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2025-03-25
Il progetto dei volenterosi è nato già morto
Emmanuel Macron e Keir Starmer (Getty Images)
Il progetto dei cosiddetti volenterosi pare destinato a naufragare ancora prima che possa prenderne forma concretamente. L’iniziativa intrapresa da Regno Unito e Francia, che ha come obiettivo la formazione di una coalizione in grado di fornire truppe di peacekeeping a sostegno dell’Ucraina in modo da garantire sicurezza nella regione una volta che sarà raggiunto l’accordo di pace con la Russia, sta incontrando non poche difficoltà lungo la strada. Allo scetticismo manifestato da diversi analisti e funzionari militari sulle effettive possibilità di realizzazione e sull’efficacia dell’iniziativa, ai dubbi su quali soldati inviare e quali equipaggiamenti bellici utilizzare e agli interrogativi sul funzionamento del piano senza il supporto degli Stati Uniti, sia a livello di intelligence che di copertura aerea, sono sopraggiunti ieri altri due fattori che non favoriscono il tentativo europeo immaginato da Keir Starmer ed Emmanuel Macron di avere voce in capitolo sullo scenario geopolitico attuale.
In primis il ruolo della Cina. Nei giorni scorsi, infatti, sulla stampa tedesca era circolata la notizia secondo cui il Dragone starebbe valutando la possibilità di spedire i propri militari in missione di peacekeeping e unirsi quindi alla coalizione dei volenterosi, con il Welt am Sonntag, edizione domenicale del quotidiano tedesco Die Welt, che citando fonti diplomatiche europee si è spinto addirittura ad affermare che «l’inclusione della Cina in una coalizione dei volenterosi potrebbe potenzialmente aumentare l’accettazione da parte della Russia di truppe di mantenimento della pace in Ucraina». Tuttavia, ieri, da Pechino è arrivata una secca smentita, con il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun che ha parlato di fake news: «Sono notizie del tutto false, la posizione della Cina sulla crisi in Ucraina resta coerente e inequivocabile». Solitamente, quando una notizia circola e poi viene smentita, la verità sta in mezzo e in questa circostanza è probabile che l’indiscrezione di stampa sulla partecipazione cinese al piano europeo in sostegno di Kiev possa essere espressione di un tentativo di coinvolgimento spontaneo da parte di Germania e Francia, con messaggio subliminale rivolto a Washington incluso.
L’altra grana che mette in forte discussione la realizzazione del progetto, fortemente criticata anche dall’inviato speciale Usa Steve Witkoff che lo ha definito «una posa semplicistica», è invece interna al Regno Unito. Diverse fonti militari di alto livello hanno infatti confidato al The Telegraph i propri dubbi sull’iniziativa di Starmer: «Sir Keir si è spinto troppo avanti parlando di truppe sul campo prima di sapere di cosa stesse parlando. Ed è per questo che ora sentiamo parlare meno di questo e più di aerei e navi, che sono più facili da impiegare e non richiedono una base in Ucraina» ha dichiarato un veterano dell’esercito dopo che il quotidiano inglese aveva rivelato la scorsa settimana che tra le proposte discusse dalla coalizione dei volenterosi ci sarebbe quella secondo cui i Typhoon della Raf avrebbero pattugliato i cieli ucraini e fornito copertura aerea alle eventuali truppe di terra. «Non esiste un obiettivo militare definito, né ipotesi strategiche militari ben pianificate. È tutto un teatro politico» ha attaccato un’altra fonte militare. Secondo un funzionario dell’esercito quella di Starmer è soltanto un’iniziativa politica senza alcun senso militare: «Ci sono circa 700.000 soldati russi dentro e intorno all’Ucraina e più di un milione di ucraini sotto le armi», ha spiegato. «Che cosa dovrebbe fare una forza internazionale di 10.000 uomini situata nell’Ovest del Paese, a più di 400 chilometri dalla linea del fronte? Non può nemmeno proteggere sé stessa. Qual è la missione? Qual è la sua legittimità? Quali sono le regole di ingaggio? Come viene comandata, rifornita e alloggiata? Per quanto tempo dovrebbe rimanere lì e perché? Nessuno lo sa». Critiche sul piano dei volenterosi sono piovute anche dall’ex segretario alla Difesa, Ben Wallace: «Putin percepisce che Europa e Regno Unito non hanno abbastanza risolutezza ed è per questo che non ci prende sul serio. Gli ultimi colloqui sulla coalizione sono stati più retorica che sostanza».
