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2025-03-25
Il progetto dei volenterosi è nato già morto
Emmanuel Macron e Keir Starmer (Getty Images)
Il progetto dei cosiddetti volenterosi pare destinato a naufragare ancora prima che possa prenderne forma concretamente. L’iniziativa intrapresa da Regno Unito e Francia, che ha come obiettivo la formazione di una coalizione in grado di fornire truppe di peacekeeping a sostegno dell’Ucraina in modo da garantire sicurezza nella regione una volta che sarà raggiunto l’accordo di pace con la Russia, sta incontrando non poche difficoltà lungo la strada. Allo scetticismo manifestato da diversi analisti e funzionari militari sulle effettive possibilità di realizzazione e sull’efficacia dell’iniziativa, ai dubbi su quali soldati inviare e quali equipaggiamenti bellici utilizzare e agli interrogativi sul funzionamento del piano senza il supporto degli Stati Uniti, sia a livello di intelligence che di copertura aerea, sono sopraggiunti ieri altri due fattori che non favoriscono il tentativo europeo immaginato da Keir Starmer ed Emmanuel Macron di avere voce in capitolo sullo scenario geopolitico attuale.
In primis il ruolo della Cina. Nei giorni scorsi, infatti, sulla stampa tedesca era circolata la notizia secondo cui il Dragone starebbe valutando la possibilità di spedire i propri militari in missione di peacekeeping e unirsi quindi alla coalizione dei volenterosi, con il Welt am Sonntag, edizione domenicale del quotidiano tedesco Die Welt, che citando fonti diplomatiche europee si è spinto addirittura ad affermare che «l’inclusione della Cina in una coalizione dei volenterosi potrebbe potenzialmente aumentare l’accettazione da parte della Russia di truppe di mantenimento della pace in Ucraina». Tuttavia, ieri, da Pechino è arrivata una secca smentita, con il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun che ha parlato di fake news: «Sono notizie del tutto false, la posizione della Cina sulla crisi in Ucraina resta coerente e inequivocabile». Solitamente, quando una notizia circola e poi viene smentita, la verità sta in mezzo e in questa circostanza è probabile che l’indiscrezione di stampa sulla partecipazione cinese al piano europeo in sostegno di Kiev possa essere espressione di un tentativo di coinvolgimento spontaneo da parte di Germania e Francia, con messaggio subliminale rivolto a Washington incluso.
L’altra grana che mette in forte discussione la realizzazione del progetto, fortemente criticata anche dall’inviato speciale Usa Steve Witkoff che lo ha definito «una posa semplicistica», è invece interna al Regno Unito. Diverse fonti militari di alto livello hanno infatti confidato al The Telegraph i propri dubbi sull’iniziativa di Starmer: «Sir Keir si è spinto troppo avanti parlando di truppe sul campo prima di sapere di cosa stesse parlando. Ed è per questo che ora sentiamo parlare meno di questo e più di aerei e navi, che sono più facili da impiegare e non richiedono una base in Ucraina» ha dichiarato un veterano dell’esercito dopo che il quotidiano inglese aveva rivelato la scorsa settimana che tra le proposte discusse dalla coalizione dei volenterosi ci sarebbe quella secondo cui i Typhoon della Raf avrebbero pattugliato i cieli ucraini e fornito copertura aerea alle eventuali truppe di terra. «Non esiste un obiettivo militare definito, né ipotesi strategiche militari ben pianificate. È tutto un teatro politico» ha attaccato un’altra fonte militare. Secondo un funzionario dell’esercito quella di Starmer è soltanto un’iniziativa politica senza alcun senso militare: «Ci sono circa 700.000 soldati russi dentro e intorno all’Ucraina e più di un milione di ucraini sotto le armi», ha spiegato. «Che cosa dovrebbe fare una forza internazionale di 10.000 uomini situata nell’Ovest del Paese, a più di 400 chilometri dalla linea del fronte? Non può nemmeno proteggere sé stessa. Qual è la missione? Qual è la sua legittimità? Quali sono le regole di ingaggio? Come viene comandata, rifornita e alloggiata? Per quanto tempo dovrebbe rimanere lì e perché? Nessuno lo sa». Critiche sul piano dei volenterosi sono piovute anche dall’ex segretario alla Difesa, Ben Wallace: «Putin percepisce che Europa e Regno Unito non hanno abbastanza risolutezza ed è per questo che non ci prende sul serio. Gli ultimi colloqui sulla coalizione sono stati più retorica che sostanza».
Ciononostante, Starmer e Macron non mostrano alcuna intenzione di far abortire l’iniziativa. Incassati questi colpi, i leader di Regno Unito e Francia si ritroveranno giovedì a Parigi per un nuovo vertice a cui parteciperanno anche il premier italiano Giorgia Meloni e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky; mentre ieri, il capo di Stato maggiore della Difesa britannica Tony Radakin, dopo aver respinto le critiche al piano definendole «sciocchezze» in quanto «le discussioni in corso sono serie», ha ricevuto a Whitehall il suo omologo francese per discutere di cooperazione tra i due Paesi e ribadire la determinazione della coalizione nel garantire la sicurezza dell’Ucraina. Tutto questo nelle ore in cui in Arabia Saudita, a Riad, si intensificavano i colloqui di pace tra le delegazioni di Russia e Stati Uniti.
