2024-03-04
Botte ai professori: un’aggressione ogni due giorni
Da inizio anno si contano già 28 docenti picchiati. In tutto il 2023 erano stati 36. A menare sono gli studenti, ma spesso pure i loro genitori. E chi prova a ripristinare l’autorità in classe viene contestato dalla sinistra.L’insegnante Marcello Bramati: «Si è rotto il sodalizio tra noi e le famiglie, che vogliono una educazione permissiva. Il liceo classico perde iscritti perché è percepito come più impegnativo».Lo speciale contiene due articoli.Un’aggressione ogni due giorni. La scuola è diventata un ring dove gli insegnanti sono ostaggi di ragazzi violenti che sanno di farla franca, di restare impuniti se non addirittura difesi da qualche intellettuale pronto a cercare ogni sorta di giustificazione. Abbiamo sentito la comica Luciana Littizzetto scagliarsi contro il povero insegnante che ha rischiato di perdere un occhio perché colpito da una raffica di pallini sparati da una pistola ad aria compressa, colpevole di essere stato poco «empatico» col ragazzo. Abbiamo sentito schiere di pedagoghi giustificare l’atteggiamento aggressivo in classe come una conseguenza del lockdown e abbiamo sentito fior di intellettuali sparare a zero contro la disciplina in classe, perché retaggio di una cultura di destra. Non abbiamo sentito invece la sinistra perché sarebbe chiamata a fare mea culpa di decenni di cultura giustificazionista e permissiva. Guai a parlare di punizioni, di rispetto delle regole, c’è il rischio di essere accusati di volere una scuola oppressiva che non sa educare. Ogni aggressione ha la sua giustificazione, una responsabilità terza (la società, l’ambiente degradato ma anche quello benestante senza valori, i genitori poco presenti ma anche quelli troppo presenti, la mancanza di futuro ma anche il futuro che si costruisce con il rigore del merito), un mix di motivazioni che scagionano sempre l’artefice della violenza. E laddove l’impunità garantita dalla complicità sociale vacilla, ecco che in difesa dei pargoli violenti o maleducati, intervengono i genitori, solerti a ricordare, con modi spicci, all’incauto insegnante che la disciplina è cosa vecchia e ingiusta. Risultato: in un mese e mezzo da inizio anno ci sono state ben 28 aggressioni a docenti e presidi. Lo scorso anno, in tutto il 2023, erano state 36. Il che fa stimare che questa cifra si raddoppierà per fine 2024.A Parma il 16 febbraio un’insegnante è stata insultata e presa a sassate da due quindicenni. Era «colpevole» di averli ripresi per aver fatto confusione durante il cambio d’ora e aver usato impropriamente la lavagna interattiva. I due l’hanno seguita fuori da scuola e uno di loro le ha tirato un sasso, mancando la testa di pochi centimetri. Il 7 febbraio l’aggressione a Reggio Calabria, ad un docente, da parte di un genitore. Convocato a scuola per parlare della condotta del figlio dodicenne, un trentaquattrenne ha aggredito il professore, afferrandolo per il collo e sbattendolo al muro. In base alle segnalazioni arrivate al ministero, dallo scorso anno le aggressioni al personale scolastico perpetrate dai genitori, sono aumentate del 111%.Il 2 febbraio, a Taranto, all’istituto comprensivo Europa Alighieri, il preside Marco Cesario, era finito al pronto soccorso dopo essere stato immobilizzato ad un polso, scaraventato per terra e colpito con calci e pugni dal padre di una bambina. Il giorno successivo, un altro episodio all’istituto Bozzini-Fasani di Lucera, nel foggiano: la madre di un allievo ha aggredito il dirigente scolastico, non ritenendo sufficiente la sospensione di 5 giorni disposta dal consiglio di classe nei confronti di un ragazzo che aveva picchiato suo figlio e di un altro che aveva diffuso il video del gesto. A metà gennaio il preside del Liceo scientifico Scoza di Cosenza, Aldo Trecroci, è stato aggredito, con schiaffi fino a farlo cadere a terra, dal padre di una studentessa che contestava la destinazione della figlia nell’ambito del