Ciononostante, Starmer e Macron non mostrano alcuna intenzione di far abortire l’iniziativa. Incassati questi colpi, i leader di Regno Unito e Francia si ritroveranno giovedì a Parigi per un nuovo vertice a cui parteciperanno anche il premier italiano Giorgia Meloni e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky; mentre ieri, il capo di Stato maggiore della Difesa britannica Tony Radakin, dopo aver respinto le critiche al piano definendole «sciocchezze» in quanto «le discussioni in corso sono serie», ha ricevuto a Whitehall il suo omologo francese per discutere di cooperazione tra i due Paesi e ribadire la determinazione della coalizione nel garantire la sicurezza dell’Ucraina. Tutto questo nelle ore in cui in Arabia Saudita, a Riad, si intensificavano i colloqui di pace tra le delegazioni di Russia e Stati Uniti.
Ursula alza il salario ai burocrati: è la settima volta in appena 3 anni
Nonostante gli spettri della crisi economica e un ruolo politico sempre più marginale, per l’Unione europea c’è comunque una certezza. L’aumento di stipendio dei suoi circa 66.000 dipendenti.
Preciso come un orologio, il ritocco arriverà in busta paga da aprile. Il settimo incremento a partire dall’inizio del 2022. Per carità, un aggiustamento dovuto, un arrotondamento del salario che dipende dall’inflazione. Che però stride a fronte di un’Europa che dal 2019 è cresciuta solo del 5% rispetto al 12% degli Usa, impegnata più a proteggere, e quindi a introdurre una miriade di norme e vincoli burocratici su privacy, dati e clima piuttosto che focalizzarsi sulla crescita, e che un po’ cozza a fronte di stipendi più che rotondi. I funzionari nei gradi più alti passeranno infatti dagli attuali 23.262 euro a ben 25.229 euro al mese. Chiaramente parliamo del solo stipendio, perché per chi lavora nelle istituzioni europee sono previste una lunga serie di indennità, da quelle per la casa, per l’istruzione o le trasferte. Secondo il quotidiano tedesco Bild, in questi anni anche lo stipendio dei commissari sarebbe aumentato e di ben 2.200 euro al mese arrivando a mensilità pari a circa 28.400 euro. Non sarebbe da meno il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che sempre secondo i calcoli di Bild, ormai vedrebbe il proprio operato premiato con 2.700 euro in più al mese per uno stipendio pari a circa 34.800 euro.
Il ritocco per dipendenti e funzionari, in realtà, doveva arrivare già nel 2024. Poi però, evidentemente a fronte di un Natale molto generoso che sotto l’albero al terzo piano dell’Europarlamento dedicato ad Altiero Spinelli aveva fatto trovare un aumento del 4,1%, e di un ulteriore aumento del 3% che era arrivato nei primi sei mesi dello scorso anno, un aumento totale dell’8,3% in un solo anno deve essere sembrato troppo persino a Bruxelles.
E così, con la stessa delicatezza con cui le pagine del sito dell’Unione europea dedicate ai salari mensili, definiscono «servants», letteralmente «servitori», i propri stipendiati, evidentemente si è pensato bene di utilizzare la cosiddetta «clausola di moderazione» e recuperare il rimanente 1,2% nei primi mesi del 2025.
Quanto agli stipendi base dei funzionari, escluse le somme forfettarie esentasse, dai 3.361 euro percepiti a partire dai primi del 2024, dal prossimo aprile si arriverà a 3.645 euro.
Va detto che di norma gli stipendi vengono aumentati una volta all’anno con effetto retroattivo al 1° luglio in base all’andamento dei salari nei servizi pubblici degli Stati membri nonché dell’inflazione e quindi del costo della vita a Bruxelles e in Lussemburgo. Ma proprio a causa della forte inflazione degli ultimi anni, l’Unione europea ha applicato una sorta di regolamentazione speciale che prevede che parte dell’aumento venga pagata il primo gennaio. Per questo, la busta paga dei dipendenti dell’Ue, dal 2022 lievita solitamente il primo di gennaio e di luglio. Quanto all’anno in corso, se il tasso di inflazione non dovesse scendere, potrebbero esserci addirittura tre aumenti e dopo l’integrazione per il 2024 di aprile, da metà anno si potrebbe effettuare un aumento anticipato con effetto retroattivo a partire da gennaio. Il restante aumento scatterebbe successivamente, a luglio.
