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2025-03-25
Il progetto dei volenterosi è nato già morto
Emmanuel Macron e Keir Starmer (Getty Images)
Il progetto dei cosiddetti volenterosi pare destinato a naufragare ancora prima che possa prenderne forma concretamente. L’iniziativa intrapresa da Regno Unito e Francia, che ha come obiettivo la formazione di una coalizione in grado di fornire truppe di peacekeeping a sostegno dell’Ucraina in modo da garantire sicurezza nella regione una volta che sarà raggiunto l’accordo di pace con la Russia, sta incontrando non poche difficoltà lungo la strada. Allo scetticismo manifestato da diversi analisti e funzionari militari sulle effettive possibilità di realizzazione e sull’efficacia dell’iniziativa, ai dubbi su quali soldati inviare e quali equipaggiamenti bellici utilizzare e agli interrogativi sul funzionamento del piano senza il supporto degli Stati Uniti, sia a livello di intelligence che di copertura aerea, sono sopraggiunti ieri altri due fattori che non favoriscono il tentativo europeo immaginato da Keir Starmer ed Emmanuel Macron di avere voce in capitolo sullo scenario geopolitico attuale.
In primis il ruolo della Cina. Nei giorni scorsi, infatti, sulla stampa tedesca era circolata la notizia secondo cui il Dragone starebbe valutando la possibilità di spedire i propri militari in missione di peacekeeping e unirsi quindi alla coalizione dei volenterosi, con il Welt am Sonntag, edizione domenicale del quotidiano tedesco Die Welt, che citando fonti diplomatiche europee si è spinto addirittura ad affermare che «l’inclusione della Cina in una coalizione dei volenterosi potrebbe potenzialmente aumentare l’accettazione da parte della Russia di truppe di mantenimento della pace in Ucraina». Tuttavia, ieri, da Pechino è arrivata una secca smentita, con il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun che ha parlato di fake news: «Sono notizie del tutto false, la posizione della Cina sulla crisi in Ucraina resta coerente e inequivocabile». Solitamente, quando una notizia circola e poi viene smentita, la verità sta in mezzo e in questa circostanza è probabile che l’indiscrezione di stampa sulla partecipazione cinese al piano europeo in sostegno di Kiev possa essere espressione di un tentativo di coinvolgimento spontaneo da parte di Germania e Francia, con messaggio subliminale rivolto a Washington incluso.
L’altra grana che mette in forte discussione la realizzazione del progetto, fortemente criticata anche dall’inviato speciale Usa Steve Witkoff che lo ha definito «una posa semplicistica», è invece interna al Regno Unito. Diverse fonti militari di alto livello hanno infatti confidato al The Telegraph i propri dubbi sull’iniziativa di Starmer: «Sir Keir si è spinto troppo avanti parlando di truppe sul campo prima di sapere di cosa stesse parlando. Ed è per questo che ora sentiamo parlare meno di questo e più di aerei e navi, che sono più facili da impiegare e non richiedono una base in Ucraina» ha dichiarato un veterano dell’esercito dopo che il quotidiano inglese aveva rivelato la scorsa settimana che tra le proposte discusse dalla coalizione dei volenterosi ci sarebbe quella secondo cui i Typhoon della Raf avrebbero pattugliato i cieli ucraini e fornito copertura aerea alle eventuali truppe di terra. «Non esiste un obiettivo militare definito, né ipotesi strategiche militari ben pianificate. È tutto un teatro politico» ha attaccato un’altra fonte militare. Secondo un funzionario dell’esercito quella di Starmer è soltanto un’iniziativa politica senza alcun senso militare: «Ci sono circa 700.000 soldati russi dentro e intorno all’Ucraina e più di un milione di ucraini sotto le armi», ha spiegato. «Che cosa dovrebbe fare una forza internazionale di 10.000 uomini situata nell’Ovest del Paese, a più di 400 chilometri dalla linea del fronte? Non può nemmeno proteggere sé stessa. Qual è la missione? Qual è la sua legittimità? Quali sono le regole di ingaggio? Come viene comandata, rifornita e alloggiata? Per quanto tempo dovrebbe rimanere lì e perché? Nessuno lo sa». Critiche sul piano dei volenterosi sono piovute anche dall’ex segretario alla Difesa, Ben Wallace: «Putin percepisce che Europa e Regno Unito non hanno abbastanza risolutezza ed è per questo che non ci prende sul serio. Gli ultimi colloqui sulla coalizione sono stati più retorica che sostanza».
