2021-04-14
Putin ritorna a fare lo zar al confine con l’Ucraina. Washington e Nato in allerta
Monito del Patto Atlantico per gli imponenti movimenti di truppe russe nel Donbass: «Basta provocazioni». Mosca: «Pronti a tutto». La Casa Bianca chiede un vertice Il clima è diventato incandescente. Il conflitto ucraino-russo sembrava relegato nei libri di storia e, invece, è tornato drammaticamente d’attualità a giudicare dal massiccio movimento di truppe russe ai confini nella regione (contesa) del Donbass, dalle conferenze stampa infuocate di accuse al Cremlino. Come quella di Bruxelles del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, insieme al ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Il considerevole ammasso militare della Russia è ingiustificato, inspiegabile e profondamente preoccupante. La Russia deve porvi fine, fermare le sue provocazioni e ridurre immediatamente l’escalation. Il sostegno della Nato alla sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina è incrollabile». Da parte sua il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov, ha replicato agli Usa per l’invio delle due navi nel Mar nero: «È una provocazione che va respinta. Gli Usa stiano lontani dal Mar Nero e dalla Crimea. Gli Stati Uniti e altri Paesi della Nato stanno deliberatamente trasformando l’Ucraina in una polveriera. Nel caso di un’escalation militare, la Russia è pronta a fare tutto il necessario per proteggere i suoi concittadini nelle regioni separatiste del Donbass». Il governo ucraino teme un blitz militare russo, come è avvenuto con l’occupazione di sette anni fa della Crimea. Ma ora gli Stati Uniti di Joe Biden sono molto più vigili che in passato e hanno fatto capire a Vladimir Putin che non intendono accettare colpi di mano. E hanno già inviato, in esplorazione, com’è noto, due bombardieri e due navi nel Mar Nero, per dare un segnale al massiccio invio di «volontari» russi (si parla già di oltre 25.000 militari, con 28 battaglioni tattici, con carri armati e convogli con obici e semoventi, oltre che lanciamissili ) al confine con l’Ucraina e in Crimea.E proprio ieri, infatti, il presidente degli Usa ha proposto all’omologo russo di organizzare «un vertice in un Paese terzo nei prossimi mesi» per discutere la gamma di problemi bilaterali. Biden ha inoltre trasmesso a Putin la preoccupazione per «l’improvviso rafforzamento militare nella Crimea e ai confini con l’Ucraina e ha sollecitato la Russia ad allentare le tensioni». Il rischio di una nuova guerra su vasta scala appare dunque imminente. Non a caso il presidente dell’Ucrania, Volodymyr Zelensky, si sta muovendo in più direzioni per assicurarsi una difesa efficace in grado di poter contare su alcuni alleati (Francia e Germania soprattutto) e sulla Nato, che però appare reticente. Infatti, dopo la richiesta di entrare a farne parte, la Nato continua a nicchiare. Come è ormai noto, Angela Merkel ed Emmanuel Macron hanno sempre concordato con Donald Trump un rinvio dell’adesione dell’Ucrania per non inasprire i rapporti con il Cremlino. E anche per questa ragione che Zelensky ha riallacciato i rapporti con la Turchia di Erdogan, intensificando le relazioni commerciali e militari fra Ankara e Kiev. Questo nuovo corso ha irritato ulteriormente Vladimir Putin, che non nasconde le sue mire espansionistiche nel Mar Nero e sulla nazione considerata per secoli «la Piccola Russia». Ora il presidente russo si propone di continuare a sostenere i gruppi locali filorussi per la sua escalation sul Donbass certo che Joe Biden non arriverà ad opporsi alla Russia, sino a rischiare un nuovo conflitto. Per il momento cerca di «delegare» i premier francese e tedesco per tenere a bada Putin, sperando in un nuovo accordo fra le parti in causa. Ma non sarà facile, anche perché il contenzioso fra Ucrania e Federazione russa non è recente, ma risale a secoli fa, addirittura a oltre un millennio. Ci sono storici che datano l’Ucrania all’ottavo-nono secolo con la nascita del primo Stato, con capitale Kiev, denominato Rus. Via via nei secoli quella nazione ha subito dominazioni straniere, sempre contesa da popolazioni tedesche, polacche, svedesi, estoni, lituane, ungheresi e altre. I principali imperi che hanno sempre rivendicato e occupato le regioni ucraine sono stati quello austro-ungarico e quello russo (zarista e poi