Insomma, a Bruxelles gli stipendi continuano a salire. Ma l’Unione europea non è l’unica a premiare il proprio operato nonostante tutto. Nonostante avesse chiuso il 2024 in rosso con perdite pari a 7,9 miliardi, la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha pensato bene di alzare il proprio stipendio del 4,7% passando da 444.984 mila euro a 466.092. Un incremento che, dati i magri risultati, risulta veramente difficile da spiegare.
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Germania e Francia tirano per la giacca Pechino, che però smentisce qualsiasi coinvolgimento nel piano Macron. E dopo i dubbi manifestati dagli analisti, Starmer incassa il no dei veterani dell’esercito, che ai media confidano: «Non sa di cosa sta parlando».Ursula von der Leyen alza il salario ai burocrati. Causa inflazione, ad aprile ennesimo aumento in busta paga per 66.000 dipendenti.Lo speciale contiene due articoli.Il progetto dei cosiddetti volenterosi pare destinato a naufragare ancora prima che possa prenderne forma concretamente. L’iniziativa intrapresa da Regno Unito e Francia, che ha come obiettivo la formazione di una coalizione in grado di fornire truppe di peacekeeping a sostegno dell’Ucraina in modo da garantire sicurezza nella regione una volta che sarà raggiunto l’accordo di pace con la Russia, sta incontrando non poche difficoltà lungo la strada. Allo scetticismo manifestato da diversi analisti e funzionari militari sulle effettive possibilità di realizzazione e sull’efficacia dell’iniziativa, ai dubbi su quali soldati inviare e quali equipaggiamenti bellici utilizzare e agli interrogativi sul funzionamento del piano senza il supporto degli Stati Uniti, sia a livello di intelligence che di copertura aerea, sono sopraggiunti ieri altri due fattori che non favoriscono il tentativo europeo immaginato da Keir Starmer ed Emmanuel Macron di avere voce in capitolo sullo scenario geopolitico attuale.In primis il ruolo della Cina. Nei giorni scorsi, infatti, sulla stampa tedesca era circolata la notizia secondo cui il Dragone starebbe valutando la possibilità di spedire i propri militari in missione di peacekeeping e unirsi quindi alla coalizione dei volenterosi, con il Welt am Sonntag, edizione domenicale del quotidiano tedesco Die Welt, che citando fonti diplomatiche europee si è spinto addirittura ad affermare che «l’inclusione della Cina in una coalizione dei volenterosi potrebbe potenzialmente aumentare l’accettazione da parte della Russia di truppe di mantenimento della pace in Ucraina». Tuttavia, ieri, da Pechino è arrivata una secca smentita, con il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun che ha parlato di fake news: «Sono notizie del tutto false, la posizione della Cina sulla crisi in Ucraina resta coerente e inequivocabile». Solitamente, quando una notizia circola e poi viene smentita, la verità sta in mezzo e in questa circostanza è probabile che l’indiscrezione di stampa sulla partecipazione cinese al piano europeo in sostegno di Kiev possa essere espressione di un tentativo di coinvolgimento spontaneo da parte di Germania e Francia, con messaggio subliminale rivolto a Washington incluso.L’altra grana che mette in forte discussione la realizzazione del progetto, fortemente criticata anche dall’inviato speciale Usa Steve Witkoff che lo ha definito «una posa semplicistica», è invece interna al Regno Unito. Diverse fonti militari di alto livello hanno infatti confidato al The Telegraph i propri dubbi sull’iniziativa di Starmer: «Sir Keir si è spinto troppo avanti parlando di truppe sul campo prima di sapere di cosa stesse parlando. Ed è per questo che ora sentiamo parlare meno di questo e più di aerei e navi, che sono più facili da impiegare e non richiedono una base in Ucraina» ha dichiarato un veterano dell’esercito dopo che il quotidiano inglese aveva rivelato la scorsa settimana che tra le proposte discusse dalla coalizione dei volenterosi ci sarebbe quella secondo cui i Typhoon della Raf avrebbero pattugliato i cieli ucraini e fornito copertura aerea alle eventuali truppe di terra. «Non esiste un obiettivo militare definito, né ipotesi strategiche militari ben pianificate. È tutto un teatro politico» ha attaccato un’altra fonte militare. Secondo un funzionario dell’esercito quella di Starmer è soltanto un’iniziativa politica senza alcun senso militare: «Ci sono circa 700.000 soldati russi dentro e intorno all’Ucraina e più di un milione di ucraini sotto le armi», ha spiegato. «Che cosa dovrebbe fare una forza internazionale di 10.000 uomini situata nell’Ovest del Paese, a più di 400 chilometri dalla linea del fronte? Non può nemmeno proteggere sé stessa. Qual è la missione? Qual è la sua legittimità? Quali