Ursula alza il salario ai burocrati: è la settima volta in appena 3 anni
Nonostante gli spettri della crisi economica e un ruolo politico sempre più marginale, per l’Unione europea c’è comunque una certezza. L’aumento di stipendio dei suoi circa 66.000 dipendenti.
Preciso come un orologio, il ritocco arriverà in busta paga da aprile. Il settimo incremento a partire dall’inizio del 2022. Per carità, un aggiustamento dovuto, un arrotondamento del salario che dipende dall’inflazione. Che però stride a fronte di un’Europa che dal 2019 è cresciuta solo del 5% rispetto al 12% degli Usa, impegnata più a proteggere, e quindi a introdurre una miriade di norme e vincoli burocratici su privacy, dati e clima piuttosto che focalizzarsi sulla crescita, e che un po’ cozza a fronte di stipendi più che rotondi. I funzionari nei gradi più alti passeranno infatti dagli attuali 23.262 euro a ben 25.229 euro al mese. Chiaramente parliamo del solo stipendio, perché per chi lavora nelle istituzioni europee sono previste una lunga serie di indennità, da quelle per la casa, per l’istruzione o le trasferte. Secondo il quotidiano tedesco Bild, in questi anni anche lo stipendio dei commissari sarebbe aumentato e di ben 2.200 euro al mese arrivando a mensilità pari a circa 28.400 euro. Non sarebbe da meno il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che sempre secondo i calcoli di Bild, ormai vedrebbe il proprio operato premiato con 2.700 euro in più al mese per uno stipendio pari a circa 34.800 euro.
Il ritocco per dipendenti e funzionari, in realtà, doveva arrivare già nel 2024. Poi però, evidentemente a fronte di un Natale molto generoso che sotto l’albero al terzo piano dell’Europarlamento dedicato ad Altiero Spinelli aveva fatto trovare un aumento del 4,1%, e di un ulteriore aumento del 3% che era arrivato nei primi sei mesi dello scorso anno, un aumento totale dell’8,3% in un solo anno deve essere sembrato troppo persino a Bruxelles.
E così, con la stessa delicatezza con cui le pagine del sito dell’Unione europea dedicate ai salari mensili, definiscono «servants», letteralmente «servitori», i propri stipendiati, evidentemente si è pensato bene di utilizzare la cosiddetta «clausola di moderazione» e recuperare il rimanente 1,2% nei primi mesi del 2025.
Quanto agli stipendi base dei funzionari, escluse le somme forfettarie esentasse, dai 3.361 euro percepiti a partire dai primi del 2024, dal prossimo aprile si arriverà a 3.645 euro.
Va detto che di norma gli stipendi vengono aumentati una volta all’anno con effetto retroattivo al 1° luglio in base all’andamento dei salari nei servizi pubblici degli Stati membri nonché dell’inflazione e quindi del costo della vita a Bruxelles e in Lussemburgo. Ma proprio a causa della forte inflazione degli ultimi anni, l’Unione europea ha applicato una sorta di regolamentazione speciale che prevede che parte dell’aumento venga pagata il primo gennaio. Per questo, la busta paga dei dipendenti dell’Ue, dal 2022 lievita solitamente il primo di gennaio e di luglio. Quanto all’anno in corso, se il tasso di inflazione non dovesse scendere, potrebbero esserci addirittura tre aumenti e dopo l’integrazione per il 2024 di aprile, da metà anno si potrebbe effettuare un aumento anticipato con effetto retroattivo a partire da gennaio. Il restante aumento scatterebbe successivamente, a luglio.
Insomma, a Bruxelles gli stipendi continuano a salire. Ma l’Unione europea non è l’unica a premiare il proprio operato nonostante tutto. Nonostante avesse chiuso il 2024 in rosso con perdite pari a 7,9 miliardi, la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha pensato bene di alzare il proprio stipendio del 4,7% passando da 444.984 mila euro a 466.092. Un incremento che, dati i magri risultati, risulta veramente difficile da spiegare.
