2024-04-05
Quei professori a chiamata (politica) che tacevano sugli sprechi del Covid
Zitti quando a ridurre le risorse erano premier a loro graditi, gli «espertoni» non hanno aperto bocca nemmeno sui soldi buttati per comprare vaccini in eccesso e sul rinvio delle terapie durante la pandemia.Siamo la nazione dei professori a chiamata. Nel senso che quando il potere chiama loro prontamente rispondono, pronti a sostenere le cause che i loro sponsor politici hanno stabilito essere giuste. Non sorprende: la sudditanza ha sempre innervato le menti degli intellettuali di ogni epoca, ma va detto che quando l’argomento sul tavolo è la salute – soprattutto in questo periodo – la faccenda si fa leggermente più irritante.Da un paio di giorni un gruppo di luminari della medicina, scienziati e esperti assortiti forniscono titoloni ai giornali progressisti sulla situazione del sistema sanitario nazionale. In quattordici hanno firmato un appello – lanciato da Repubblica e rilanciato ieri con enorme evidenza anche dalla Stampa – per la «salvezza» della sanità pubblica nostrana. «Oggi», scrivono costoro, «i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali». Il problema, rimarcano i professoroni, è che «nel 2025 sarà destinato il 6,2% del Pil, meno di vent’anni fa».Secondo gli scienziati, «il sistema sanitario pubblico deve recuperare il suo ruolo di luogo di ricerca e innovazione al servizio della salute. Parte delle nuove risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni e uno su tre è stato costruito prima del 1940. Ma il grande patrimonio del Ssn», insistono i firmatari dell’appello, «è il suo personale: una sofisticata apparecchiatura si installa in un paio d’anni, ma molti di più ne occorrono per disporre di professionisti sanitari competenti, che continuano a formarsi e aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa. Nell’attuale scenario di crisi del sistema, e di fronte a cittadini/pazienti sempre più insoddisfatti, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti a una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico, soprattutto dai luoghi di maggior tensione, come l’area dell’urgenza».Va detto che sono argomentazioni in parte anche condivisibili. È vero, come sostengono i professori, che il sistema pubblico «garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato». Chiunque in questi anni si sia trovato a dover prenotare un esame ha ben presenti i tempi di attesa che ogni volta tocca affrontare; chiunque abbia avuto bisogno del medico di base, soprattutto nelle grandi città, sa che difficoltà si incontrano anche solo per essere ascoltati.È un bene dunque che si tenga alta la guardia e si continui a sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi. Tuttavia, al solito, a infastidire è l’ipocrisia feroce dell’appello e, in particolare, dei giornali che lo rilanciano. «Sanità a rischio crac», urla Repubblica. E La Stampa di rimando, in prima pagina: «Allarme di Nobel e scienziati: il governo uccide la sanità». È piuttosto evidente, leggendo questi titoli, quale sia il vero bersaglio: il governo di centrodestra. Poco male, per carità, la politica ci ha abituato a ben di peggio. Ma sul sistema sanitario, scusate, c’è poco da fare i furbi.Tra i luminari firmatari ci sono personalità come il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, Silvio Garattini del Mario Negri, il direttore dell’Humanitas Alberto Mantovani, e Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità già a capo del famigerato Cts durante il Covid. Al Corriere della Sera, Locatelli spiega accorato le sue ragioni: «Abbiamo deciso di diffondere questo appello per sensibilizzare tutti e non solo la politica sul tema del Servizio sanitario nazionale, un patrimonio di questo Paese», dichiara. «È fondamentale che anche i cittadini abbiano piena coscienza contribuendo a garantire la sostenibilità di questo bene comune attraverso il pagamento delle tasse dovute». Dopo tutte le indicazioni assurde fornite dal Cts negli ultimi anni, mancava in effetti l’invito di Locatelli a pagare le tasse, non potevamo farne a meno.Più seriamente, viene da chiedersi dove fossero tutti costoro fino all’altro giorno. Non ci risulta che abbiano firmato righe roventi quando i tecnici montiani o altri sinceri progressisti chiudevano gli ospedali di prossimità, privatizzavano e tagliavano perché «ce lo chiede l’Europa». Ne deduciamo che, se sono di sinistra o liberali, le forbici vadano bene.Soprattutto, però, non ci risulta che gli espertoni abbiano sollevato questi problemi nel corso della pandemia, durante la quale tutte le carenze del nostro sistema sanitario sono dolorosamente emerse. Se hanno così in odio la mancanza di fondi e le spese inutili, perché non hanno aperto bocca sugli acquisti di mascherine e respiratori farlocchi, sui posti in terapia intensiva mai realizzati, sui medici di base che non uscivano a visitare i pazienti, sulle cure che non venivano somministrate?Da qualche giorno sappiamo che la procura europea indaga su Ursula von der Leyen per la trattativa con Albert Bourla di Pfizer sull’acquisto dei vaccini, un giro d’affari da una ventina di miliardi di euro che hanno gentilmente pagato i contribuenti europei (alla faccia di chi sosteneva che «il vaccino è gratis»). Ebbene, teoricamente chi contesta oggi la mancanza di finanziamenti dovrebbe dare di matto all’idea che ci sia stata così poca trasparenza sulla compravendita di sieri. Come è ormai stranoto, sono stati firmati accordi per un quantitativo di dosi eccessivo, tanto che molte sono andate buttate.Ebbene, dove erano i celebri scienziati quando tutto ciò accadeva? Ah, già: erano impegnati a invitare la popolazione a vaccinarsi, a farsi la terza e magari anche la quarta dose, benché inutili. In fondo c’erano da smaltire le scorte. Adesso ce l’hanno con la privatizzazione. Bene, bravi. Ma le vogliamo dire due paroline su Pfizer e il suo ceo che rifiuta addirittura le audizioni al Parlamento europeo? Non è sanità privata pure quella? O visto che generosamente finanzia studi e ricerche è meglio stare zitti?Purtroppo li ricordiamo gli spot grotteschi di Parisi a favore delle iniezioni, ricordiamo le intemerate di Locatelli su obblighi e green pass, gli inviti di Mantovani a sottoporsi alla puntura. Tutto questo lo abbiamo bene stampato in mente. Ma non ricordiamo mezza frase sui costi della macchina repressiva, o sugli ospedali che rifiutavano le cure ai non vaccinati, o sulla difficoltà di accesso alle strutture sanitarie. Non ricordiamo appelli riguardanti le terapie rinviate anche per i pazienti più gravi, poiché ci si concentrava solo sul virus e c’era persino chi sosteneva che il Covid facesse più morti del cancro. Si sono tutti svegliati adesso: cambia il governo e all’improvviso i complici diventano accusatori. Ci sarebbe da farsi venire il sangue amaro, ma viste le condizioni degli ospedali è meglio evitare.
Jose Mourinho (Getty Images)