sono le regole di ingaggio? Come viene comandata, rifornita e alloggiata? Per quanto tempo dovrebbe rimanere lì e perché? Nessuno lo sa». Critiche sul piano dei volenterosi sono piovute anche dall’ex segretario alla Difesa, Ben Wallace: «Putin percepisce che Europa e Regno Unito non hanno abbastanza risolutezza ed è per questo che non ci prende sul serio. Gli ultimi colloqui sulla coalizione sono stati più retorica che sostanza».Ciononostante, Starmer e Macron non mostrano alcuna intenzione di far abortire l’iniziativa. Incassati questi colpi, i leader di Regno Unito e Francia si ritroveranno giovedì a Parigi per un nuovo vertice a cui parteciperanno anche il premier italiano Giorgia Meloni e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky; mentre ieri, il capo di Stato maggiore della Difesa britannica Tony Radakin, dopo aver respinto le critiche al piano definendole «sciocchezze» in quanto «le discussioni in corso sono serie», ha ricevuto a Whitehall il suo omologo francese per discutere di cooperazione tra i due Paesi e ribadire la determinazione della coalizione nel garantire la sicurezza dell’Ucraina. Tutto questo nelle ore in cui in Arabia Saudita, a Riad, si intensificavano i colloqui di pace tra le delegazioni di Russia e Stati Uniti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/progetto-volenterosi-nato-gia-morto-2671403667.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ursula-alza-il-salario-ai-burocrati-e-la-settima-volta-in-appena-3-anni" data-post-id="2671403667" data-published-at="1742893265" data-use-pagination="False"> Ursula alza il salario ai burocrati: è la settima volta in appena 3 anni Nonostante gli spettri della crisi economica e un ruolo politico sempre più marginale, per l’Unione europea c’è comunque una certezza. L’aumento di stipendio dei suoi circa 66.000 dipendenti. Preciso come un orologio, il ritocco arriverà in busta paga da aprile. Il settimo incremento a partire dall’inizio del 2022. Per carità, un aggiustamento dovuto, un arrotondamento del salario che dipende dall’inflazione. Che però stride a fronte di un’Europa che dal 2019 è cresciuta solo del 5% rispetto al 12% degli Usa, impegnata più a proteggere, e quindi a introdurre una miriade di norme e vincoli burocratici su privacy, dati e clima piuttosto che focalizzarsi sulla crescita, e che un po’ cozza a fronte di stipendi più che rotondi. I funzionari nei gradi più alti passeranno infatti dagli attuali 23.262 euro a ben 25.229 euro al mese. Chiaramente parliamo del solo stipendio, perché per chi lavora nelle istituzioni europee sono previste una lunga serie di indennità, da quelle per la casa, per l’istruzione o le trasferte. Secondo il quotidiano tedesco Bild, in questi anni anche lo stipendio dei commissari sarebbe aumentato e di ben 2.200 euro al mese arrivando a mensilità pari a circa 28.400 euro. Non sarebbe da meno il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che sempre secondo i calcoli di Bild, ormai vedrebbe il proprio operato premiato con 2.700 euro in più al mese per uno stipendio pari a circa 34.800 euro. Il ritocco per dipendenti e funzionari, in realtà, doveva arrivare già nel 2024. Poi però, evidentemente a fronte di un Natale molto generoso che sotto l’albero al terzo piano dell’Europarlamento dedicato ad Altiero Spinelli aveva fatto trovare un aumento del 4,1%, e di un ulteriore aumento del 3% che era arrivato nei primi sei mesi dello scorso anno, un aumento totale dell’8,3% in un solo anno deve essere sembrato troppo persino a Bruxelles. E così, con la stessa delicatezza con cui le pagine del sito dell’Unione europea dedicate ai salari mensili, definiscono «servants», letteralmente «servitori», i propri stipendiati, evidentemente si è pensato bene di utilizzare la cosiddetta «clausola di moderazione» e recuperare il rimanente 1,2% nei primi mesi del 2025. Quanto agli stipendi base dei funzionari, escluse le somme forfettarie esentasse, dai 3.361 euro percepiti a partire dai primi del 2024, dal prossimo aprile si arriverà a 3.645 euro. Va detto che di norma gli stipendi vengono aumentati una volta all’anno con effetto retroattivo al 1° luglio in base all’andamento dei salari nei servizi pubblici degli Stati membri nonché dell’inflazione e quindi del costo della vita a Bruxelles e in Lussemburgo. Ma proprio a causa della forte inflazione degli ultimi anni, l’Unione europea ha applicato una sorta di regolamentazione speciale che prevede che parte dell’aumento venga pagata il primo gennaio. Per questo, la busta paga dei dipendenti dell’Ue, dal 2022 lievita solitamente il primo di gennaio e di luglio. Quanto all’anno in corso, se il tasso di inflazione non dovesse scendere, potrebbero esserci addirittura tre aumenti e dopo l’integrazione per il 2024 di aprile, da metà anno si potrebbe effettuare un aumento anticipato con effetto retroattivo a partire da gennaio. Il restante aumento scatterebbe successivamente, a luglio. Insomma, a Bruxelles gli stipendi continuano a salire. Ma l’Unione europea non è l’unica a premiare il proprio operato nonostante tutto. Nonostante avesse chiuso il 2024 in rosso con perdite pari a 7,9 miliardi, la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha pensato bene di alzare il proprio stipendio del 4,7% passando da 444.984 mila euro a 466.092. Un incremento che, dati i magri risultati, risulta veramente difficile da spiegare.