Ciononostante, Starmer e Macron non mostrano alcuna intenzione di far abortire l’iniziativa. Incassati questi colpi, i leader di Regno Unito e Francia si ritroveranno giovedì a Parigi per un nuovo vertice a cui parteciperanno anche il premier italiano Giorgia Meloni e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky; mentre ieri, il capo di Stato maggiore della Difesa britannica Tony Radakin, dopo aver respinto le critiche al piano definendole «sciocchezze» in quanto «le discussioni in corso sono serie», ha ricevuto a Whitehall il suo omologo francese per discutere di cooperazione tra i due Paesi e ribadire la determinazione della coalizione nel garantire la sicurezza dell’Ucraina. Tutto questo nelle ore in cui in Arabia Saudita, a Riad, si intensificavano i colloqui di pace tra le delegazioni di Russia e Stati Uniti.
Ursula alza il salario ai burocrati: è la settima volta in appena 3 anni
Nonostante gli spettri della crisi economica e un ruolo politico sempre più marginale, per l’Unione europea c’è comunque una certezza. L’aumento di stipendio dei suoi circa 66.000 dipendenti.
Preciso come un orologio, il ritocco arriverà in busta paga da aprile. Il settimo incremento a partire dall’inizio del 2022. Per carità, un aggiustamento dovuto, un arrotondamento del salario che dipende dall’inflazione. Che però stride a fronte di un’Europa che dal 2019 è cresciuta solo del 5% rispetto al 12% degli Usa, impegnata più a proteggere, e quindi a introdurre una miriade di norme e vincoli burocratici su privacy, dati e clima piuttosto che focalizzarsi sulla crescita, e che un po’ cozza a fronte di stipendi più che rotondi. I funzionari nei gradi più alti passeranno infatti dagli attuali 23.262 euro a ben 25.229 euro al mese. Chiaramente parliamo del solo stipendio, perché per chi lavora nelle istituzioni europee sono previste una lunga serie di indennità, da quelle per la casa, per l’istruzione o le trasferte. Secondo il quotidiano tedesco Bild, in questi anni anche lo stipendio dei commissari sarebbe aumentato e di ben 2.200 euro al mese arrivando a mensilità pari a circa 28.400 euro. Non sarebbe da meno il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che sempre secondo i calcoli di Bild, ormai vedrebbe il proprio operato premiato con 2.700 euro in più al mese per uno stipendio pari a circa 34.800 euro.
Il ritocco per dipendenti e funzionari, in realtà, doveva arrivare già nel 2024. Poi però, evidentemente a fronte di un Natale molto generoso che sotto l’albero al terzo piano dell’Europarlamento dedicato ad Altiero Spinelli aveva fatto trovare un aumento del 4,1%, e di un ulteriore aumento del 3% che era arrivato nei primi sei mesi dello scorso anno, un aumento totale dell’8,3% in un solo anno deve essere sembrato troppo persino a Bruxelles.
E così, con la stessa delicatezza con cui le pagine del sito dell’Unione europea dedicate ai salari mensili, definiscono «servants», letteralmente «servitori», i propri stipendiati, evidentemente si è pensato bene di utilizzare la cosiddetta «clausola di moderazione» e recuperare il rimanente 1,2% nei primi mesi del 2025.
Quanto agli stipendi base dei funzionari, escluse le somme forfettarie esentasse, dai 3.361 euro percepiti a partire dai primi del 2024, dal prossimo aprile si arriverà a 3.645 euro.
Va detto che di norma gli stipendi vengono aumentati una volta all’anno con effetto retroattivo al 1° luglio in base all’andamento dei salari nei servizi pubblici degli Stati membri nonché dell’inflazione e quindi del costo della vita a Bruxelles e in Lussemburgo. Ma proprio a causa della forte inflazione degli ultimi anni, l’Unione europea ha applicato una sorta di regolamentazione speciale che prevede che parte dell’aumento venga pagata il primo gennaio. Per questo, la busta paga dei dipendenti dell’Ue, dal 2022 lievita solitamente il primo di gennaio e di luglio. Quanto all’anno in corso, se il tasso di inflazione non dovesse scendere, potrebbero esserci addirittura tre aumenti e dopo l’integrazione per il 2024 di aprile, da metà anno si potrebbe effettuare un aumento anticipato con effetto retroattivo a partire da gennaio. Il restante aumento scatterebbe successivamente, a luglio.
Insomma, a Bruxelles gli stipendi continuano a salire. Ma l’Unione europea non è l’unica a premiare il proprio operato nonostante tutto. Nonostante avesse chiuso il 2024 in rosso con perdite pari a 7,9 miliardi, la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha pensato bene di alzare il proprio stipendio del 4,7% passando da 444.984 mila euro a 466.092. Un incremento che, dati i magri risultati, risulta veramente difficile da spiegare.