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Germania e Francia tirano per la giacca Pechino, che però smentisce qualsiasi coinvolgimento nel piano Macron. E dopo i dubbi manifestati dagli analisti, Starmer incassa il no dei veterani dell’esercito, che ai media confidano: «Non sa di cosa sta parlando».Ursula von der Leyen alza il salario ai burocrati. Causa inflazione, ad aprile ennesimo aumento in busta paga per 66.000 dipendenti.Lo speciale contiene due articoli.Il progetto dei cosiddetti volenterosi pare destinato a naufragare ancora prima che possa prenderne forma concretamente. L’iniziativa intrapresa da Regno Unito e Francia, che ha come obiettivo la formazione di una coalizione in grado di fornire truppe di peacekeeping a sostegno dell’Ucraina in modo da garantire sicurezza nella regione una volta che sarà raggiunto l’accordo di pace con la Russia, sta incontrando non poche difficoltà lungo la strada. Allo scetticismo manifestato da diversi analisti e funzionari militari sulle effettive possibilità di realizzazione e sull’efficacia dell’iniziativa, ai dubbi su quali soldati inviare e quali equipaggiamenti bellici utilizzare e agli interrogativi sul funzionamento del piano senza il supporto degli Stati Uniti, sia a livello di intelligence che di copertura aerea, sono sopraggiunti ieri altri due fattori che non favoriscono il tentativo europeo immaginato da Keir Starmer ed Emmanuel Macron di avere voce in capitolo sullo scenario geopolitico attuale.In primis il ruolo della Cina. Nei giorni scorsi, infatti, sulla stampa tedesca era circolata la notizia secondo cui il Dragone starebbe valutando la possibilità di spedire i propri militari in missione di peacekeeping e unirsi quindi alla coalizione dei volenterosi, con il Welt am Sonntag, edizione domenicale del quotidiano tedesco Die Welt, che citando fonti diplomatiche europee si è spinto addirittura ad affermare che «l’inclusione della Cina in una coalizione dei volenterosi potrebbe potenzialmente aumentare l’accettazione da parte della Russia di truppe di mantenimento della pace in Ucraina». Tuttavia, ieri, da Pechino è arrivata una secca smentita, con il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun che ha parlato di fake news: «Sono notizie del tutto false, la posizione della Cina sulla crisi in Ucraina resta coerente e inequivocabile». Solitamente, quando una notizia circola e poi viene smentita, la verità sta in mezzo e in questa circostanza è probabile che l’indiscrezione di stampa sulla partecipazione cinese al piano europeo in sostegno di Kiev possa essere espressione di un tentativo di coinvolgimento spontaneo da parte di Germania e Francia, con messaggio subliminale rivolto a Washington incluso.L’altra grana che mette in forte discussione la realizzazione del progetto, fortemente criticata anche dall’inviato speciale Usa Steve Witkoff che lo ha definito «una posa semplicistica», è invece interna al Regno Unito. Diverse fonti militari di alto livello hanno infatti confidato al The Telegraph i propri dubbi sull’iniziativa di Starmer: «Sir Keir si è spinto troppo avanti parlando di truppe sul campo prima di sapere di cosa stesse parlando. Ed è per questo che ora sentiamo parlare meno di questo e più di aerei e navi, che sono più facili da impiegare e non richiedono una base in Ucraina» ha dichiarato un veterano dell’esercito dopo che il quotidiano inglese aveva rivelato la scorsa settimana che tra le proposte discusse dalla coalizione dei volenterosi ci sarebbe quella secondo cui i Typhoon della Raf avrebbero pattugliato i cieli ucraini e fornito copertura aerea alle eventuali truppe di terra. «Non esiste un obiettivo militare definito, né ipotesi strategiche militari ben pianificate. È tutto un teatro politico» ha attaccato un’altra fonte militare. Secondo un funzionario dell’esercito quella di Starmer è soltanto un’iniziativa politica senza alcun senso militare: «Ci sono circa 700.000 soldati russi dentro e intorno all’Ucraina e più di un milione di ucraini sotto le armi», ha spiegato. «Che cosa dovrebbe fare una forza internazionale di 10.000 uomini situata nell’Ovest del Paese, a più di 400 chilometri dalla linea del fronte? Non può nemmeno proteggere sé stessa. Qual è la missione? Qual è la sua legittimità? Quali sono le regole di ingaggio? Come viene comandata, rifornita e alloggiata? Per quanto tempo dovrebbe rimanere lì e perché? Nessuno lo sa». Critiche sul piano dei volenterosi sono piovute anche dall’ex segretario alla Difesa, Ben Wallace: «Putin percepisce che Europa e Regno Unito non hanno abbastanza risolutezza ed è per questo che non ci prende sul serio. Gli ultimi colloqui sulla coalizione sono stati più retorica che sostanza».Ciononostante, Starmer e Macron non mostrano alcuna intenzione di far abortire l’iniziativa. Incassati questi colpi, i leader di Regno Unito e Francia si ritroveranno giovedì a Parigi per un nuovo vertice a cui parteciperanno anche il premier italiano Giorgia Meloni e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky; mentre ieri, il capo di Stato maggiore della Difesa britannica Tony Radakin, dopo aver respinto le critiche al piano definendole «sciocchezze» in quanto «le discussioni in corso sono serie», ha ricevuto a Whitehall il suo omologo francese per discutere di cooperazione tra i due Paesi e ribadire la determinazione della coalizione nel garantire la sicurezza dell’Ucraina. Tutto questo nelle ore in cui in Arabia Saudita, a Riad, si intensificavano i colloqui di pace tra le delegazioni di Russia e Stati Uniti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/progetto-volenterosi-nato-gia-morto-2671403667.