Stanno comparendo in diverse città italiane, graditi soprattutto alle giunte di centro sinistra e in particolare ai fanatici delle zone con limitazione di traffico a 30kmh. Basta una nottata e grazie a una serie di tasselli inseriti nell’asfalto l’installazione è fatta. Tutto bello? Non proprio: a ben guardare la normativa riguardante tale soluzione è Incompleta, poiché In Italia non sono previsti nel dettaglio dal Codice della Strada e questo rende la loro adozione più complicata sul pano della burocrazia. In pratica, per ora la loro installazione avviene solo tramite sperimentazione autorizzata dal Ministero dei Trasporti. Ci sono poi alcune questioni tecniche: andrebbero installati soltanto sulle strade con bassa densità di traffico e, appunto, laddove il limite è già 30 km/h, e questo giocoforza li rende una soluzione praticabile soltanto in alcune zone. Inoltre, i cuscini berlinesi devono essere posizionati a una distanza tale da curve e incroci per permettere ai veicoli più grandi di potersi raddrizzare completamente dopo aver effettuato la svolta prima di valicarli. Il peggio però è altro: se chi è distratto da aver superato di poco il limite, finendoci sopra rischia di danneggiare la vettura e ciò accadrà ancora di più se essa è poco rialzata da terra. Ma se la distrazione o le condizioni psicofisiche del conducente sono alterate al punto che egli non si sta rendendo conto della sua velocità, e questa è elevata, egli può facilmente perdere il controllo, ad andare bene finendo per sbattere contro altri mezzi, peggio finendo per travolgere delle persone. E non mancano neppure i problemi di manutenzione, poiché nel tempo si usurano a causa delle pressioni ma anche dell’irraggiamento solare e degli sbalzi di temperatura. Laddove sono stati applicati in modo diffuso è in Francia e nel Regno Unito, nazioni che ne hanno definito le specifiche riprendendo a loro volta quelle tedesche. Il Dipartimento per i trasporti del Regno Unito già nel 1984 aveva fissato la pendenza massima degli elementi al 12,5% per le rampe longitudinali di ingresso e di uscita dai cuscini, ed il rapporto del 25% per le rampe trasversali laterali. Stando a quanto si trova online, la Francia prevede rampe longitudinali con pendenze molto più elevate: le rampe devono essere lunghe 20 cm per cuscini alti 5 cm (con una pendenza del 25%), 25 cm per cuscini alti 7 cm (con una pendenza del 28%). Rampe così ripide devono essere adottate con cautela: indagini condotte dal Dipartimento dei trasporti britannico hanno mostrato che, con rampe longitudinali dalla pendenza maggiore del 17%, i veicoli rischiavano di toccare il con il fondo riportando seri danni: dalla distruzione dell’impianto di scarico fino alla rottura della coppa dell’olio con annesso sversamento del fluido e inquinamento. Di conseguenza essi devono essere particolarmente ben segnalati – tipicamente con verniciature gialle – ma anche tale caratteristica tende ovviamente a degradarsi con il tempo. E stante il livello di manutenzione delle nostre strade è facile prevedere che dovremo confidare nell’attenzione di chi guida e nell’illuminazione pubblica. Una delle questioni è anche come gli automobilisti reagiscono quando si accorgono in ritardo della loro presenza: frenate improvvise e repentine deviazioni di traiettoria sono all’ordine del giorno. Stando ai dati raccolti dalle municipalità che in Europa li stanno utilizzando da tempo la velocità media di superamento dei cuscini berlinesi di è di poco superiore ai 22 km/h per larghezze di 1,9 metri, mentre sale a 30 km/h per quelli più stretti, che quindi provocano nei conducenti meno apprensione per l’impatto sotto gli pneumatici. E di conseguenza illudono che l’effetto di un attraversamento accelerato sia inferiore. Invece il botto è garantito. Pur sapendo che taluni lettori non saranno d’accordo, chi scrive pensa che la sicurezza (stradale in primis), nasca dalla cultura della consapevolezza e non dalle costrizioni. E che più una strada è sgombra, più ridotto è il rischio di fare incidenti.
