dei «bergogliani» e dei «ratzingeriani» e cerca soltanto di analizzare la situazione vede qualcosa di sconvolgente. Che cosa vede?«Vedo, come dicevo, un papato sempre più secolarizzato, ma anche svilito. Il modo in cui Francesco ha parlato delle sue possibili “dimissioni”, quasi come se si trattasse di una chiacchiera da bar, e poi il modo in cui sono state trattate le spoglie mortali di Benedetto XVI, all’insegna quasi della sciatteria, mi hanno procurato forte disagio. Al vertice della Chiesa si è perso il senso della dignità di Pietro e del suo primo dovere: confermare i fratelli nella fede. Oggi Pietro insegue il mondo e gioca a fare il cappellano delle organizzazioni globaliste: nulla che abbia a che fare con la sua vera missione. Di fronte a un simile spettacolo qualcuno ha visto in Benedetto XVI l’ultimo salvagente al quale attaccarsi nel mare in tempesta. Ma anche Benedetto XVI, purtroppo, è espressione di quello spirito del Concilio che ha condotto all’apostasia. Ha cercato, è vero, di difendere la tradizione, ma la sua adesione al Concilio, e l’idea che le aberrazioni siano nate da una lettura distorta del Concilio e non dal Concilio stesso, lo rendono compartecipe del disastro. Mi spiace dirlo, perché sotto molti aspetti ho stimato molto il Ratzinger teologo e il Ratzinger papa, ma questa, per quanto spiacevole, è la realtà».Benedetto XVI ascoltò il grido dei fedeli che volevano Giovanni Paolo II «santo subito». Francesco farà altrettanto?«Non credo. Francesco agisce sul piano politico. Ogni sua scelta è di matrice ideologica e non si vede che interesse avrebbe, ora, a procedere con una canonizzazione di Ratzinger. Benedetto XVI agì in quel modo perché era stato il principale collaboratore di Giovanni Paolo II e aveva con lui un rapporto specialissimo. Francesco invece, al di là dei sorrisi e delle frasi sul “nonno saggio”, ha sempre sofferto la presenza di Benedetto XVI e l’allungarsi dell’ombra di Ratzinger sul suo regno».
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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