2021-05-24
Pur di tassarci Letta scimmiotta i Maneskin
Il segretario Pd invita a non stare «Zitti e buoni» (la canzone del gruppo che ha conquistato l'Eurovision): un riferimento alla lotta per la tassa di successione, che non piace nemmeno al partito. Ennesimo progetto fallimentare dopo ddl Zan, ius soli e donne preteCosa c'è di peggio del solito moderato centrista, grigio per definizione, democristiano dentro, mediatore al ribasso da quando al ribasso da quando aveva i pantaloni corti? Il moderato centrista che improvvisamente si mette a fare l'estremista, per tentare di dimostrare a sé stesso e agli altri di avere le carte in regola per stare a sinistra. È questa la sindrome che sembra affliggere Enrico Letta, giunto un paio di mesi fa al capezzale di un Pd malato. Peccato che, dopo 60 giorni di presunta terapia, le condizioni del paziente siano sensibilmente peggiorate. Al punto che i compagni di partito già si interrogano se non sia il caso di rimandare in Francia il «dolce Enrico». C'è da immaginare che a quel punto, però, a dolersi sarebbero proprio gli studenti di Sciences Po, l'ateneo che Letta guidava fino al marzo scorso: l'idea di un professore che propone di uscire da una recessione economica a suon di tasse è francamente bizzarra. I più spietati, sui social, hanno già evocato i «cervelli in fuga»: ma non esattamente nel senso dell'espatrio. tormentonePovero Letta. La descrizione più perfida ed efficace della sua «linea» l'ha fatta Pietrangelo Buttafuoco, che l'ha paragonato al piccolo Peppiniello di Miseria e nobiltà, il bimbo che ripeteva in continuazione: «Vincenzo m'è padre a me». Ecco, Letta, invece, ripete ossessivamente: «Ius soli e legge Zan». Non parendogli abbastanza, il segretario Pd ha aggiunto da tre giorni un terzo tormentone ai due con i quali già imperversava. E cioè? Aumentare la tassa di successione per finanziare un bonus, l'ennesimo, in questo caso a favore dei diciottenni. Ai quali - par di capire - anziché offrire un mercato del lavoro funzionante, e dunque reali opportunità di lavoro, Letta vorrebbe far avere il solito minisussidio. Tra l'altro, a rendere tutto più surreale, è la motivazione addotta dal Pd. Con 10.000 euro, ragazze e ragazzi dovrebbero riuscire a «formarsi, prendere casa, creare nuove imprese». Avete letto bene: tutto questo con 10.000 euro. Se non parlassimo di cose drammaticamente serie, ci sarebbe perfino da ridere. Inevitabile, a quel punto, il manrovescio di Mario Draghi, che ha stroncato l'iniziativa. E inevitabile pure il dileggio di un centrodestra per una volta unito. Anzi, si potrebbe dire che proprio nel momento in cui Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia hanno più di un problema, a partire dall'individuazione dei candidati a sindaco, il loro asset migliore sono proprio i clamorosi autogol del segretario del Pd. Una polizza d'assicurazione, politicamente parlando, per il centrodestra: non a caso ieri Matteo Salvini ha maramaldeggiato, proponendo al Pd di cambiare sigla in «Pdt: partito delle tasse», perché «la mattina si svegliano e hanno come massima ambizione quella di tassare qualcosa o qualcuno». Ma Letta, anziché fermarsi in corsia d'emergenza, sembra voler premere l'acceleratore per piazzarsi in corsia di sorpasso. E cerca dall'altro ieri di tenere il punto, di dimostrare che ha ragione lui. Mezzo partito è a disagio, altri a sinistra (pietosamente) cercano di ritoccare la proposta di tassazione, facendola scattare non da 1 milione di euro ma da 5, giusto per renderla appena un po' meno impresentabile. Eppure Letta insiste. Ieri sera si è presentato nei comodi (per lui) studi di Fabio Fazio. Di più: pare che la proposta sia stata pure inserita in un libro (si intitola Anima e cacciavite) che rischia di diventare imbarazzante a sinistra più o meno come il (non a caso ritirato) volume di Roberto Speranza, qualche mese fa. In ogni caso, Letta non si dà tregua. Nel tempo libero, come ha raccontato ieri Maurizio Belpietro, si è proposto nientemeno che come teologo, aprendo al sacerdozio femminile. Poi, passando di palo in frasca, il segretario Pd s'è buttato anche sulla vittoria dei Maneskin all'Eurovision song contest, e, twittando compulsivamente, ha lasciato cadere: «Sì, non state zitti e buoni». Per chi non lo sapesse, Zitti e buoni è il titolo dell'ultimo singolo del gruppo rock. Ma, neanche troppo subliminalmente, Letta allude a sé stesso, che non starà «zitto e buono» e difenderà la sua proposta, per quanto cervellotica e bocciata da quasi tutti. ZingarettiSempre peggio, insomma. E il quadro è reso ancora più surreale dal fallimento della strategia politica che unisce Letta al suo predecessore Nicola Zingaretti: quella di un'alleanza strutturale con i 5 stelle, che invece sembra naufragata almeno per le comunali di ottobre. Cosa resta, dunque? Un leader politico che si proponeva di essere l'elemento stabilizzante del governo, e invece è proprio lui a creare una tensione al giorno, anche compromettendo il rapporto con Draghi. Un leader che doveva aprire al mondo produttivo, e invece sciorina proposte killer contro il ceto medio. E un leader di formazione moderata che invece sale sulle barricate per uno ius soli e una legge Zan che, a questo punto, ben difficilmente otterrà. Se si fosse in un'aula giudiziaria, Letta sarebbe probabilmente assolto, in ogni caso. Ma non per non aver commesso il fatto, bensì per non averlo compreso.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)