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Giovanni Malagò (Getty Images)
Adesso si trova in Campania, dopo esser passata tra Lazio, Umbria Toscana, Sardegna, Sicilia e Calabria. Molte regioni verranno ripercorse di nuovo, in lungo e in largo. Il 26 gennaio tornerà invece, dopo 70 anni esatti dalla Cerimonia d’Apertura dei Giochi, a Cortina d’Ampezzo e concluderà il suo tragitto a Milano facendo il suo ingresso allo Stadio di San Siro, la sera di venerdì 6 febbraio 2026. 10.000 tedofori la stanno conducendo tra volti noti e persone comuni. I primi volti noti dello spettacolo e dello sport sono il cantante Achille Lauro, Flavia Pennetta, icona del nostro tennis, vincitrice degli US Open 2015 e di 4 Billie Jean King Cup e Francesco Bagnaia, due volte campione del mondo di MotoGP e una in Moto2. Tantissimi altri ancora e altri ce ne saranno. Anche perché la storia del Viaggio della Fiamma è piena di leggende, come Muhammad Alì ad Atlanta 1996, Cathy Freeman a Sydney 2000 e poi ancora la fondista Stefania Belmondo, ultima tedofora di Torino 2006 vent’anni fa nell’ultima edizione invernale italiana, dopo le frazioni di altri campioni olimpici azzurri come Alberto Tomba, Manuela Di Centa, Silvio Fauner e Deborah Compagnoni (nella foto di copertina). Quattro anni prima, invece, l’intera squadra statunitense di hockey maschile del “Miracolo sul ghiaccio” di Lake Placid 1980 che accese il braciere di Salt Lake City 2002 tra la commozione del pubblico statunitense.
La fiamma olimpica nasce con le prime olimpiadi nell'antica Grecia, dove il fuoco sacro ardeva in onore degli dèi durante i Giochi originali. La tradizione moderna è stata reintrodotta con l'accensione del braciere ai Giochi Olimpici di Amsterdam nel 1928 e la prima staffetta della torcia a Berlino nel 1936. Le torce di #MilanoCortina2026 sono un omaggio al design italiano con uno stile che mette al centro la fiamma. Eleganti. Iconiche. Sostenibili. Si chiamano Essential e portano con sé lo spirito dei Giochi che verranno.
La fiamma paralimpica partirà invece il 24 febbraio 2026 e si concluderà il 6 marzo 2026, giorno della cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici all’Arena di Verona. Sfilerà nelle mani di 501 tedofori per 2.000 chilometri in 11 giorni. “La fiamma paralimpica verrà accesa il 24 febbraio a Stoke Mandeville in Inghilterra, storico luogo di nascita dello sport Paralitico - dichiara Maria Laura Iascone, Ceremonies Director di Fondazione Milano Cortina 2026 -. L’arrivo in Italia coinciderà con l’inizio di un viaggio che focalizzerà l’attenzione e l’entusiasmo verso le Paralimpiadi, amplificandone i messaggi di rispetto e inclusività, e generando un volano di entusiasmo, attesa e partecipazione intorno agli atleti paralimpici”. Dopo l'accensione nel Regno Unito, la fiamma paralimpica animerà 5 Flame Festival dal 24 febbraio al 2 marzo a Milano, Torino, Bolzano, Trento e Trieste, con la cerimonia di unione delle Fiamme il 3 marzo a Cortina d’Ampezzo. Dal 4 marzo, la fiamma raggiungerà Venezia e Padova, per fare il suo ingresso il 6 marzo all’Arena di Verona per la cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici.
