2021-08-09
Pure gli ultrà delle serrate lo dicono: il lasciapassare verde non serve
Il direttore dell'Aifa, Nicola Magrini, prepara gli italiani al futuro: «Una dose all'anno ,mantenendo tutte le attuali precauzioni». Mentre Andrea Crisanti ammette: «Per creare ambienti sicuri servono due iniezioni».Adesso parlano di «convivere con il virus», ma è chiaro che intendono «convivere con le restrizioni». L'ultimo a ribadire il concetto è stato, al Corriere della Sera, il direttore generale dell'Aifa, Nicola Magrini. A suo dire, toccherà ripetere il vaccino «verosimilmente ogni anno», dunque viene da sospettare che il lasciapassare verde saremo costretti a portarcelo dietro per un bel po' di tempo, sottoponendolo ad aggiornamento ogni volta che ci verrà richiesto. Andrea Crisanti, sulla Stampa, è stato ancora più esplicito, sostenendo che in autunno «la vaccinazione da sola non basterà» e che «per proteggere la popolazione serve la terza dose».L'idea che si debba «convivere con il virus» non è sbagliata: se applicata ci consentirebbe di scendere finalmente a patti con la realtà. Significherebbe smettere di concentrarsi esclusivamente sui contagi e rendersi conto che - allo stato attuale - non siamo in grado di eliminarli del tutto. Il problema, appunto, sta nel fatto che la «convivenza» proposta è semplicemente un invito ad abituarsi a limitazioni, chiusure e tesserine verdi. L'aspetto più surreale è che a demolire la retorica sul green pass, la sua efficacia e la sua imprescindibilità sono proprio i talebani della restrizione, a partire da Crisanti e Magrini.Il direttore dell'Aifa ieri è apparso molto soddisfatto. «Il 30 settembre si chiude la campagna vaccinale di massa. Obiettivo centrato», ha detto. «Raggiungeremo oltre il 70% della popolazione. Un grande risultato». Secondo Magrini, «non ci sono dati che ci fanno preoccupare per la mancata protezione, anzi». Tutto molto bello, insomma. Ma se la campagna sta funzionando, e se la protezione c'è, per quale motivo tocca sentire ogni giorno allarmi spropositati e urla belluine contro i presunti no vax? Il direttore dell'Aifa offre un'informazione interessante: «Lo scenario ora è decisamente migliore», spiega, «fermo restando che bisognerà continuare a rispettare le regole di igiene e distanziamento». In poche frasi, Magrini ha smontato il primo, granitico, luogo comune riguardante il green pass: non è vero che serva a renderci più liberi. Infatti dovremo continuare a portare le mascherine, a mantenere le distanze e a sottoporci ai vaccini, forse per anni.Di sgretolare le restanti bugie sulla tesserina si occupa Crisanti. È un tifoso del green pass, lo considera uno strumento che «spinge le persone a vaccinarsi». Però precisa che, «se si volesse creare ambienti sicuri» bisognerebbe concedere il lasciapassare soltanto a chi ha fatto la seconda dose (in attesa della terza) e negarlo a chi ha solo il tampone (perché «significa depotenziarlo», cioè offrire una scappatoia alla popolazione). Crisanti è poi convinto che il vaccino non basterà e che se non siamo in emergenza è merito soprattutto dell'estate. Spiega inoltre che «la variante Delta infetta anche i vaccinati», che sui treni a lunga percorrenza «la mascherina Ffp2 è più sicura del green pass» e che «vaccinarsi protegge soprattutto dalla malattia grave». Se si concedesse il green pass soltanto a chi si è sottoposto a due iniezioni, dice, si potrebbe addirittura riaprire le discoteche.Ebbene, se mettiamo assieme le dichiarazioni di Crisanti e quelle di Magrini - due strenui sostenitori della «linea dura» - ci rendiamo conto che il lasciapassare verde, così come concepito, è del tutto inutile, se non dannoso, perché rischia di diffondere una falsa sicurezza fra gli italiani. La tesserina non ci rende più sicuri, né più liberi. Non evita i contagi. Anzi, può persino darsi che in qualche caso li favorisca. In compenso sta già creando danni economici a varie categorie, complica la vita a tantissime famiglie e ai singoli, e contribuisce a rendere endemico il conflitto sociale.La propaganda pandemica, non a caso, sta raggiungendo vette degne di una repubblica popolare. Su alcuni giornali capita di leggere elogi dei piccoli pionieri del socialismo sanitario, ovvero i componenti della «generazione V». Scrive Repubblica con grande soddisfazione che «sono stati più di un milione i ragazzi tra i 12 e i 19 anni che hanno ricevuto il vaccino e un milione e mezzo quelli poco più grandi nella fascia tra i e i 29 anni». Posto che tra vaccinare un maggiorenne e un dodicenne c'è un abisso, a impressionare sono i toni. Repubblica dà la parola al virologo Massimo Clementi, il quale afferma: «I ragazzi credono nella scienza e riescono a essere scevri dalla cultura dei genitori quando questi hanno idee diverse». Capito? Si compiace del fatto che si creino spaccature nelle famiglie sul vaccino, con i giovani che obbediscono allo Stato ignorando i genitori. Visto che la deriva sovietica ci tocca comunque, tanto valeva che il governo decretasse l'obbligo vaccinale, evitando così di imporlo surrettiziamente. Perché non lo ha fatto? Probabilmente perché sarebbe stato troppo rischioso sotto vari punti di vista (ricorsi, risarcimenti, eventuali dosi mancanti…). E, soprattutto, si sarebbe dovuto rinunciare al green pass, cioè a un formidabile strumento di controllo. Con la libertà condizionata, del resto, dovremo convivere: iniziate a prepararvi.
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