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ursula-alza-il-salario-ai-burocrati-e-la-settima-volta-in-appena-3-anni" data-post-id="2671403667" data-published-at="1742893265" data-use-pagination="False"> Ursula alza il salario ai burocrati: è la settima volta in appena 3 anni Nonostante gli spettri della crisi economica e un ruolo politico sempre più marginale, per l’Unione europea c’è comunque una certezza. L’aumento di stipendio dei suoi circa 66.000 dipendenti. Preciso come un orologio, il ritocco arriverà in busta paga da aprile. Il settimo incremento a partire dall’inizio del 2022. Per carità, un aggiustamento dovuto, un arrotondamento del salario che dipende dall’inflazione. Che però stride a fronte di un’Europa che dal 2019 è cresciuta solo del 5% rispetto al 12% degli Usa, impegnata più a proteggere, e quindi a introdurre una miriade di norme e vincoli burocratici su privacy, dati e clima piuttosto che focalizzarsi sulla crescita, e che un po’ cozza a fronte di stipendi più che rotondi. I funzionari nei gradi più alti passeranno infatti dagli attuali 23.262 euro a ben 25.229 euro al mese. Chiaramente parliamo del solo stipendio, perché per chi lavora nelle istituzioni europee sono previste una lunga serie di indennità, da quelle per la casa, per l’istruzione o le trasferte. Secondo il quotidiano tedesco Bild, in questi anni anche lo stipendio dei commissari sarebbe aumentato e di ben 2.200 euro al mese arrivando a mensilità pari a circa 28.400 euro. Non sarebbe da meno il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che sempre secondo i calcoli di Bild, ormai vedrebbe il proprio operato premiato con 2.700 euro in più al mese per uno stipendio pari a circa 34.800 euro. Il ritocco per dipendenti e funzionari, in realtà, doveva arrivare già nel 2024. Poi però, evidentemente a fronte di un Natale molto generoso che sotto l’albero al terzo piano dell’Europarlamento dedicato ad Altiero Spinelli aveva fatto trovare un aumento del 4,1%, e di un ulteriore aumento del 3% che era arrivato nei primi sei mesi dello scorso anno, un aumento totale dell’8,3% in un solo anno deve essere sembrato troppo persino a Bruxelles. E così, con la stessa delicatezza con cui le pagine del sito dell’Unione europea dedicate ai salari mensili, definiscono «servants», letteralmente «servitori», i propri stipendiati, evidentemente si è pensato bene di utilizzare la cosiddetta «clausola di moderazione» e recuperare il rimanente 1,2% nei primi mesi del 2025. Quanto agli stipendi base dei funzionari, escluse le somme forfettarie esentasse, dai 3.361 euro percepiti a partire dai primi del 2024, dal prossimo aprile si arriverà a 3.645 euro. Va detto che di norma gli stipendi vengono aumentati una volta all’anno con effetto retroattivo al 1° luglio in base all’andamento dei salari nei servizi pubblici degli Stati membri nonché dell’inflazione e quindi del costo della vita a Bruxelles e in Lussemburgo. Ma proprio a causa della forte inflazione degli ultimi anni, l’Unione europea ha applicato una sorta di regolamentazione speciale che prevede che parte dell’aumento venga pagata il primo gennaio. Per questo, la busta paga dei dipendenti dell’Ue, dal 2022 lievita solitamente il primo di gennaio e di luglio. Quanto all’anno in corso, se il tasso di inflazione non dovesse scendere, potrebbero esserci addirittura tre aumenti e dopo l’integrazione per il 2024 di aprile, da metà anno si potrebbe effettuare un aumento anticipato con effetto retroattivo a partire da gennaio. Il restante aumento scatterebbe successivamente, a luglio. Insomma, a Bruxelles gli stipendi continuano a salire. Ma l’Unione europea non è l’unica a premiare il proprio operato nonostante tutto. Nonostante avesse chiuso il 2024 in rosso con perdite pari a 7,9 miliardi, la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha pensato bene di alzare il proprio stipendio del 4,7% passando da 444.984 mila euro a 466.092. Un incremento che, dati i magri risultati, risulta veramente difficile da spiegare.
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)
In particolare, la riforma abolisce l’Abilitazione scientifica nazionale, una procedura di valutazione avviata dal ministero dell’Università e della Ricerca per accertare l’idoneità scientifica dei candidati a ricoprire il ruolo di professore universitario ordinario o associato, senza la quale non si può partecipare a concorsi o rispondere a chiamate nei ruoli di professore associato o ordinario presso le università italiane. Una commissione di cinque docenti decide se il candidato può ricevere o no l’abilitazione: tutto viene deciso secondo logiche di appartenenza a questa o quella consorteria.
Intervenendo in aula su questa riforma, il senatore Crisanti ha pronunciato un discorso appassionato, solenne: «Lo dico chiaramente in quest’Aula», ha scandito Crisanti, «io, in 40 anni, non sono venuto a conoscenza di un singolo concorso di cui non si sapesse il vincitore prima e non c’è un singolo docente che mi abbia mai smentito. Questa è la situazione dei nostri atenei oggi. La maggior parte del nostro personale universitario ha preso la laurea all’università, ha fatto il dottorato nella stessa università, ha fatto il ricercatore, l’associato e infine il professore. Questo meccanismo di selezione ha avuto un impatto devastante sulla qualità della ricerca e dell’insegnamento nelle nostre università». Difficile non essere d’accordo con Crisanti, che però ha trascurato, nel corso del suo discorso, un particolare: suo figlio Giulio dall’ottobre 2022 è dottorando in fisica e astronomia all’Università del Bo di Padova, la stessa dove il babbo insegnava quando ha superato la selezione.
