2019-10-08
Pure gli alleati bacchettano Conte sui servizi
L'avvocato inchiodato alle sue responsabilità e omissioni anche da insospettabili sostenitori. Per Mario Monti il suo comportamento è «anomalo» e Pierferdinando Casini lo spinge «a riferire in Aula». L'opposizione spara ad alzo zero e Matteo Salvini lo provoca: «Scappa da mesi».Giuseppe Conte sulla graticola. Il filone italiano del Russiagate sconvolge il ciuffo del premier, sotto attacco non solo da parte delle opposizioni, ma anche di autorevoli esponenti del mondo politico che hanno dato la fiducia al suo secondo governo, quello sostenuto dalla maggioranza Pd-M5s. Matteo Salvini ieri ha continuato ad affondare i colpi: «C'è un Conte in fuga», ha detto il leader della Lega, «c'è un avvocato in fuga da mesi sulla sua gestione dei servizi, sui suoi conflitti di interessi, sulle sue parcelle. È in fuga, ma si dovrà fermare e qualcuno gli chiederà conto di tutto. Conte dice che la gente lo ama e lo ferma per la strada? E lo capisco! Certo, con la megascorta... Ma vi rendete conto», ha azzannato Salvini, «della pochezza di uno che va nelle zone del terremoto e non incontra i terremotati? Della piccineria di chi si definì avvocato del popolo e ora pensa al suo ciuffo, alla sua carriera, al suo interesse personale?». Salvini è scatenato: «C'è un presidente del Consiglio in fuga, un avvocato in fuga», ha scandito l'ex vicepremier, «da troppo tempo, dalle domande che Parlamento e Paese gli rivolgono sulla sua gestione dei servizi, sui suoi presunti conflitti di interesse, sui suoi rapporti professionali, su parcelle e concorsi. Il presidente del Consiglio», incalza Salvini, «dovrebbe essere il più specchiato e trasparente del mondo. Ma prima o poi si fermerà e gli si chiederà conto di quello che ha detto, e che non ha detto, che ha fatto, e che non ha fatto». Sempre dalla Lega è arrivato l'attacco del deputato Edoardo Rixi, che ospite di Agorà, su Rai3, in merito alla al filone italiano del Russiagate, si è tolto qualche macigno dalle scarpe: «Noi», ha detto Rixi, riferendosi all'affaire-Savoini, «siamo certi che su quella vicenda non c'è nulla, vorremmo che la magistratura lavori in tranquillità e faccia chiarezza in una vicenda in cui, in parte, ci ha tirato dentro anche il presidente del Consiglio. Quindi, ci piacerebbe anche capire come vengano utilizzati in questo Paese i servizi segreti. Quando Salvini ha detto che non sarebbe andato in Parlamento perché non aveva nulla da riferire, Conte ha detto che lui invece aveva cose da riferire, poi», ha aggiunto Rixi, «non le ha riferite, altrimenti non parleremmo ancora di questo argomento. Quindi vorremo capire se ad esempio i nostri servizi sanno più cose di quello che è emerso oppure no». «L'equiparazione della Leopolda al Papeete», ha sottolineato la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini, «significa che il barometro della maggioranza segna già tempesta. Orlando attacca frontalmente Renzi, su Iva e cuneo fiscale è rissa continua, Di Maio contesta Conte sugli F35, e come ciliegina sulla torta Renzi intima al premier di lasciare la delega sui servizi segreti dopo il capitolo romano del Russiagate».Se gli attacchi della Lega sono in qualche modo comprensibili, quelli dei presunti alleati del premier col ciuffo sono assai più preoccupanti. «Così non va», ha detto ieri il senatore a vita Mario Monti, a Omnibus su La7, «La delega ai servizi? Io per diversi mesi dall'inizio della mia presidenza del Consiglio non ho delegato. Per due motivi: il primo, didattico nei miei confronti. Ero nuovo in quel mondo e mi sembrava giusto nei primi mesi familiarizzarmi con quelle questioni delicatissime, intrattenendo un rapporto col capo del Dis. Inoltre non conoscevo le persone a cui potevo delegare, prima ho voluto conoscerle e ho delegato diversi mesi dopo. La seconda questione», ha aggiunto Monti, «il fatto che il premier venga invitato ad intervenire al Copasir, è normale: anche io lo avevo fatto. Venendo alla sostanza, i servizi segreti servono alla sicurezza della repubblica italiana, non di altri. E sono segreti, come dice la parola: trovo molto anomalo e particolare che vengano messi in rapporto diretto con una potenza straniera, sia pure grande alleata. Quindi, effettivamente credo che ci siano delle cose da chiarire».Molto significativa anche la considerazione affidata alla Stampa dal senatore Pierferdinando Casini. A proposito della delega ai servizi, ancora nelle mani di Conte, Casini ha detto che «i premier più esperti e più capaci hanno sempre delegato questa responsabilità, perché c'è la necessità di competenze specifiche e di un impegno al cento per cento. Peraltro rischia di essere inavveduta l'idea che qualche consigliere del presidente possa supplire dando i consigli giusti. Perché ciascuno risponde a una cordata e quindi in quel ruolo serve un'autorità con delle competenze specifiche». Sull'incontro segreto fra il capo del Dis Gennaro Vecchione e il ministro della Giustizia Usa William Barr, «è chiaro», ha sottolineato Casini, «che rischia di finire in Parlamento. Proprio per l'esposizione in prima persona del premier, il rischio che qualcuno chieda un dibattito in Aula, anche dopo la sua audizione al Copasir, c'è. E sotto il profilo politico, Conte farebbe fatica a sottrarsi a questa richiesta». Dunque, per Conte il barometro segna tempesta in arrivo. Il filone italiano del Russiagate è certamente un rompicapo, e la posizione del premier sembra sempre più traballante. Nei prossimi giorni, a partire da quando Conte sarà ascoltato dal Copasir, ci saranno probabilmente altri clamorosi risvolti.