
Il vescovo di Reggio Emilia parla di «cultura anti famiglia» in azione, ma Avvenire critica la Procura e sul giornale della diocesi emiliana ha spazio la pediatra pro Bibbiano.Ieri, per un attimo, vedendo il titolo principale dell'Osservatore Romano dedicato ai «bambini strappati alle famiglie», abbiamo avuto un sussulto. Per un attimo abbiamo creduto che il giornale della Santa Sede fosse finalmente entrato a piedi pari nella atroce vicenda di Bibbiano, prendendo posizione contro un sistema di gestione dei minori che ha mostrato troppe e clamorose falle. Purtroppo è bastata una lettura appena più approfondita per rendersi conto che l'articolo in questione si occupava sì di piccoli separati dalle famiglie, ma non in Italia, bensì al confine fra Messico e Stati Uniti. Non intendiamo ovviamente sminuire il dramma che si consuma Oltreoceano, notiamo però che sarebbe importante anche uno sguardo della Chiesa su ciò che accade - e non da oggi - nel nostro Paese. Se è straziante che un bimbo messicano venga allontanato dai suoi genitori naturali, non è ugualmente spaventoso che a essere tolto ai suoi sia un piccolo che vive qui? Per altro, nel caso della Val d'Enza (e non solo, perché il fenomeno è esteso) stiamo parlando di un inquietante giro d'affari che coinvolge anche Onlus, cooperative e famiglie affidatarie. Un meccanismo che opera sulla pelle dei più piccini e sui cui sarebbe balsamico udire un discorso profondo da parte dei vertici cattolici. Tanto più che, sulla storia di Bibbiano, il silenzio di gran parte delle gerarchie ecclesiastiche rischia di creare spaesamento. E infatti proprio in questi giorni nel mondo cattolico stanno emergendo strane distorsioni. Ieri, per esempio, Avvenire ha pubblicato un durissimo attacco alla Procura di Reggio Emilia, responsabile dell'inchiesta «Angeli e demoni». Il quotidiano dei vescovi è stato uno dei pochissimi organi d'informazione a concedere spazio alle storie di bimbi rubati, e gliene va reso atto. Certo, ha evitato accuratamente di infilare le mani nel pantano politico di marca progressista che impregna tutta la faccenda, ma almeno non ha optato per il silenzio totale.Eppure, ieri se n'è uscito con un articolone di Luciano Moia a tratti davvero sorprendente. In sostanza, Avvenire accusa la Procura reggiana di non aver informato il tribunale dei minori delle indagini in corso sugli affidi facili, e di non aver informato i media del fatto che alcuni dei minorenni coinvolti nell'inchiesta erano già avviati verso il rientro in famiglia proprio grazie all'intervento dei giudici bolognesi. «Si tratta di una serie di stranezza», scrive Moia, «o almeno di incongruenze, che ha certamente favorito la corsa alla speculazione politica, con accuse reciproche e raffiche di “effetto annuncio" per inchieste e provvedimenti di riforma che attendono inutilmente da anni e che, spenti i riflettori sul caso, torneranno purtroppo nei cassetti da cui sono stati rispolverati in questi giorni». Di fronte a queste frasi sorgono alcune riflessioni. Il compito della Procura è quello di fare indagini, non di produrre servizi giornalistici o di organizzare campagne stampa. Il tribunale dei minori sta valutando i casi gestiti dagli assistenti sociali della Val d'Enza per verificare se esistano anomalie? Fantastico: questo dimostra che il presidente del tribunale, Giuseppe Spadaro, è un professionista serio e interessato a fare giustizia. Lo stesso tribunale aveva già deciso di rimandare alcuni bimbi dai loro genitori? Ancora più bello. Ma il punto non è questo. Il punto è capire come sia stato possibile che alcuni assistenti sociali, alcuni psicologici, alcune Onlus eccetera abbiano potuto compiere le azioni che vengono illustrate nelle carte dell'inchiesta «Angeli e demoni».Qui abbiamo un'assistente sociale che toglieva i bimbi a una famiglia per darli a coppie di sue amiche ed ex amanti. Abbiamo ragazzine che venivano date in affido a comunità gestite da allievi e sodali di Claudio Foti. Abbiamo minorenni spinti a parlare male