sovietico). Gli studiosi di questa nazione giovane, ma con radici storico-etniche antichissime, non sono molti. Uno di questi è il ricercatore Massimiliano Di Pasquale, che ha pubblicato un libro (il secondo) Abbecedario Ucraino II per le edizioni Gaspari (Udine). L’autore racconta la storia del Paese, mettendo a fuoco anche i personaggi più rappresentativi, soprattutto del ventesimo secolo. Citiamo, per brevità, il nome di Stepan Bandera, che aveva un lungo seguito di patrioti che lottavano per l’indipendenza del loro paese. L’Urss ha inviato un agente del Kgb per assassinarlo. Si ricorda anche Mykhailo Hrushevsky, che divenne il primo presidente ucraino nel 1918, che scrisse la prima Storia dell’Ucrania-Rus, in dieci volumi, in polemica con le opere storiche dell’impero russo. Nel 1923 Lenin, nel tentativo di placare la rabbia nazionalista e antibolscevica, per l’esproprio di prodotti agricoli nelle campagne (col risultato di provocare milioni di morti per fame o per fucilazioni da parte dei bolscevichi), promosse una «politica di ucrainizzazione». L’obiettivo della politica di Lenin nel 1923 - sottolinea la storica Anne Applebaum - «era esattamente quello opposto: egli sperava di far apparire il potere sovietico meno straniero agli occhi degli ucraini e ammorbidire così le loro pretese in fatto di sovranità». Hrushevsky venne poi silurato, screditato dai russi, costretto all’emigrazione e poi ha perso la vita misteriosamente. Ma quella monumentale opera storica costituì un punto di riferimento culturale importante, molto pubblicizzata dall’ex presidente Viktor Yushchenko, che si impegnò a contrastare energicamente decenni di russificazione e sovietizzazione. In particolare fece conoscere al grande pubblico la carestia del 1932-33, conosciuta come Holodomor (termine ucraino composto da due parole holod (carestia, fame) e moryty (uccidere). Yushchenko - ha scritto Anne Applebaum, nel libro La grande carestia. La guerra di Stalin all’Ucrania (Mondadori), «si rendeva conto della forza della carestia come memoria nazionale unificante per gli ucraini, soprattutto perché era stata così a lungo negata». La cifra complessiva è ancora controversa, ma si parla di almeno sei milioni di vittime. Di Pasquale fa scoprire anche i più importanti intellettuali ucraini: dai famosi poeti Taras Shevchenko, Ivan Franko e di tanti altri cosacchi uomini di cultura che hanno creato - come scrive Marta Dyczok (Università dell’Ontario, Canada), nella prefazione- una lunga storia multiculturale dell’Ucrania. Questo saggio spiega la diffusa disinformazione, complice il fatto che la Russia zarista e poi quella sovietica, hanno sempre considerato l’Ucrania come una parte di sé stessa. E ancora adesso i filorussi la pensano così. Infatti, è proprio su questi elementi nostalgici che fanno leva i russi nati in Ucrania, sostenuti strumentalmente dalla «madrepatria» moscovita. L’autore sottolinea che «la realtà ucraina è stata sempre un magma in continua ebollizione e l’identità culturale di quest’angolo dell’universo slavo-ortodosso versava sempre in equilibrio precario…». Questo significa anche che il rapporto Mosca-Kiev è ancora ampiamente irrisolto, perché non è stato possibile un taglio netto col passato, così come è avvenuto con i paesi baltici e con i paesi dell’ex Patto di Varsavia. Dopo vent’anni dall’indipendenza molti nodi (politici e culturali) sono ancora intricati e la prospettiva della creazione di un sistema democratico di modello liberale appare ancora lontana. E la guerra in Donbass rischia di fare allontanare un approdo europeo perché le fratture politiche difficili da sanare, sia con la Russia che all’interno del paese, non aiutano il presidente Zelenskyi ( votato dal 73% degli elettori) e neppure tutti coloro che fanno a gara nell’inseguire la bandiera dell’Unione europea. Per la verità, per quegli ideali di democrazia, fondata sulla divisione dei poteri, sull’economia di mercato e la lotta alla diffusa corruzione, sette anni fa molti ucraini coraggiosi sacrificarono la loro vita a piazza Maidan a Kiev. Ora però la paura della nuova guerra domina lo scenario geopolitico. Ma è proprio su questa paura che Putin spera di fare breccia per ottenere nuove concessioni da Kiev.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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