2022-09-21
Putin ha deciso di giocarsi il tutto per tutto
Il presidente russo punta su un decreto di annessione di Donbass e Lugansk per poi disporre una chiamata generale alle armi e sfidare l’Occidente. Il Cremlino inasprisce le pene per i disertori, sul fronte di Kharkiv muore un foreign fighter italiano di Kiev. Siamo arrivati al giorno di guerra numero 210 e la pace, secondo il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, è ancora molto lontana: «Al momento non si vede alcuna prospettiva per risolvere politicamente e diplomaticamente la guerra in Ucraina». Ieri l’agenzia stampa Ria Novosti ha reso noto che la Duma, la camera bassa del Parlamento russo, ha approvato una serie di emendamenti d’emergenza per il codice penale, che prevedono il rafforzamento delle pene in caso di «mobilitazione», di «legge marziale», in «tempo di guerra» e «conflitto armato». Per chi non risponderà alla chiamata alla leva è stata introdotta una pena fino a 10 anni di reclusione. Il prossimo provvedimento dovrebbe riguardare coloro che disertano il campo di battaglia e la nuova legge prevederebbe 20 anni di carcere e una pesante multa. Si tratta di misure che mostrano tutta la difficoltà nel trovare nuovi soldati da mandare al fronte, senza contare coloro che fin dall’inizio del conflitto hanno disertato (non esistono dati certi, tuttavia, secondo informazioni risalenti al giugno scorso, sarebbero centinaia). Ieri è stata anche la giornata dell’annuncio fatto dalle autoproclamate repubbliche di Lugansk e di Donetsk che dal 23 al 27 settembre terranno un referendum per l’annessione a Mosca. Lo hanno riferito alcune agenzie di stampa russe, che hanno precisato: «I presidenti delle due regioni dell’Ucraina orientale hanno già firmato il provvedimento per la convocazione del voto», e anche a Kherson e a Zaporizhzhia si voterà per l’annessione. Da registrare che subito dopo l’annuncio gli indici della Borsa di Mosca sono crollati di oltre il 10% per poi attestarsi a - 7,76%. Non si è fatta attendere la reazione ucraina: per il capo dell’ufficio del presidente ucraino Zelensky, Andriy Yermak, si tratta di «un ricatto ingenuo fatto con minacce e storie dell’orrore di referendum e mobilitazioni di chi sa combattere solo contro bambini e persone pacifiche. Ecco come appare la paura della sconfitta. Il nemico ha paura, manipola primitivamente. L’Ucraina risolverà la questione russa. La minaccia può essere eliminata solo con la forza». A monopolizzare la scena mediatica ci ha pensato ancora una volta il presidente turco Tayyp Recep Erdogan, che in un’intervista alla tv americana Pbs si è detto convinto che Putin sia disposto a fermare la guerra: «In Uzbekistan, mi sono incontrato con il presidente Putin e abbiamo avuto discussioni molto approfondite. Mi sta dimostrando che è disposto a porre fine a questa situazione il prima possibile. Questa è stata la mia impressione, perché il modo in cui si stanno svolgendo le cose ora è piuttosto problematico. Presto 200 prigionieri saranno scambiati in seguito a un accordo tra le parti. Penso che con questo si farà un passo avanti significativo». Erdogan ha poi parlato dei territori invasi che dovrebbero essere restituite all’Ucraina: «Se si stabilirà una pace, ovviamente la restituzione delle terre che sono state invase diventerà molto importante. Putin ha fatto alcuni passi. Noi abbiamo fatto alcuni passi. Le terre invase saranno restituite all’Ucraina». A quel punto gli è stato chiesto se parlasse anche della Crimea. «È dal 2014 che ne parliamo con il mio caro amico Putin e questo è ciò che gli abbiamo chiesto ma purtroppo non è stato fatto alcun passo avanti. Tutto ciò che vogliamo fare è porre fine a questa battaglia con la pace, sia che si tratti di Putin, sia che si tratti di Zelensky, ho sempre chiesto e raccomandato questo. La gente sta morendo e nessuno vincerà alla fine della giornata». E Vladimir Putin che ne pensa? Il presidente russo non ha commentato le parole di Erdogan, ma a margine della cerimonia nella quale ha ricevuto le credenziali dagli ambasciatori esteri a Mosca, ha parlato ancora degli Usa: «Gli sforzi degli Stati Uniti per preservare il loro dominio globale sono destinati a fallire». Infine, secondo Putin, «l’egemone ci riesce da parecchio tempo ma non può andare avanti all’infinito, a prescindere dagli sviluppi in Ucraina». Ieri sera alle 20 ora italiana (le 21 a Mosca), Vladimir Putin sarebbe dovuto apparire in diretta tv per parlare dello svolgimento dei referendum nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, nonché nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia ma come sempre ha tardato (al momento in cui questo giornale è andato in stampa il presidente non aveva ancora parlato). C’è aria di pericolosa escalation nel conflitto: se gli ucraini continuassero a tentare di riconquistare le aree occupate, per Mosca questi sarebbero «attacchi su territorio russo» e da qui si arriverebbe alla mobilitazione generale. Infine, si apprende che un foreign fighter italiano, il ventisettenne Benjamin Giorgio Galli originario di Bedero Valcuvia (Va) - ma con passaporto olandese - è morto in Ucraina, dove combatteva a fianco dei militari di Kiev nel settore di Kharkiv.