progetto di alternanza scuola lavoro. I primi di novembre un professore di matematica di 56 anni è stato colpito con una testata al volto dal padre di uno dei suoi allievi all’istituto alberghiero di Arbus, in Sardegna: lo studente, ricevuto un rimprovero, aveva risposto al docente e poi era uscito dall’aula dove aveva chiamato il padre, subito intervenuto in difesa del figlio.Uno degli episodi più gravi è avvenuto alla fine del passato anno scolastico ad Abbiategrasso. Una professoressa è stata pugnalata al braccio da uno studente sedicenne all’istituto Alessandrini. L’aggressore è stato poi ricoverato in neuropsichiatria e a fine anno scolastico è stato bocciato. In alcuni casi, gli insegnanti sentendosi impotenti di fronte ai ragazzi violenti e temendo ritorsioni da parte dei genitori, non se la sentono di applicare misure disciplinari. È successo lo scorso anno scolastico all’Its Viola Marchesini di Rovigo: la professoressa, Maria Cristina Finatti, è stata colpita alla testa da alcuni pallini di gomma sparati da due studenti, mentre un terzo aveva filmato la scena. I giovani non solo non sono stati bocciati ma avevano addirittura preso un 9 in condotta. È dovuto intervenire il ministro Valditara per far abbassare quel voto. Che dire poi quando alla violenza si associano atti vandalici, anche questi ampiamente giustificati da genitori e da alcuni media. Le occupazioni a gennaio nei licei romani sono costate oltre 300.000 euro di danni. Soldi che la Città Metropolitana aveva destinato alla sicurezza degli istituti. Nel liceo Archimede-Pacinotti ben 70.000 euro di danni tra valvole dei termosifoni divelte, ostruzione degli scarichi dei wc, lavandini con l’acqua lasciata aperta che si è infiltrata ai piani inferiori, poi vetri rotti e porte spaccate. Tre giorni di occupazione al Severi di Milano sono costati oltre 70.000 euro con il danneggiamento anche del materiale acquisito con i fondi del Pnrr. Siccome i responsabili, una trentina di studenti a fronte di circa 1.500 alunni dell’istituto, hanno agito con il volto coperto dai passamontagna, impossibile perseguirli. Subito è scattata la difesa del Manifesto che ha scritto di «criminalizzazione del dissenso studentesco» mentre la denuncia dei danni da parte del ministro Valditara è stata bollata come un «set appetibile per la sua propaganda». Le frasi degli studenti a giustificazione della reazione del ministro sono sempre le solite dell’armamentario ereditato dalla sinistra sessantottina, come «risposte repressive», «intenti provocatori», «clima di isolamento di chi lotta» o come ha urlato la Flc Cgil milanese, «bullismo istituzionale». È scattata anche la grancassa sulla circolare diramata dal ministero per indurre le scuole a denunciare il danneggiamento dei beni pubblici e far pagare i danni ai responsabili. La Repubblica non ha perso l’occasione di titolare «Il liceo Virgilio processa i 300 occupanti recidivi», con implicita condanna a quella che il quotidiano ha definito la «linea dura» della preside, ovvero il tentativo della dirigente di inchiodare gli alunni alle loro responsabilità. Al Tasso, altro liceo blasonato della capitale, i genitori sono insorti contro le misure disciplinari, le sospensioni e i 5 in condotta. Un mese dopo, stessa condanna sui giornali dell’azione della polizia per arginare la degenerazione violenta delle manifestazioni a Pisa, Firenze e Catania. Il tentativo delle forze dell’ordine di evitare episodi aggressivi è diventato «la regola del manganello».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/professori-aggressione-ogni-due-giorni-2667418941.