Super Mario ha stravolto la linea energetica che ha caratterizzato finora il governo. «Siamo al lavoro per aumentare le forniture alternative». Cioè incrementare i flussi dai tre gasdotti e magari riaprire le sette centrali a carbone. Ma senza il nucleare non basta.
Super Mario ha stravolto la linea energetica che ha caratterizzato finora il governo. «Siamo al lavoro per aumentare le forniture alternative». Cioè incrementare i flussi dai tre gasdotti e magari riaprire le sette centrali a carbone. Ma senza il nucleare non basta.Una persona che lotta contro il green pass mai e poi mai potrà nemmeno simpatizzare per Vladimir Putin. E per un Paese dove le libertà personali sono condizionate e troppo spesso violate. Lo choc della guerra in Ucraina - e lo diciamo con il sommo rispetto per i morti - qualcosa di buono l’ha portato. Putin sta demolendo la transizione ecologica sognata, desiderata e imposta dall’Unione europea. A parte qualche estremista verde e qualche rappresentante Ue che nei giorni scorsi han spiegato che per contrastare Putin ci vogliono più rinnovabili, la guerra ha aperto gli occhi a chi si ostinava a rimanere in scia a Bruxelles. Ieri nella sua informativa alla Camere, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha stravolto completamente le dichiarazioni energetiche che hanno caratterizzato il suo governo fin dall’inizio. «Siamo al lavoro per aumentare le forniture alternative», ha spiegato in Aula. «Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti. Il presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo. Tuttavia, la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione. Per il futuro, è quanto mai opportuna una riflessione anche su queste infrastrutture. Il governo intende poi lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico - come il Tap dall’Azerbaijan, il Transmed dall’Algeria e dalla Tunisia, il Greenstream dalla Libia», ha aggiunto con eccessivo ottimismo. Il Gnl resta un bandiera. Abbiamo soltanto due rigassificatori e in nessuno modo riusciremmo a costruirne a sufficienze per colmare il gap russo che vale per noi il 40% dei consumi nazionali. Anche sulle tre pipeline citate c’è da mettere qualche puntino sulle «i». La prima, il Tap, è sicuramente un ottimo salvagente. Non si pensi però che i vertici dell’Azerbaijan, Ilham Aliyev, siano del tutto immuni dalla sfera d’influenza russa. Anche a Baku sanno che se si tira troppo la corda si rischia un burrascoso evento come quello accaduto lo scorso mese in Khazakistan. L’Algeria, da cui passa il Transmed, è ai ferri corti con il Marocco e con metà Europa. La primavera araba ci ha per una buona parte espulsi dal Paese e far riaprire i rubinetti non sarà semplice. Infine, c’è la grande incognita Libia. È ovvio che il Greenstream dovrebbe essere il vero bocchettone energetico per l’Italia e siamo felici di sentirlo dire dal premier. Purtroppo estremamente in ritardo e dopo che Turchia e Russia si sono presi mezzo Paese. Infatti, l’altro grosso fronte anti russo è proprio in Libia e nel Sahel. Ancora più delicato rispetto all’Ucraina perché di natura asimmettrica. In soli due anni i mercenari di Putin sono riusciti a cacciare i francesi dal Mali. Una cosa inimmaginabile fino a poco tempo fa. I russi sono stati gli ispiratori di almeno tre colpi di Stato e la loro presenza non solo comprime i flussi di gas, ma anche peggiora la tratta di clandestini. Speriamo che l’invasione dell’Ucraina serva ad aprirci gli occhi. Ok alle sanzioni e alla linea dura, ma su questo la prudenza di Draghi è più che mai opportuna. Forse perché sta mettendo sul piatto il tema del Mediterraneo. Abbiamo un trattato del Quirinale che ci unisce ai francesi, oggi in difficoltà, adesso dovremmo usarlo con l’ok degli Usa per entrare militarmente in Libia. Altrimenti le strategie resteranno sulla carta. Lo diciamo perché il ritorno al carbone, auspicato sempre ieri durante l’audizione, non sarà sufficiente. «Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone (al momento sono sette, ndr), per colmare eventuali mancanze nell’immediato». Resta il fatto, ha assicurato Draghi, che «la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti». La frase ci auguriamo sia di circostanza. Senza la bandiera del green quest’anno potremo dire addio ai soldi del Pnrr. Ma la realtà è tutt’altra.I costi delle rinnovabili sono insostenibili per le imprese che per giunta necessitano dei fonti stabili e immagazzinabili. Le rinnovabili hanno questo ulteriore problema che si chiama stoccaggio. Se domani riattivassimo tutte le centrali a carbone recupereremmo il 4% del nostro fabbisogno. Un decimo della filiera proveniente dalla Russia. Bene nell’immediato. Ma non basta, come abbiamo scritto sopra. Avremmo bisogno di tornare a discutere di nucleare e soprattutto pensare di sostituire il gas che arriva da Est con quello che proviene da Sud. È l’unico vero intervento contro il caro bollette.
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