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Riduci
Germania e Francia tirano per la giacca Pechino, che però smentisce qualsiasi coinvolgimento nel piano Macron. E dopo i dubbi manifestati dagli analisti, Starmer incassa il no dei veterani dell’esercito, che ai media confidano: «Non sa di cosa sta parlando».Ursula von der Leyen alza il salario ai burocrati. Causa inflazione, ad aprile ennesimo aumento in busta paga per 66.000 dipendenti.Lo speciale contiene due articoli.Il progetto dei cosiddetti volenterosi pare destinato a naufragare ancora prima che possa prenderne forma concretamente. L’iniziativa intrapresa da Regno Unito e Francia, che ha come obiettivo la formazione di una coalizione in grado di fornire truppe di peacekeeping a sostegno dell’Ucraina in modo da garantire sicurezza nella regione una volta che sarà raggiunto l’accordo di pace con la Russia, sta incontrando non poche difficoltà lungo la strada. Allo scetticismo manifestato da diversi analisti e funzionari militari sulle effettive possibilità di realizzazione e sull’efficacia dell’iniziativa, ai dubbi su quali soldati inviare e quali equipaggiamenti bellici utilizzare e agli interrogativi sul funzionamento del piano senza il supporto degli Stati Uniti, sia a livello di intelligence che di copertura aerea, sono sopraggiunti ieri altri due fattori che non favoriscono il tentativo europeo immaginato da Keir Starmer ed Emmanuel Macron di avere voce in capitolo sullo scenario geopolitico attuale.In primis il ruolo della Cina. Nei giorni scorsi, infatti, sulla stampa tedesca era circolata la notizia secondo cui il Dragone starebbe valutando la possibilità di spedire i propri militari in missione di peacekeeping e unirsi quindi alla coalizione dei volenterosi, con il Welt am Sonntag, edizione domenicale del quotidiano tedesco Die Welt, che citando fonti diplomatiche europee si è spinto addirittura ad affermare che «l’inclusione della Cina in una coalizione dei volenterosi potrebbe potenzialmente aumentare l’accettazione da parte della Russia di truppe di mantenimento della pace in Ucraina». Tuttavia, ieri, da Pechino è arrivata una secca smentita, con il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun che ha parlato di fake news: «Sono notizie del tutto false, la posizione della Cina sulla crisi in Ucraina resta coerente e inequivocabile». Solitamente, quando una notizia circola e poi viene smentita, la verità sta in mezzo e in questa circostanza è probabile che l’indiscrezione di stampa sulla partecipazione cinese al piano europeo in sostegno di Kiev possa essere espressione di un tentativo di coinvolgimento spontaneo da parte di Germania e Francia, con messaggio subliminale rivolto a Washington incluso.L’altra grana che mette in forte discussione la realizzazione del progetto, fortemente criticata anche dall’inviato speciale Usa Steve Witkoff che lo ha definito «una posa semplicistica», è invece interna al Regno Unito. Diverse fonti militari di alto livello hanno infatti confidato al The Telegraph i propri dubbi sull’iniziativa di Starmer: «Sir Keir si è spinto troppo avanti parlando di truppe sul campo prima di sapere di cosa stesse parlando. Ed è per questo che ora sentiamo parlare meno di questo e più di aerei e navi, che sono più facili da impiegare e non richiedono una base in Ucraina» ha dichiarato un veterano dell’esercito dopo che il quotidiano inglese aveva rivelato la scorsa settimana che tra le proposte discusse dalla coalizione dei volenterosi ci sarebbe quella secondo cui i Typhoon della Raf avrebbero pattugliato i cieli ucraini e fornito copertura aerea alle eventuali truppe di terra. «Non esiste un obiettivo militare definito, né ipotesi strategiche militari ben pianificate. È tutto un teatro politico» ha attaccato un’altra fonte militare. Secondo un funzionario dell’esercito quella di Starmer è soltanto un’iniziativa politica senza alcun senso militare: «Ci sono circa 700.000 soldati russi dentro e intorno all’Ucraina e più di un milione di ucraini sotto le armi», ha spiegato. «Che cosa dovrebbe fare una forza internazionale di 10.000 uomini situata nell’Ovest del Paese, a più di 400 chilometri dalla linea del fronte? Non può nemmeno proteggere sé stessa. Qual è la missione? Qual è la sua legittimità? Quali sono le regole di ingaggio? Come viene comandata, rifornita e alloggiata? Per quanto tempo dovrebbe rimanere lì e perché? Nessuno lo sa». Critiche sul piano dei volenterosi sono piovute anche dall’ex segretario alla Difesa, Ben Wallace: «Putin percepisce che Europa e Regno Unito non hanno abbastanza risolutezza ed è per questo che non ci prende sul serio. Gli ultimi colloqui sulla coalizione sono stati più retorica che sostanza».Ciononostante, Starmer e Macron non mostrano alcuna intenzione di far abortire l’iniziativa. Incassati questi colpi, i leader di Regno Unito e Francia si ritroveranno giovedì a Parigi per un nuovo vertice a cui parteciperanno anche il premier italiano Giorgia Meloni e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky; mentre ieri, il capo di Stato maggiore della Difesa britannica Tony Radakin, dopo aver respinto le critiche al piano definendole «sciocchezze» in quanto «le discussioni in corso sono serie», ha ricevuto a Whitehall il suo omologo francese per discutere di cooperazione tra i due Paesi e ribadire la determinazione della coalizione nel garantire la sicurezza dell’Ucraina. Tutto questo nelle ore in cui in Arabia Saudita, a Riad, si intensificavano i colloqui di pace tra le delegazioni di Russia e Stati Uniti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/progetto-volenterosi-nato-gia-morto-2671403667.