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="certa-politica-giustifica-i-vandali" data-post-id="2667418941" data-published-at="1709554152" data-use-pagination="False"> «Certa politica giustifica i vandali» «Da tempo ormai si è rotto il sodalizio tra genitori e insegnanti. Non vanno più nella stessa direzione. Le famiglie fanno sempre più fatica ad accettare un giudizio negativo sul proprio figlio perché significherebbe mettere in discussione il proprio sistema educativo, ed è faticoso. Quindi meglio una scuola più permissiva e tollerante». Marcello Bramati, docente di materie letterarie presso il Liceo Luigi Cremona di Milano è convinto che il fenomeno vada affrontato da due lati: «Va rifondata la scuola e vanno recuperate le regole della convivenza. Il che non significa tornare al sistema delle bacchettate sulle mani». Come mai si ha paura a parlare di disciplina? È un termine scomodo soprattutto a sinistra. «Perché c’è il rischio di essere fraintesi, di essere accusati di avere nostalgia per una scuola dirigista. Ma un sistema di regole comportamentali è fondamentale per una convivenza civile. Deve essere chiaro che l’insegnante può promuovere ma anche bocciare e punire. Una scuola innovativa non è una scuola senza regole, senza merito, in cui tutto è permesso. Per fortuna, ci sono ancora istituti che funzionano bene, nei quali gli alunni si alzano in piedi quando l’insegnante entra in aula e lo rispettano. È fuor di dubbio però che le aggressioni non sono casi isolati di squilibrati ma stanno diventando un fenomeno da non sottovalutare». In che misura la disgregazione della famiglia influisce sulla crisi della scuola? «Le famiglie sono sempre più fragili, i genitori, spesso separati, faticano ad essere un modello per i figli. Così per un padre è più facile assecondare il ragazzo piuttosto che spiegargli perché un certo comportamento è sbagliato. Si spiegano in questo modo alcune reazioni alla severità di un insegnante. A parole tutti sono per la scuola rigorosa, del merito ma poi nei fatti si preferiscono situazioni dove la disciplina è meno ferrea. Il liceo classico è ancora percepito come un corso di studi impegnativo e non è un caso che ogni anno perde iscrizioni. Molti genitori preferiscono strade più facili salvo poi reclamare per i figli le migliori opportunità professionali e lamentarsi se queste mancano. È la logica del “tutto dovuto” che fa il paio con la deresponsabilizzazione dei giovani». C’è una divaricazione tra famiglia e insegnanti? «I genitori sono portati a criticare i docenti, colpevoli sempre e comunque di non capire gli studenti e di essere troppo dirigisti. Gli insegnanti a loro volta non riescono a dialogare e a trovare un punto di contatto con le famiglie che non sia lo scontro. In passato c’era una sorta di sodalizio tra scuola e famiglia, andavano nella stessa direzione. Ora le strade si sono divaricate». Politica e stampa hanno le loro responsabilità nella crisi? «Indubbiamente. Spesso politica e organi di informazione, invece di marciare sulla stessa strada che è quella della qualità della formazione, sono più preoccupati a blandire ora una parte ora l’altra, a trovare giustificazioni anche per gli atti di vandalismo e le aggressioni, pur di andare contro a una parte politica che invece difende il rigore nel perseguire le trasgressioni». È una situazione recuperabile? «La scuola è un avamposto della società. Le nostre istituzioni sono in crisi di credibilità: il medico è aggredito in ospedale e l’insegnante è vilipeso in ogni modo da studenti e genitori. Occorre una riflessione delle istituzioni su come migliorare la qualità della giornata scolastica con correttivi e poi rifondare la scuola con la convocazione degli stati generali. Ogni tanto viene sfornato un decreto legge ma sono solo aspirine per un malato grave. Bisogna rispondere alla domanda di cosa vogliamo dalla scuola. Se deve diventare un parcheggio per i figli o una istituzione in grado di traghettarli verso il futuro. La qualità e le regole però costano fatica e temo che a molti faccia comodo questa situazione. È più semplice avere a che fare con una scuola che non crei tanti problemi, che lasci fare, che dia pochi compiti. Ma così abdichiamo alla formazione, compromettendo il futuro del Paese».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.