Ora, nessuno mette in dubbio le capacità di Crisanti jr, laureato in astrofisica all’Università di Cambridge, ma la coincidenza è degna di nota. Lo stesso Giulio, intervistato nel marzo 2022 dal Corriere del Veneto, affrontava l’argomento: «Ha deciso di fare il dottorato a Padova perché suo padre era già qui?», chiedeva l’intervistatore. «No, l’avrei evitato più che volentieri», rispondeva Crisanti jr, «ma ho fatto tanti concorsi in Italia e l’unico che ho passato è stato quello del Bo». Ma come mai il giovane Crisanti veniva intervistato? Perché ha seguito le orme di babbo Andrea anche in politica: nel 2022 si è candidato alle elezioni comunali di Padova, nella lista Coalizione civica, a sostegno del sindaco uscente di centrosinistra Sergio Giordani. Il sindaco ha rivinto le elezioni, ma per Giulio Crisanti il bottino è stato veramente magro: ha preso appena 25 preferenze.
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Angelo Borrelli (Imagoeconomica)
Poi aggiunge che quella documentazione venne trasmessa al Comitato tecnico scientifico. Il Cts validò. I numeri ballavano tra 120 e 140 ventilatori. La macchina partì. La miccia, però, viene accesa per via politica il 10 marzo 2020. Borrelli lo ricostruisce con precisione quasi notarile. «Arriva dalla segreteria del viceministro Pierpaolo Sileri un’email». Il mittente è la segreteria del viceministro. Il senso è chiaro. «Come richiesto dal ministro Speranza e noto al ministro Luigi Di Maio, ti ringrazio in anticipo anche da parte di Pierpaolo per le opportune valutazioni che vorrai effettuare al fine di garantire il più celere arrivo della strumentazione». Sono i ventilatori polmonari cinesi. La disponibilità viene rappresentata dopo un’interlocuzione politica. E a quel punto entra ufficialmente in scena la Silk Road. Il contatto, conferma Borrelli, non arriva per caso. «C’è un’email dell’11 marzo che […] facendo seguito a quanto detto dal dottor Domenico Arcuri, come d’accordo, ecco i contatti della Silk Road».
Ed è a questo punto che la deputata di Fratelli d’Italia Alice Buonguerrieri scatta: «Quindi è un contatto, quello della società Silk Road, che vi viene dalla struttura commissariale?». La risposta è secca. «Sì, viene dalla struttura commissariale di Domenico Arcuri». Arcuri, in quel momento, non è ancora formalmente commissario straordinario (lo diventerà il 18 marzo). Ma è già dentro il Dipartimento, si muove nel Comitato tecnico operativo, il Cto. «Perché il commissario Arcuri era già presente al dipartimento e iniziava ad affiancare…», cerca di spiegare Borrelli. Il passaggio politico-amministrativo non è casuale. Perché la Silk Road arriva sul tavolo della Protezione civile per quella via. La fornitura è pesante. «Ventilatori polmonari per un totale di 140», al costo di 2 milioni e 660.000 euro. «Ho qui la lettera di commessa», conferma Borrelli. La firma in calce non è italiana. «La lettera è firmata da un director, Wu Bixiu». E c’è un timbro cinese. La Verità quell’intermediazione all’epoca l’aveva ricostruita. La Silk Road Global Information limited che intermedia la fornitura è legata alla Silk Road cities alliance, un think tank del governo di Pechino a sostegno della Via della Seta. Ai vertici di quell’ente c’era anche Massimo D’Alema, insieme a ex funzionari del governo cinese. E infatti, conferma ora Borrelli, «c’è anche una email in cui si cita il presidente D’Alema». Però, quando gli viene chiesto apertamente se D’Alema abbia fatto da tramite, mette le mani avanti: «Io non so nulla di questo».
Di certo Baffino doveva aver rassicurato l’azienda cinese. Tant’è che la società aveva scritto: «Abbiamo appena ricevuto informazioni dall’onorevole D’Alema che il vostro governo acquisterà tutti i ventilatori nella lista. Quindi acquisteremo i 416 set per voi il prima possibile». «I nostri», spiega Borrelli, «gli hanno risposto «noi compriamo quelli che ci servono», cioè 140 e non 460». Ma c’è una parte di questa storia che non è ancora finita al vaglio della Commissione d’inchiesta guidata da Marco Lisei. Quei ventilatori polmonari, aveva scoperto La Verità, non erano in regola e la Regione Lazio li ritirò perché non conformi ai requisiti di sicurezza. «Dai lavori della commissione Covid sta emergendo una trama che collega la struttura commissariale di Arcuri, nominato da Giuseppe Conte, alla sinistra e, nello specifico, a D’Alema», afferma Buonguerrieri a fine audizione. Poi tira una riga: «Risulta che, ancor prima di essere nominato commissario straordinario, Arcuri sponsorizzava alla Protezione civile una società rappresentata da cinesi legata a D’Alema». «Le audizioni stanno portando alla luce passaggi che meritano un serio approfondimento istituzionale», tuona il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami. Ma la storia non è finita.