dei genitori naturali anche quando questi non avevano fatto nulla di male. Occuparsi di queste cose significa favorire la strumentalizzazione politica? Se non vogliamo che gli annunci di questi giorni rimangano soltanto parole al vento, tocca a noi giornalisti continuare a tenere alta l'attenzione su questa storia. La sensazione, tuttavia, è che Avvenire abbia gettato un po' di fango nel ventilatore. Sembra che il giornale dei vescovi voglia sminuire il caso facendo passare l'idea che alcune forze politiche lo stiano gonfiando oltremisura. Ecco perché sono necessarie parole forti da voci autorevoli, perché altrimenti tutto viene ridotto a uno scontro fra fazioni, e si perde la visione d'insieme su fatti che sono di una gravità inaudita. L'unico ad aver pronunciato parole di questo tipo, nei giorni scorsi, è stato il vescovo di Reggio Emilia, monsignor Massimo Camisasca, il quale ha centrato perfettamente il punto. «Tutti dobbiamo farci carico di questa situazione grave, una situazione provocata dalle ideologie anti familistiche che sono il retroterra di tutto ciò che è avvenuto», ha detto. E ha aggiunto: «Sappiamo tutti che la realtà delle famiglie è una realtà fragile ma si è voluto ulteriormente infragilirla, creando le famiglie accanto alla famiglia, e quindi togliendo alla famiglia il sostegno che essa deve avere come realtà umana, e quindi come realtà che può essere percorsa da un'infinità di fragilità ed errori».Purtroppo, dicevamo, la voce di Camisasca è rimasta isolata. Segno che il «sistema Bibbiano» è profondamente radicato e può contare su tantissimi difensori. Persino nel mondo cattolico. È davvero sorprendente, infatti, ciò che ha fatto nei giorni scorsi il settimanale della diocesi reggiana, La Libertà. Ha dedicato una intera pagina di intervista a Elena Ferrari, pediatra che fa parte del Gruppo provinciale per il contrasto al maltrattamento e abuso all'Infanzia di Reggio Emilia. La Ferrari ha difeso a spada tratta Claudio Foti e tutto il giro bibbianese. «Credo che la Val d'Enza, in tema di tutela dei minori, sia un territorio eccellente», ha detto la Ferrari. E ha aggiunto: «Il sistema messo in piedi in Val d'Enza, anche inizialmente con La Cura, è stato un sistema virtuoso che è stato in grado di accompagnare, seguire e curare tanti bambini maltrattati». Non paga, ha magnificato il lavoro del centro Hansel e Gretel. Che cosa devono pensare i fedeli reggiani? Che sia vero ciò che dice il loro vescovo, o che invece si tratti solo di una montatura come sostiene il giornale della diocesi tramite la dottoressa Ferrari? Beh, forse questi cattolici dovrebbero sapere che la Ferrari non è esattamente super partes. Ha frequentato il master di Claudio Foti, ha partecipato agli incontri con Federica Anghinolfi, Nadia Bolognini, lo stesso Foti e altri del giro bibbianese. Insomma, è molto schierata con gli esponenti di quella cultura «anti famiglia» di cui parla Camisasca. Il giornale diocesano non lo dice e crea un bel po' di confusione. Per farla finita con queste mistificazioni, servono parole chiare. Ce le aspettiamo anche e soprattutto dalla Chiesa.
Ansa
Gli obiettivi imposti sono rifiutati perché deleteri e insostenibili. Farebbero meglio a seguire i consigli di Bill Gates.
L’appuntamento è fisso e il corollario di allarmi sulla imminente fine del mondo arriva puntuale. Alla vigilia della Cop30 - la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre - il fronte allarmista globale ha rinnovato il coro catastrofico con la pubblicazione di due rapporti cruciali. L’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha diffuso il suo State of the Global Climate Update 2025, mentre l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha pubblicato il suo Climate Action Monitor 2025.
2025-11-07
Dimmi La Verità | Giovanni Maiorano (Fdi): «Una proposta di legge a tutela delle forze dell'ordine»
Ecco #DimmiLaVerità del 7 novembre 2025. Il deputato di Fdi Giovanni Maiorano illustra una proposta di legge a tutela delle forze dell'ordine.
