2023-09-22
Foa, Citro, Prestininzi. Insulti e diffamazione per chi non segue la dottrina dominante
Marcello Foa (Getty Images)
Vietato avere idee: il giornalista ospita un medico no vax e viene umiliato. Il geologo del Ponte di Messina deriso perché no green. Pensavamo di avere visto il peggio nei giorni bui dell’emergenza sanitaria, ma ci sbagliavamo, e della grossa. Il peggio è qui, è ora e prende corpo nello svergognato rettilario dell’informazione sedicente liberale e democratica che da giorni fa scempio della democrazia e offende la libertà e l’intelligenza degli italiani. Ci saremmo augurati, con un governo di destra, di non vedere nulla del genere, ma di questi tempi la speranza è come l’omonimo ex ministro: inutile e irritante. Motivo per cui ci tocca assistere al disgustoso spettacolo dell’ignavia a mezzo stampa, alla trasformazione del giornalismo in sospensorio del potere e alla celebrazione della prigionia mentale. Tutto perché in Rai è accaduta una cosa sconvolgente: un giornalista si è permesso di dare spazio a due opinioni differenti. Tale gesto incauto e inaspettato ha avuto l’impatto di una mina dentro un verminaio, causando una inusitata agitazione fra platelminti, anellidi e nematodi di varia fattura, i quali si sono precipitati a invocare censure, mordacchie, reprimende e autodafé.Sunto degli eventi: Marcello Foa ha ospitato in un programma radiofonico la nota virostar Massimo Galli e il dottor Massimo Citro Della Riva. A suscitare una prima ondata di brivido, terrore e raccapriccio è stato il fatto che Citro fosse uno dei medici sospesi durante le grandi purghe del Covid. E già questo è piuttosto indicativo: tra Citro, ex sospeso per ostilità al green pass, e Galli, indagato per aver «turbato con promesse e collusioni» un concorso da professore, davvero l’impresentabile è il primo? Ma su Citro, ovviamente, ci si può accanire perché su di lui grava il marchio della infamia: no vax! E allora dagli con le prese di distanza, con gli arricciamenti di naso sdegnati e le muscolari esibizioni di intolleranza. Sulla vicenda è intervenuto ieri, tramite Repubblica, il direttore di Radio Rai 1 Francesco Pionati, uno che dichiara di avere il pluralismo nel sangue. E per fortuna, altrimenti chissà che avrebbe detto. «C’è stato un errore», dichiara Pionati in versione Nkvd sovietica. «Noi abbiamo preso le distanze, siamo intervenuti e ora c’è un monitoraggio continuo. Foa ha capito che certe cose non le può più fare, altrimenti ci saranno conseguenze». Ma certo, Foa ha fatto un errore: ha dato spazio a opinioni differenti, pensa che imbecille. Ma non lo sa, il Foa, che in Rai non è permesso? Non lo sa, il Foa, che il giornalismo sulle emittenti pubbliche va bene a patto che non rompa le scatole con la verità e il pluralismo? Evidentemente no.E infatti ora è sorvegliato speciale da Pionatovic, nuovo capo della polizia politica del regime sanitario. Il quale si permette di definire Citro «uno stregone» e «un folle», e non ha vergogna a dichiarare che Foa «ha capito che certe cose non le può più fare» e se non lo ha capito «glielo faremo capire noi». Ma esattamente che cosa Foa non dovrebbe più fare? Forse dare spazio al dibattito? E se continuasse, in che modo gli farete capire che deve smetterla? Pionatovic, sciolta ogni briglia, lo ribadisce con vigore: «Invitare i no vax non è consentito». E una persona dotata di un minimo di buon senso dovrebbe chiedersi: ma con diritto costui esercita la censura? Con quale diritto minaccia e offende, trasformando ogni parola in un pizzino? Soprattutto: ma di fronte a tanta sfacciata arroganza, perché l’Ordine dei giornalisti non interviene? Perché il governo non favella? Davvero in Italia sono sdoganate la mordacchia e l’intimidazione a mezzo stampa? Della vicenda, come sempre, esiste pure un aspetto ridicolo. Tra gli aspiranti censori si è scatenata una sorta di grottesca competizione condita da invidia e rancore. Mentre Pionati bacchettava Foa, Galli si è sorbito la reprimenda di Roberto Burioni, un altro sincero liberale. «Mi spiace molto», ha scritto sui social, «che Massimo Galli abbia partecipato a una trasmissione insieme a un medico sospeso. È, a mio giudizio, un comportamento sbagliatissimo: dove ci sono le bugie pericolose non ci deve essere la medicina seria». Il povero Galli, colpito dal castigatore di somari, ha subito assunto la posa della vittima di raggiro e ha replicato con toni lacrimevoli: «Considero, per quanto mi riguarda che si sia trattato di un’ignobile trappola, in cui sono stato usato per “giustificare” lo spazio dato al no vax. Trattandosi di Radio 1, il servizio pubblico, sono stato meno prudente di quanto sarebbe stato necessario».Certo, al cospetto di questo delirio viene da sorridere. Ma vi invitiamo a cogliere il lato inquietante della storia: medici titolati, giornalisti di lungo corso ed esponenti delle istituzioni si affannano penosamente a mostrarsi fedeli servitori della Cattedrale sanitaria, se uno chiede censura l’altro vuole più censura e via di questo passo. Il comandamento lo scandisce il solito Pionati: «Con la scienza non si scherza». Già: la religione scientifica non ammette dubbi né deviazioni. Si nota pure in un altro, surreale contenzioso che si è parallelamente sviluppato attorno alla figura di Alberto Prestininzi, geologo scelto per presiedere il comitato tecnico del ponte sullo Stretto. Angelo Bonelli dei Verdi (quello che invocava la cancellazione a norma di legge dei critici del cambiamento climatico) ringhia che Prestininzi non è adatto perché, appunto, contesta la vulgata green. E più di un giornale si accoda, martellando il professore «negazionista».Non importa che sia uno studioso più che titolato, docente alla Sapienza (che ha pure sostenuto un robusta pubblicazione da lui curata sul clima), con un curriculum piuttosto corposo. Non conta nemmeno che venga chiamato nel comitato tecnico del ponte in quanto geologo e non in virtù delle sue idee sulla transizione verde. No, non conta nulla di tutto ciò, ma basta una visione appena fuori linea per giustificarne lo svillaneggiamento.Ecco il punto in cui siamo: distaccarsi dal pensiero prevalente non è più concesso, chi osa farlo si espone al linciaggio, all’insulto, alla diffamazione. Poco importa che si tratti di Covid, di ambiente o di guerra: pensare altrimenti è vietato, porta guai. E casomai non ci fossero già abbastanza mordacchie, notiamo con piacere che ieri sono iniziati i lavori della Commissione Segre «contro l’odio» e la discriminazione: lo strumento che mancava per infierire su presunti omofobi, razzisti, intolleranti e sovranisti assortiti. In verità, di una commissione contro le discriminazioni ci sarebbe davvero bisogno: se fosse seria e non una pagliacciata, convocherebbe immediatamente i vari Burioni, Galli, Pionati e tutti quelli che negli ultimi anni hanno inveito contro i dissenzienti e provvederebbe a descriverli per quello che sono, cioè odiatori e intolleranti. Ma sappiamo bene che la commissione contro le discriminazioni non serve a fermare le discriminazioni, bensì ad alimentarle. Un po’ come il giornalismo di Pionati e soci non serve ad arricchire il dibattito ma a spegnerlo.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)