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Tra Natale ed Epifania il turismo italiano supera i 7 miliardi di euro di giro d’affari. Crescono presenze, viaggi interni ed esperienze artigianali, con città d’arte e montagne in testa alle preferenze.
Le settimane comprese tra il Natale e l’Epifania si confermano uno dei momenti più redditizi dell’anno per il turismo italiano. Secondo le stime di Cna Turismo e Commercio, il giro d’affari generato tra feste, fine anno e Befana supera i 7 miliardi di euro. Un risultato che non fotografa soltanto l’andamento economico del settore, ma racconta anche un’evoluzione nelle scelte e nelle aspettative dei viaggiatori.
Nel periodo festivo sono attesi oltre 5 milioni di turisti che trascorreranno almeno una notte in una struttura ricettiva: circa 3,7 milioni sono italiani, mentre 1,3 milioni arrivano dall’estero. A questi si aggiunge una platea ben più ampia di persone in movimento: oltre 20 milioni di individui si sposteranno per escursioni giornaliere, soggiorni nelle seconde case o visite a parenti e amici.
Per quanto riguarda i flussi internazionali, la componente europea resta prevalente, con arrivi soprattutto da Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Fuori dal continente, si segnalano presenze significative da Stati Uniti, Canada e Cina. Le preferenze delle destinazioni confermano una tendenza ormai consolidata. In cima alle scelte ci sono le città e i borghi d’arte, seguiti dalle località di montagna. Due modi diversi di vivere le vacanze natalizie: da un lato l’attrazione per il patrimonio culturale, i mercatini e le atmosfere urbane illuminate dalle feste; dall’altro la ricerca della neve, degli sport invernali e di un contatto più diretto con l’ambiente naturale.
Alla base di questo successo concorrono diversi fattori. L’Italia continua a esercitare un forte richiamo quando si parla di tradizioni natalizie: dai presepi, in particolare quelli napoletani, ai mercatini dell’arco alpino, passando per i centri storici addobbati e le celebrazioni religiose che trovano a Roma uno dei loro punti centrali. Un insieme di elementi che costruisce un’offerta culturale difficilmente replicabile. Proprio la dimensione religiosa e identitaria del Natale italiano rappresenta un elemento di attrazione per molti visitatori nordamericani e per i turisti provenienti da Paesi di tradizione cattolica, spesso alla ricerca di un’esperienza percepita come più autentica rispetto a celebrazioni considerate eccessivamente commerciali. A questo si aggiunge la varietà climatica del Paese: temperature più miti al Sud e nelle isole per chi vuole evitare il freddo, condizioni ideali sulle Alpi per gli amanti dello sci e della montagna. Un segnale particolarmente rilevante arriva dalla crescita delle cosiddette esperienze, soprattutto quelle legate all’artigianato. Sempre più viaggiatori scelgono di affiancare alla visita dei luoghi la partecipazione diretta ad attività tradizionali: dalla preparazione della pasta fresca alle lavorazioni del vetro di Murano, fino alla ceramica umbra e toscana. È un approccio che indica un cambiamento nel modo di viaggiare, meno orientato alla semplice osservazione e più alla partecipazione.
Questo interesse incrocia diverse tendenze attuali: il bisogno di autenticità in un contesto sempre più standardizzato, la volontà di riportare a casa un’esperienza che vada oltre il souvenir e l’attenzione verso il “saper fare” italiano, riconosciuto come patrimonio immateriale di valore internazionale.
Sul piano economico incidono anche fattori più generali. La ripresa del potere d’acquisto delle classi medie in Europa e negli Stati Uniti, dopo anni di incertezza, ha sostenuto la propensione alla spesa per le vacanze. Il rafforzamento del dollaro favorisce i turisti statunitensi, mentre la fase di stabilizzazione successiva alla pandemia ha contribuito a ricostruire la fiducia nei viaggi. Il periodo natalizio rappresenta inoltre uno degli esempi più riusciti di destagionalizzazione, obiettivo perseguito da tempo dagli operatori del settore. Le strutture ricettive registrano livelli di occupazione elevati in settimane che in passato erano considerate marginali. Anche i collegamenti giocano un ruolo chiave: l’espansione dei voli low cost e il miglioramento dell’offerta ferroviaria rendono più accessibili non solo le grandi città, ma anche destinazioni meno centrali, favorendo una distribuzione più ampia dei flussi.