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ursula-alza-il-salario-ai-burocrati-e-la-settima-volta-in-appena-3-anni" data-post-id="2671403667" data-published-at="1742893265" data-use-pagination="False"> Ursula alza il salario ai burocrati: è la settima volta in appena 3 anni Nonostante gli spettri della crisi economica e un ruolo politico sempre più marginale, per l’Unione europea c’è comunque una certezza. L’aumento di stipendio dei suoi circa 66.000 dipendenti. Preciso come un orologio, il ritocco arriverà in busta paga da aprile. Il settimo incremento a partire dall’inizio del 2022. Per carità, un aggiustamento dovuto, un arrotondamento del salario che dipende dall’inflazione. Che però stride a fronte di un’Europa che dal 2019 è cresciuta solo del 5% rispetto al 12% degli Usa, impegnata più a proteggere, e quindi a introdurre una miriade di norme e vincoli burocratici su privacy, dati e clima piuttosto che focalizzarsi sulla crescita, e che un po’ cozza a fronte di stipendi più che rotondi. I funzionari nei gradi più alti passeranno infatti dagli attuali 23.262 euro a ben 25.229 euro al mese. Chiaramente parliamo del solo stipendio, perché per chi lavora nelle istituzioni europee sono previste una lunga serie di indennità, da quelle per la casa, per l’istruzione o le trasferte. Secondo il quotidiano tedesco Bild, in questi anni anche lo stipendio dei commissari sarebbe aumentato e di ben 2.200 euro al mese arrivando a mensilità pari a circa 28.400 euro. Non sarebbe da meno il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che sempre secondo i calcoli di Bild, ormai vedrebbe il proprio operato premiato con 2.700 euro in più al mese per uno stipendio pari a circa 34.800 euro. Il ritocco per dipendenti e funzionari, in realtà, doveva arrivare già nel 2024. Poi però, evidentemente a fronte di un Natale molto generoso che sotto l’albero al terzo piano dell’Europarlamento dedicato ad Altiero Spinelli aveva fatto trovare un aumento del 4,1%, e di un ulteriore aumento del 3% che era arrivato nei primi sei mesi dello scorso anno, un aumento totale dell’8,3% in un solo anno deve essere sembrato troppo persino a Bruxelles. E così, con la stessa delicatezza con cui le pagine del sito dell’Unione europea dedicate ai salari mensili, definiscono «servants», letteralmente «servitori», i propri stipendiati, evidentemente si è pensato bene di utilizzare la cosiddetta «clausola di moderazione» e recuperare il rimanente 1,2% nei primi mesi del 2025. Quanto agli stipendi base dei funzionari, escluse le somme forfettarie esentasse, dai 3.361 euro percepiti a partire dai primi del 2024, dal prossimo aprile si arriverà a 3.645 euro. Va detto che di norma gli stipendi vengono aumentati una volta all’anno con effetto retroattivo al 1° luglio in base all’andamento dei salari nei servizi pubblici degli Stati membri nonché dell’inflazione e quindi del costo della vita a Bruxelles e in Lussemburgo. Ma proprio a causa della forte inflazione degli ultimi anni, l’Unione europea ha applicato una sorta di regolamentazione speciale che prevede che parte dell’aumento venga pagata il primo gennaio. Per questo, la busta paga dei dipendenti dell’Ue, dal 2022 lievita solitamente il primo di gennaio e di luglio. Quanto all’anno in corso, se il tasso di inflazione non dovesse scendere, potrebbero esserci addirittura tre aumenti e dopo l’integrazione per il 2024 di aprile, da metà anno si potrebbe effettuare un aumento anticipato con effetto retroattivo a partire da gennaio. Il restante aumento scatterebbe successivamente, a luglio. Insomma, a Bruxelles gli stipendi continuano a salire. Ma l’Unione europea non è l’unica a premiare il proprio operato nonostante tutto. Nonostante avesse chiuso il 2024 in rosso con perdite pari a 7,9 miliardi, la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha pensato bene di alzare il proprio stipendio del 4,7% passando da 444.984 mila euro a 466.092. Un incremento che, dati i magri risultati, risulta veramente difficile da spiegare.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Riduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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