Il governatore: «Milano-Cortina 2026 sarà un laboratorio di metodo. Dalle Olimpiadi eredità durature per i territori».
«Ci siamo. Anzi, ghe sem, come si dice da queste parti». Con queste parole il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha aperto l’evento La Lombardia al centro della sfida olimpica, organizzato oggi a Palazzo Lombardia per fare il punto sulla corsa verso i Giochi invernali di Milano-Cortina 2026.
Un appuntamento che, nelle parole del governatore, non è solo sportivo ma anche simbolico: «Come Lombardia abbiamo fortemente voluto le Olimpiadi – ha detto – perché rappresentano una vetrina mondiale straordinaria, capace di lasciare al territorio eredità fondamentali in termini di infrastrutture, servizi e impatto culturale».
Fontana ha voluto sottolineare come l’esperienza olimpica incarni a pieno il “modello Lombardia”, fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla capacità di trasformare le idee in progetti concreti. «I Giochi – ha spiegato – sono un esempio di questo modello di sviluppo, che parte dall’ascolto dei territori e si traduce in risultati tangibili, grazie al pragmatismo che da sempre contraddistingue la nostra regione».
Investimenti e connessioni per i territori
Secondo il presidente, l’evento rappresenta un volano per rafforzare processi già in corso: «Le Olimpiadi invernali sono l’occasione per accelerare investimenti che migliorano le connessioni con le aree montane e l’area metropolitana milanese».
Fontana ha ricordato che l’80% delle opere è già avviato, e che Milano-Cortina 2026 «sarà un laboratorio di metodo per programmare, investire e amministrare», con l’obiettivo di «rispondere ai bisogni delle comunità» e garantire «risultati duraturi e non temporanei».
Un’occasione per il turismo e il Made in Italy
Ampio spazio anche al tema dell’attrattività turistica. L’appuntamento olimpico, ha spiegato Fontana, sarà «un’occasione per mostrare al mondo le bellezze della Lombardia». Le stime parlano di 3 milioni di pernottamenti aggiuntivi nei mesi di febbraio e marzo 2026, un incremento del 50% rispetto ai livelli registrati nel biennio 2024-2025. Crescerà anche la quota di turisti stranieri, che dovrebbe passare dal 60 al 75% del totale.
Per il governatore, si tratta di una «straordinaria opportunità per le eccellenze del Made in Italy lombardo, che potranno presentarsi sulla scena internazionale in una vetrina irripetibile».
Una Smart Land per i cittadini
Fontana ha infine richiamato il valore dell’eredità olimpica, destinata a superare l’evento sportivo: «Questo percorso valorizza il dialogo tra istituzioni e la governance condivisa tra pubblico e privato, tra montagna e metropoli. La Lombardia è una Smart Land, capace di unire visione strategica e prossimità alle persone».
E ha concluso con una promessa: «Andiamo avanti nella sfida di progettare, coordinare e realizzare, sempre pensando al bene dei cittadini lombardi».
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Francesco Zambon (Getty Images)
Audito dalla commissione Covid Zambon, ex funzionario dell’agenzia Onu. Dalle email prodotte emerge come il suo rapporto, critico sulle misure italiane, sia stato censurato per volontà politica, onde evitare di perdere fondi per la sede veneziana dell’Organizzazione.
Riavvolgere il nastro e rivedere il film della pandemia a ritroso può essere molto doloroso. Soprattutto se si passano al setaccio i documenti esplosivi portati ieri in commissione Covid da Francesco Zambon, oggi dirigente medico e, ai tempi tragici della pandemia, ufficiale tecnico dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Di tutte le clamorose notizie diffusamente documentate in audizione, ne balzano agli occhi due: la prima è che, mentre gli italiani morivano in casa con il paracetamolo o negli ospedali nonostante i ventilatori, il governo dell’epoca guidato da Giuseppe Conte (M5s) e il ministro della salute Roberto Speranza (Pd) trovavano il tempo di preoccuparsi che la reputazione del governo, messa in cattiva luce da un rapporto redatto da Zambon, non venisse offuscata, al punto che ne ottennero il ritiro. La seconda terribile evidenza è che la priorità dell’Oms in pandemia sembrava proprio quella di garantirsi i finanziamenti.