«Il presidente del consiglio, per garbo, mi ha informato, perché sarebbe stato per me un colpo sapere dalla stampa che ci sarebbe stato poi un soggetto (Arcuri, ndr) che sarebbe entrato nel nell’organizzazione organizzazione della gestione dell’emergenza», ricorda ancora Borrelli. Che in un altro passaggio conferma che i pagamenti avvenivano anche per conto di Arcuri: «Io avevo il dottor Pietro Colicchio (dirigente della Protezione civile, ndr) e il suo direttore generale a casa col Covid e disponevano bonifici per i pagamenti per l’acquisto di Dpi. Dopo anche per conto del commissario Arcuri». Ma la Protezione civile con la nomina di Arcuri era ormai stata scippata delle deleghe sugli acquisti. A questo punto Borrelli fa l’equilibrista con un passaggio che ovviamente è stato apprezzato dai commissari del Pd: «L’avvento di Arcuri ha sgravato me e la mia struttura». Gli unici, però, che in quel momento avevano dato alla pandemia il peso che meritava erano proprio i vertici della Protezione civile. Già dal 2 febbraio, infatti, avevano segnalato al ministero l’assenza dei dispositivi di protezione. «Fu Giuseppe Ruocco (in quel momento segretario generale del ministero, ndr)», ricorda Borrelli, «a comunicare che ci sarebbe stata una riunione per predisporre una richiesta di eventuali necessità, partendo dallo stato attuale di assoluta tranquillità. Ruocco mi assicurò che se fosse emerso un quadro di esigenze lo avrebbe portato alla mia attenzione. Circostanza mai avvenuta». Il ministero si sarebbe svegliato solo 20 giorni dopo. «Il 22 febbraio nel Cto», spiega Borrelli, «per la prima volta venivano impartite indicazioni operative per l’utilizzo di Dpi». Solo il 24 febbraio, dopo alcune interlocuzioni con Confindustria, veniva «segnalato che non arrivavano notizie confortanti quanto alle disponibilità sul mercato». A quel punto bisognava correre ai ripari. La Protezione civile viene svuotata di competenza sugli acquisti e arriva Arcuri. Con le sue «deroghe». «Io», ricorda Borrelli, «non so se avesse delle deroghe ulteriori o meno, però, ecco, lui aveva le stesse deroghe che avevamo noi». Ma era lui a comprare.
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Ecco #DimmiLaVerità del 17 dicembre 2025. L'esperto di geopolitica Daniele Ruvinetti ci svela gli ultimissimi retroscena del negoziato di pace per l'Ucraina.
L’Indonesia è un gigante che sfiora i 300 milioni di abitanti ed è il più grande arcipelago del mondo. La sua capitale Jakarta è la città più popolosa del globo con quasi 42 milioni di abitanti e nel 2025 ha superato Dacca e Tokyo in questa classifica. Adagiata sulla costa dell’isola di Giava, questa città è diventata un conglomerato incontrollabile che sta lentamente affondando sotto il peso della sua popolazione. L’Indonesia ha il maggior numero di musulmani con quasi 250 milioni di fedeli e secondo alcune proiezioni come quelle della Banca Mondiale o del Fondo Monetario Internazionale potrebbe diventare una delle quattro principali economie internazionali entro il 2050. Jakarta nel 2024 è entrata a far parte del gruppo economico dei Brics, guidato da Cina, Russia ed India, ma non ha mai smesso di attirare investimenti statunitensi e ad avere un rapporto diplomatico diretto con Washington.
In questo quadro economicamente positivo però sono scoppiate una serie di proteste che hanno fortemente contestato il governo del presidente Prabowo Subianto. Questo ex generale, conosciuto per la ferocia con cui ha sempre represso ogni tipo di dissenso, ha stravinto le elezioni utilizzando un avatar che lo ha trasformato in un nonno amorevole. Durante la campagna per le presidenziali, il suo staff ha utilizzato strumenti di intelligenza artificiale come Midjourney per creare un'immagine carina e amichevole ("gemoy", un termine gergale indonesiano per "carino" o "coccoloso") di Prabowo, rivolta in particolare agli elettori più giovani sui social come TikTok. Questa mossa ha avuto un enorme successo portando molti giovani alle urne e consegnando oltre il 60% delle preferenze al vecchio generale. Il nuovo presidente aveva promesso un miracolo economico puntando ad una crescita dell’8% annuale, che però si è fermata intorno al 5,2%. Intanto il costo della vita è sensibilmente cresciuto così come la disoccupazione, mentre la rupia indonesiana ha continuato a svalutarsi arrivando ad un cambio con il dollaro a 16600 ad 1.