Accanto ai dati positivi emergono però alcune criticità. La concentrazione dei visitatori rischia di mettere sotto pressione alcune mete, mentre altre restano ai margini. Il turismo di prossimità, rappresentato dai milioni di italiani che si spostano senza pernottare in alberghi o strutture ricettive, costituisce un bacino ancora parzialmente inesplorato. Allo stesso tempo, la crescente domanda di esperienze personalizzate richiede investimenti in formazione e una maggiore integrazione tra operatori locali.
Le festività di fine anno restano comunque un motore fondamentale per l’economia del turismo, in grado di coinvolgere l’intera filiera: ristorazione, artigianato, trasporti e offerta culturale. Un patrimonio che, per continuare a produrre risultati nel tempo, richiede una strategia capace di innovare senza snaturare quell’autenticità che rappresenta il vero punto di forza del sistema italiano.
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I computer che guidano i mezzi non sono più stati in grado di calcolare come muoversi anche perché i sensori di bordo leggono lo stato dei semafori e questi erano spenti. Dunque Waymo in sé non ha alcuna colpa, e soltanto domenica pomeriggio è stato ripristinato il servizio. Dunque questa volta non c’è un problema di sicurezza per gli occupanti e neppure un pericolo per chi si trova a guidare, piuttosto, invece, c’è la dimostrazione che le nuove tecnologie sono terribilmente dipendenti da altre: in questo caso il rilevamento delle luci dei semafori, indispensabili per affrontare gli incroci e le svolte. Qui si rivela la differenza tra l’umano che conduce la meccanica e l’intelligenza artificiale: innanzi a un imprevisto, seppure con tutti i suoi limiti e difetti, un essere umano avrebbe improvvisato e tentato una soluzione, mentre la macchina (fortunatamente) ha obbedito alle leggi di controllo. Il problema non ha coinvolto i robotaxi Tesla, che invece agiscono con sistemi differenti, più simili ai ragionamenti umani, ovvero sono più indipendenti dalle infrastrutture della circolazione. Naturalmente Waymo può trarre da questo evento diverse considerazioni. La prima riguarda l’effettiva dipendenza del sistema di guida dalle infrastrutture esterne; la seconda è la valutazione di come i mezzi automatizzati hanno reagito alla mancanza di informazioni. Infine, come sarà possibile modificare i software di controllo affinché, qualora capiti un nuovo incidente tecnico, le auto possano completare in sicurezza il servizio. Dall’esterno della vicenda è invece possibile valutare anche altro: le tecnologie digitali applicate alle dinamiche automobilistiche non sono ancora sufficientemente autonome. Sia chiaro, lo stesso vale per navi e aeroplani, ma mentre per questi ultimi gli algoritmi dei droni stanno già portando a una ricaduta di tecnologia che viene trasferita ai velivoli pilotati, nel campo automobilistico c’è ancora molto lavoro da fare. Proprio ieri, sempre negli Usa, il pilota di un velivolo King Air da nove posti è stato colpito da un malore. La chiamano “pilot incapacitation” e a bordo non c’era nessun altro che potesse prendere il controllo e atterrare. Ed è qui che la tecnologia ha salvato aeroplano e occupanti: il passeggero che sedeva accanto all’uomo ha premuto il tasto del sistema “Autoland”, l’autopilota ha scelto la pista idonea per lunghezza più vicina alla posizione dell’aereo e alla rotta percorsa, ha avvertito il centro di controllo e anche messo il passeggero nelle condizioni di dichiarare la necessità di un’ambulanza sul posto. L’alternativa sarebbe stato un disastro aereo con diverse vittime. La notizia potrebbe sembrare senza alcuna correlazione con quanto accaduto a San Francisco, ma così non è: il produttore del sistema di navigazione dell’aeroplano è Garmin, ovvero il medesimo che fornisce navigatori al settore automotive. E che prima o poi vedremo fornire uno dei suoi prodotti a qualche costruttore di automobili.
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