2018-08-25
Quel filosofo anarchico che ispirò Mussolini
Si torna a parlare di Max Stirner, il pensatore solitario che volle demolire tutti i valori del suo tempo e che fu criticato da Karl Marx. Nel dibattito si tace tuttavia il nome «scomodo» di uno dei suoi più accaniti lettori italiani, ovvero quello del capo del fascismo.Nel marzo del 1904, il personale della biblioteca di Ginevra imparò a fare la conoscenza di un immigrato italiano dagli occhi stralunati, che per ben 18 volte si presentò in sala consultazioni. I registri della biblioteca conservano ancora oggi la firma di quel vorace ospite: Benito Mussolini. Tra le opere consultate dal futuro duce, spiccano volumi come Nietzsche et l'immoralisme, di Alfred Fouillée, in cui il filosofo dello Zarathustra è confrontato con altre due figure centrali del panorama intellettuale «vitalista», ovvero Max Stirner e Jean-Marie Guyau, in un miscuglio, tipico dell'epoca, fra anarchismo morale e solidarismo etico. Si tratta di un'ulteriore prova della centralità della filosofia stirneriana nel Novecento. Ora L'unico e la sua proprietà, il principale libro vergato da Johann Caspar Schmidt (questo il vero nome di Stirner) viene ripubblicato da Bompiani in una nuova edizione con testo a fronte, a cura di Sossio Giametta. Si torna quindi a parlare di questo sfortunato e visionario filosofo, morto in solitudine ma destinato, post mortem, ad accendere animi a destra e sinistra. Sulla Lettura di qualche settimana fa, Donatella Di Cesare ne racconta la «fama sulfurea» e ne ricorda la stroncatura di Karl Marx. Tace, tuttavia, su un altro suo lettore illustre: Benito Mussolini, appunto. Dello stirnerismo mussoliniano si era già occupato, con un po' di snobismo, Roberto Calasso nell'appendice alla traduzione dell'Unico per Adelphi, definendo il capo del fascismo come il tipico rappresentante di quella «italietta speculativa» che accolse Stirner «secondo il modello che già si stava applicando per Nietzsche: totale incapacità di cogliere il nucleo del pensiero, effetti vistosi invece sugli “atteggiamenti", sul “costume"». Un giudizio che, come vedremo, non è però condiviso da altri commentatori. L'importanza di Stirner nell'evoluzione del pensiero di Mussolini non si misura in senso quantitativo. Nell'Opera omnia mussoliniana, l'autore dell'Unico è citato poche volte: in una conferenza del 1910, in una lettera del 1911, in un articolo uscito sull'Avanti! nel 1914 e infine in un articolo per Il Popolo d'Italia del dicembre 1919. Particolarmente degna di nota, poi, è la menzione del teorico dell'anarchismo individualista ne La filosofia della forza, precoce esegesi nicciana risalente addirittura al 1908. Qui l'eroe stirneriano è confrontato con il branco della bestia bionda: quest'ultimo costituisce già un accenno di comunità che mette in questione la solitudine del ribelle solitario: «Tuttavia, un principio di solidarietà governa le relazioni di questi biondi animali da preda. Anche i conquistatori obbediscono alle disposizioni che la collettività prende per salvaguardare gli interessi supremi della casta e questa può dirsi una prima limitazione della volontà individuale […]. L'unico non può dunque mai essere “unico" nel senso stirneriano della parola, ché la fatale legge della solidarietà lo piega e lo vince». A proposito del rapporto tra Mussolini e lo stirnerismo, lo studioso Luca Leonello Rimbotti, in un articolo su «Max Stirner visto da destra» uscito sulla rivista Trasgressioni, nel 1996, ha potuto scrivere: «La dissoluzione delle categorie borghesi proposta dal filosofo tedesco, il suo attacco violento a tutto ciò che era “sussistente", cioè i valori cristiani dominanti, la civiltà e lo Stato quali si erano formati nel corso della storia, unitamente allo stile iconoclasta, si conciliavano assai bene con chi già agli inizi del Novecento intendeva la rivolta contro l'ordine costituito come una raccolta sincretica di tutte le idee-forza dissonanti, non badando alla scientificità presunta dei presupposti ma alla validità dirompente di atteggiamenti culturali in grado di svelare le fondamenta dello status quo». Stirner serve a Mussolini per scassinare la logica positivista, evoluzionista, razionalista che ancora blinda ai suoi occhi il socialismo. Per lui si tratta di una vera e propria malattia morale da cui le avanguardie rivoluzionarie devono guarire per trasmutarsi in minoranze eroiche. Questo soggetto destinato a mettere in moto la storia, Mussolini lo individuerà a un certo punto nel sindacato. Da qui l'influenza di George Sorel sul futuro capo del fascismo, su cui molto è stato scritto. E tuttavia, come scrive Augusto Del Noce nel suo Il suicidio della rivoluzione, l'influenza di Sorel su Mussolini è stata «assolutamente esagerata» dagli storiografi «perché il moralismo della linea Proudhon-Sorel gli è affatto estraneo». È piuttosto la triade Marx-Nietzsche-Stirner, per Del Noce, a rappresentare l'asse teorico sulla cui direttrice Mussolini dovette giungere a una «totale irrazionalizzazione del marxismo». Il ruolo dell'autore de L'unico, in questo processo, appare centrale e, a differenza di quanto crede Calasso, questa importanza ha a che fare proprio con un preciso snodo teorico: Del Noce è infatti convinto che «Stirner concluda il momento “tedesco", per dir così del pensiero di Mussolini» e che «in questo incontro si deve ravvisare la condizione negativa di quello con Gentile». Il ragionamento è più o meno il seguente: Mussolini cresce intellettualmente abbeverandosi alle fonti di Marx, Nietzsche e Stirner, concepiti simultaneamente come in un'impossibile sintesi. Quando si sgancia dal concetto di classe, grazie alla cultura idealistica appresa dalle colonne de La Voce di Giuseppe Prezzolini, è costretto a tornare a Stirner per pensare una rivoluzione non classista. Ma è solo una «momentanea tentazione», perché egli ne percepisce il carattere impolitico. Da qui la decisione di avvicinarsi sempre di più a Giovanni Gentile. Stirner, insomma, serve a Mussolini per abbandonare la zavorra Marx, salvo poi essere a sua volta abbandonato, dato che al termine del processo l'approdo di Mussolini non è nel porto dell'anarchismo individualista, bensì in quello dello Stato etico gentiliano. Un labirinto ideologico e filosofico forse troppo intricato, per i semplificatori odierni della storia delle idee.
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Margherita Agnelli (Ansa)