Contemporaneamente i cittadini indonesiani hanno visto una progressiva perdita di potere d’acquisto che ha portato ad una stagnazione dei consumi delle famiglie. Ad ottobre l’inflazione è arrivata al 2,75%, massimo livello dalla primavera del 2024, e la gente è scesa in strada per chiedere le dimissioni di tutto il governo. Se internamente le cose stanno andando male per Prabowo Subianto, l’ex generale, ha puntato tutto sulla proiezione internazionale del suo paese, dichiarando più volte di volerlo far diventare una potenza geopolitica regionale. Il ruolo indonesiano nel sud-est asiatico è in crescita e negli anni si sono rafforzati i rapporti con le nazioni vicine, soprattutto con la Malesia. Più complessi i tentativi di avvicinamento con le Filippine, fortemente schierate nell’orbita statunitense, mentre con l’India le relazioni sono sempre state piuttosto altalenanti. L’Indonesia si trova anche spettatore nel latente scontro indo-pacifico fra Pechino e Washington, nel quale per ora Jakarta ha scelto una linea politica basata sull’equidistanza. Con la Cina l’Indonesia ha siglato un accordo per lo sfruttamento congiunto delle risorse nelle acque contese, per evitare una disputa diretta, anche perché Pechino è il suo primo partner economico e commerciale, con gli scambi nel 2025 sono stimati in 160 miliardi di dollari. Jakarta sta cercando di diversificare le sue relazioni commerciali per evitare un’eccessiva dipendenza dalla Cina, intensificando gli scambi anche con l’Unione Europea. L’interscambio con la Ue nel 2024 ha superato i 27 miliardi di euro con l’Europa che importa olio di palma, tessuti, calzature, minerali (nichel e rame), mentre esporta nella nazione asiatica latticini, carni, frutta, macchinari e farmaceutici. Gli Usa restano comunque un partner cruciale per l’Indonesia in ambito di difesa e sicurezza, con esercitazioni congiunte e acquisto di armi, delle quali Washington è il secondo fornitore. L’attivismo di Prabowo Subianto si è visto anche nella questione mediorientale, con il presidente, unico leader del sud-est asiatico, presente in Egitto alla firma della tregua a Gaza.
Odorico da Pordenone, un Marco Polo meno noto che raccontò l'Indonesia nel secolo XIV
Non solo Marco Polo ed il suo «Milione», il resoconto sull’Estremo Oriente forse più famoso al mondo. Altre importanti testimonianze scritte di viaggi «meravigliosi» attraverso l’Asia sono giunte a noi dal Medioevo. Grandi protagonisti delle esplorazioni e dello scambio interreligioso (con le missioni) ma anche di quello geopolitico, furono i francescani. Come afferma il Prof. Luciano Bertazzo, storico francescano e direttore del Centro Studi Antoniani di Padova, contattato dalla Verità. «A fianco di Marco Polo esiste tutta una letteratura non meno interessante in cui il mondo francescano non fu solo portatore di evangelizzazione, ma anche di una spinta all'internazionalizzazione». Già alla metà del Duecento, la presenza della Chiesa cattolica in Estremo Oriente intersecava l'Europa all'Asia. I resoconti dei frati alimentarono il "Meraviglioso" nei racconti di viaggio (detti anche odeporici) sulla scia della «Vita di Alessandro Magno», che inaugurò il connubio tra scientia e mirabilia».
Ai tempi delle crociate, i frati minori assunsero un ruolo «diplomatico» all’interno di un mondo in forte fermento. Erano gli anni della «cattività» del Papato ad Avignone, dell’espansione dell’Islam verso oriente e del potentissimo regno dei Mongoli discendenti di Gengis Khan. Nel mosaico delle forze dominanti i francescani, attivi nell’opera di evangelizzazione alla base dei loro viaggi, furono anche incaricati dal Papato e dai sovrani occidentali di riportare notizie sullo stato dei popoli dell’estremo Oriente per cercare di misurarne la potenza politica e militare unito ad un intento più diplomatico, con il proposito di esplorare una possibile alleanza in funzione anti islamica. I religiosi italiani erano già presenti in Asia fino dalla metà del XIII secolo, come testimoniano i resoconti del francescano Giovanni di Pian del Carpine, che alla metà del Duecento scrisse una «Historia Mongalorum» dopo essere giunto fino a Kharakorum, ricca di informazioni strategico-militari sulla potenza dell’impero mongolo che premeva verso Occidente. Anche Giovanni da Montecorvino, francescano campano, giunse fino in Cina alla corte di Kubilai Khan, morto appena prima dell’arrivo del frate italiano. Qui fondò la prima missione cattolica della Cina e la prima chiesa nel 1305 e fu nominato arcivescovo da Clemente V.
