2021-11-12
Quattro anni al guru del sistema Bibbiano
Condannato col rito abbreviato lo psicoterapeuta al centro dell'inchiesta sui bambini rubati alle famiglie della Val d'Enza. Abuso d'ufficio e lesioni gravissime le accuse. Prosciolta l'assistente sociale coimputata. Il sindaco dem Andrea Carletti tra i 17 rinviati a giudizio.Gli angeli, i bambini sottratti con l'inganno alle famiglie, sono tornati a casa. E il primo dei demoni, lo psicoterapeuta Claudio Foti, ieri è stato condannato a quattro anni. «Angeli e demoni». Come il nome dell'inchiesta sugli affidamenti illeciti nella Val d'Enza. I bambini rubati di Bibbiano. Occhi spiritati. Riccioli grigiastri. Fiero cipiglio. Il fondatore di Hansel e Gretel, centro per minori nel Torinese, è stato giudicato con rito abbreviato dal Tribunale di Reggio Emilia. Dichiarazioni manipolate: «Facciamo un funerale a papà», suggerisce la terapeuta. Disegni contraffatti: due braccia che si protraggono verso la bimba, per dimostrare inesistenti abusi. Regali nascosti: inviati dai genitori, messi da parte in uno stanzino. A Bibbiano c'era un sistema, sostengono i magistrati. Amministratori, psicologi, assistenti sociali. Per Foti la Procura aveva chiesto sei anni: abuso d'ufficio, lesioni gravissime e frode processuale. Viene liberato solo dall'ultima accusa. È condannato invece al risarcimento dei danni alle numerose parti civili: i Comuni della Val d'Enza, l'azienda sanitaria di Reggio Emilia, la Regione Emilia Romagna, il ministero della Giustizia, i genitori di quattro minorenni.Assolto invece l'altro imputato che, assieme a Foti, aveva chiesto il rito abbreviato: l'assistente sociale Beatrice Benati. Il gup decide anche 17 rinvii a giudizio e 5 proscioglimenti. Per il sindaco Pd di Bibbiano, Andrea Carletti, cade l'accusa di falso. Andrà però a processo anche lui, per abuso d'ufficio. I giudici dovranno stabilire se ci sono state irregolarità negli affidamenti diretti. Rinviata a giudizio pure l'allora responsabile dei servizi sociali della Val d'Enza, Federica Anghinolfi.I legali di Foti annunciano ricorso in appello. Parlano di sentenza «infondata». Paragonano il loro assistito a Enzo Tortora, supremo simbolo di ingiustizia. Ai cronisti assiepati davanti al Tribunale, Foti rivela il pregiudizio con cui i giudici, a suo dire, avrebbero riascoltato le sue sedute terapeutiche. Lo scontro, dice, «non doveva avvenire in ambito giudiziario ma in accademia, fra posizioni teoriche diverse». Insomma, avrebbero criminalizzato il suo approccio: la «psicoterapia del trauma». Non esiste, giura, il «metodo Foti». Piuttosto, «un atteggiamento empatico, ovvero cercare di far emergere la verità». L'inchiesta racconta invece sopraffazioni e bugie. L'arbitraria distorsione della realtà. I bambini strappati agli affetti. L'interesse economico che prevale. Cinquantacinquemila pagine agli atti, raccolte in diciassette faldoni. Il «caso Bibbiano» inizia con gli arresti del giugno 2019. Emergono gli allontanamenti illeciti da parte dei servizi sociali della Val D'Enza. Un anno dopo, la procura di Reggio Emilia notifica la conclusione delle indagini. Poco dopo, arriva la richiesta di rinvio a giudizio per 24 persone. È il sistema, appunto. Le vittime sono i bambini. Ai loro disegni dal tratto ingenuo vengono aggiunti, per esempio, dettagli di carattere sessuale: sarebbero serviti a giustificare menzognere relazioni scabrose con i genitori. Psicologi e terapeuti avrebbero fatto pressioni per indurre i minori a dire il falso sui familiari. Tutto finalizzato, accusano i pm, ad affidarli altrove. E sottoporli alle costose cure private della Onlus di Foti. Un giro complessivo, stimano i pm, di 200.000 euro. Il fondatore di Hansel e Gretel, scrive il gip, ha anche usato una bambina «come una sorta di cavia nell'ambito della psicoterapia specialistica», convincendola di aver subito violenze sessuali, mai avvenute. Avrebbe «alterato lo stato psicologico ed emotivo, attraverso modalità suggestive e suggerenti». E poi forzate domande su finti abusi sessuali, per convincere «la minore dell'avvenuta commissione dei citati abusi».Il lato oscuro del sistema degli affidi. Svelato ancora una volta, dopo analoga e datata inchiesta sui «Diavoli della Bassa modenese». Ma a Bibbiano ci sono anche connotazioni politiche. È un riconosciuto feudo democratico. Il sindaco Carletti è un esponente del Pd: «Il partito di Bibbiano», attacca la Lega. Così come Fratelli d'Italia. Tanto che ieri la leader, Giorgia Meloni, è tra i primi a commentare: «Ci auguriamo che venga fatta definitivamente giustizia, affinché non si verifichino più queste atrocità nei confronti di bambini innocenti». Laura Cavandoli, deputata del Carroccio e presidente della commissione parlamentare sulle Comunità per minori, aggiunge: «La sentenza dice cose molto importanti. Soprattutto ai tanti che, per ideologia o convenienza politica, hanno cercato in questi anni di silenziare, e a volte ridicolizzare, una vicenda dai contorni gravissimi, che ha distrutto intere famiglie». Qualche giorno fa, anche Foti, intervistato dalla Stampa, cerca di derubricare. Racconta la sua nemesi. Il ristorante che lo respinge: «Non diamo da mangiare al lupo di Bibbiano». Il perfido circuito mediatico: «Stravolge i termini del processo reale». La sopraggiunta miseria: «Vivo con 490 euro al mese». L'ingiusta nomea: «Mi hanno trasformato in un mostro». In attesa di sentenza definitiva, il Tribunale di Reggio Emilia sfuma il giudizio: demone. Gli angeli, per fortuna, sono finalmente a casa.
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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