2025-03-13
Dalla cattedra cinese Prodi ci indottrina: l’unica via alternativa agli Usa è Pechino
Romano Prodi (Getty Images)
Di ritorno dall’Oriente, l’ex premier usa il giornale degli Agnelli per lanciare messaggi sulla tecnologia (dopo il caso Starlink).Romano Prodi torna in Italia fresco di Cina. È stato a Pechino due settimane per presiedere alla cattedra inaugurata lo scorso novembre alla presenza delle élite del Dragone, di John Elkann, sponsor del corso, e di Sergio Mattarella. Per celebrare le sorti progressive del Paese guidato da Xi Jinping ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano La Stampa della famiglia Agnelli. Ma evidentemente non si è ancora sfilato gli occhiali forniti dal regime cinese, tanto da omettere nel compendio di lodi dettagli secondari, come la totale assenza di democrazia, la videosorveglianza più invasiva al mondo, la violazione dei diritti civili in enormi aree come lo Xinjiang e la capacità del Dragone di esercitare un softpower in giro per il mondo. Così Prodi ci ricorda che i campus universitari sono bellissimi (ci sono persino i campi da tennis) e che adesso Pechino è finalmente ben disposta verso l’Europa. «Intanto è in corso una non detta e silenziosa apertura agli europei», ha esternato l’ex capo dell’Ulivo. «Per dirne solo una: per la prima volta nella mia vita non ho avuto bisogno del visto per entrare in Cina, mentre per andare qualche mese fa ad Harvard ho chiesto il visto all’ambasciata americana. Un paradosso che qualcosa ci dice». Altro dettaglio: lo stop ai visti è temporaneo e serve solo ad alzare il numero di turisti italiani. Per carità, non è questo il tema. Per Prodi la sostanza sta nel fatto che la politica cinese adesso ha capito che bisogna investire meno in case o infrastrutture e più in tecnologia. Vale per l’economia interna e soprattutto nel rapporto con l’Europa, spiega sempre Prodi. Gli occhiali forniti dal regime devono anche impattare sulla memoria a breve termine. Tanto da cancellare il ricordo delle pesantissime pressioni esercitate durante il governo Conte, culminate con le tensioni dell’agosto del 2020 sul 5G. Obiettivo - tra il 2016 e appunto l’estate del Covid - è stato quello di riempire l’Italia (ma anche la Germania e la Gran Bretagna) di tecnologia cinese in modo da dominare la gestione delle comunicazioni. Direte, sono dettagli anche questi. Chiaramente lo sono se si vuole arrivare a un obiettivo preciso. Cioè quello di spiegare alla politica italiana che l’unica alternativa agli Usa di Donald Trump resta la Cina. «Davanti al ciclone Trump l’Italia sta alla finestra: se lo può permettere?», chiede l’intervistatore. «Sta tornando il rapporto tra Germania e Francia, i due pistoni del motore europeo. Ma l’Italia è sempre stata determinante per chiudere il patto decisionale e trasferirlo all’interno dell’Unione», commenta ancora Prodi. «Ecco perché il problema italiano diventa un problema serio: il governo dovrà prendere una decisione tra l’Europa e Trump e non sarà facile». Il non detto, o meglio il sottinteso dell’intervista (che non si può certo definire incalzante) è che se ci stacchiamo dal rapporto tecnologico con gli Usa, soltanto Pechino potrà colmare il vuoto che si viene a creare. Un esempio? I satelliti di cui tanto si parla. L’asse franco-tedesco sta spiegando di essere in grado di di rendere il Vecchio Continente autonomo in fatto di Spazio. Starlink è pericoloso perché in mano a due tecnomagnati che non rispettano gli accordi. La realtà è che almeno nei prossimi 15 anni non saremmo in grado di metterci al passo e quindi - se spegnessimo i rapporti con gli Usa - soltanto la concorrente cinese di Starlink sarebbe in grado di subentrare. Lo Spazio è il futuro dell’industria. Non solo militare. E vale la pena ricordare che lo scorso novembre quando il nostro presidente Mattarella e Xi Jinping si sono visti per un bilaterale, quest’ultimo ha fatto un presente insolito.«Lo Spazio continua a essere un ambito di collaborazione tra le nazioni, non di conflitto», ha ricordato Mattarella durante il suo incontro con Xi. Come riportato dal network statale Cctv, il presidente cinese ha donato a un campione di suolo lunare raccolto dalla sonda cinese Chang’e 5, simbolo della cooperazione aerospaziale tra i due Paesi. Un episodio con doppia lettura. Se, infatti, è vero che il presente offerto da Xi potrebbe voler sottolineare la collaborazione tra i due Paesi, è anche vero che potrebbe rappresentare una sorta di schiaffo diplomatico. Il motivo? Nel febbraio 2017, l’ultima volta che Mattarella andò a Pechino, si portò dietro il presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Roberto Battiston, per siglare accordi di collaborazione spaziale che diversi anni dopo (Battiston uscì nel 2019) il governo italiano stracciò facendo arrabbiare Pechino. Ma il campione di suolo lunare potrebbe anche essere una sorta di «ramoscello di ulivo» per riannodare la collaborazione tra Italia e Cina in fatto di Spazio. Ipotesi che si è fatta molto concreta nelle ultime settimane, da quando il Colle ha detto la sua su Musk e la Francia ha iniziato a sparare a palle incatenate. Ma per Prodi la Cina si apre solo adesso. E scopre la tecnologia adesso. Sempre l’effetto degli occhiali che bisogna indossare a Pechino per vedere da vicino le costellazioni.