A pochi anni dal viaggio di Giovanni da Montecorvino si colloca la spedizione di Odorico da Pordenone, che toccherà anche l’Indonesia, allora praticamente sconosciuta al mondo occidentale. Nato sembra intorno al 1280, fu ordinato frate a Udine ancora giovanissimo, secondo le poche notizie giunte a noi. Il suo viaggio in Oriente, con destinazione Cina, si colloca attorno al 1318 e seguì un itinerario da Venezia a Trebisonda, quindi dalla penisola arabica via nave fino all’India, dove a Thana (attuale Mumbai) raccolse le spoglie dei francescani martirizzati dai musulmani nel 1321. La tappa successiva fu l’Indonesia, una terra praticamente inesplorata fino ad allora. Nella sua Relatio, Odorico dedica spazio alla descrizione di usi e costumi dell’arcipelago. Lamori è il primo abitato dell’Indonesia che il frate friulano descrisse, dipingendolo come una terra non proprio ospitale. Così Odorico dipinse quella che è ritenuta essere un antico regno situato nella parte settentrionale di Sumatra: «Cominciai a perdere la tramontana quando toccai quella terra. In questa regione il calore è enorme e sia gli uomini che le donne vanno in giro nudi, senza coprirsi nessuna parte del corpo. Essi mi deridevano, perché dicevano che Dio aveva creato Adamo nudo e io invece volevo essere vestito contro la volontà di Dio. In questo paese tutte le donne sono messe in comune fra tutti, cosicché nessuno può dire «questa è mia moglie», oppure «questo è mio marito». Quando poi una donna partorisce un figlio o una figlia, lo dà o la dà a chi vuole tra uno di quelli con i quali ha avuto rapporti intimi, e quel bimbo o bimba lo considera il proprio padre. Anche tutto il terreno è in comune fra tutti gli abitanti, cosicché nessuno può dire: «questa o quella parte di terra è mia». Le case invece sono ognuna per conto proprio. Questa gente è pestifera e malvagia: infatti mangiano carne umana, come qui da noi si mangia la carne bovina o quella delle pecore. Tuttavia di per sé questa è una terra buona, che ha grande abbondanza di carni, di biade e di riso, inoltre vi si trova oro in abbondanza[…]».
Un ritratto di una società primitiva e ostile, quella che Odorico raccontò nella sua prima tappa indonesiana. Tutt’altra impressione il frate ebbe della tappa successiva, Giava. Secondo le fonti storiche, nel periodo in cui l’isola fu visitata da Odorico l’isola viveva l’ultimo periodo prospero prima dell’arrivo dell’Islam dall’India, quello del regno Majapahit che, sotto il comandante militare e consigliere dei regnanti Gajah Mada, riuscì nell’espansione territoriale con la conquista di Bali. A Giava l’Islam non era ancora giunto quando Odorico fece visita al palazzo reale, e le religioni principali erano il buddhismo, l’induismo e l’animismo. La descrizione che il friulano fece dell’isola era a dir poco entusiastica: «Quest’isola è abitata molto bene ed è la seconda isola più bella che ci sia al mondo. In essa nasce la canfora e vi crescono cubebe (pepe di Giava), melaghette (nota come melegueta o grani del Paradiso, della famiglia dello zenzero con sentore di zenzero e cardamomo) e noci moscate e molte altre specie di erbe preziose. Vi è grande abbondanza di vettovaglie, a eccezione del vino. Il re di quest’isola possiede un palazzo davvero meraviglioso». E più avanti, nel capitolo dedicato all’arcipelago indonesiano, Odorico sottolineava la potenza militare di Giava, che seppe resistere alla potenza della Cina di Kubilai Khan. «Il Gran Khan del Catai fu molte volte in guerra contro questo regno di Giava, ma questo re riuscì sempre vincitore e lo superò».
Lasciata l’Indonesia, passando forse per il Borneo e probabilmente dalle Filippine, Odorico sbarcò finalmente in Cina dal porto di Canton. Poi via terra riuscì a raggiungere Khambaliq (Pechino), dove lasciò le spoglie dei confratelli martiri e risiedette per tre anni prima di intraprendere il viaggio di ritorno via terra in compagnia del francescano frate Giacomo d’Irlanda attraverso il Tibet, la Persia e di nuovo da Trebisonda fino a Venezia. Odorico tornò nel 1330, dopo 12 anni. A Padova scrisse la sua Relatio, di fronte a frate Guido, ministro provinciale, e allo scriba Guglielmo da Solagna. La destinazione del resoconto di Odorico era Avignone, dove si ipotizza che il frate avrebbe dovuto recarsi per relazionare le meraviglie d’Oriente e dei suoi popoli al Pontefice. Odorico da Pordenone non la raggiungerà mai. Morirà a Udine si presume il 14 gennaio 1331 stroncato da una grave forma di enfisema dovuto alle esalazioni di monossido di carbonio respirate nelle tende dei «Tatari». La fama di santità seguirà immediatamente dopo la morte. A Udine fu realizzata una splendida arca dove riposavano le spoglie. Il processo di canonizzazione iniziò solamente nel 1755 ma fu interrotto. Due volte ancora fu ripreso ed interrotto nel 1931 e nel 1956. Nuovamente istruito negli anni Duemila, l'iter è attualmente in corso.
Per un approfondimento sul viaggio di Odorico da Pordenone si consiglia la lettura di Racconto delle cose meravigliose d'Oriente (Edizioni Messaggero Padova), basato sull'opera critica di riferimento a cura di Annalia Marchisio Relatio de mirabilibus orientalium Tatarorum (Sismel-Edizioni del Galluzzo).
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