2021-07-18
La Procura di Brescia indaga Davigo e il Csm vuol silurare la segretaria
Piercamillo Davigo (Ansa)
L'ex pm è accusato di rivelazione del segreto d'ufficio nell'ambito delle dichiarazioni sulla presunta Loggia Ungheria. Mercoledì l'udienza della collaboratrice, a rischio licenziamento. Lei protesta e chiede sia pubblica.L'era di Piercamillo Davigo è al crepuscolo. Sino a pochi mesi fa veniva compulsato come un oracolo da una trasmissione della 7 e da un quotidiano, ma non solo da loro. Poi, improvvisamente, è cambiato il vento e dopo essere stato pensionato senza troppi complimenti dal Csm nell'ottobre scorso, adesso è stato iscritto sul registro degli indagati. La Procura di Brescia gli contesta la rivelazione del segreto d'ufficio. Come se non bastasse, mercoledì prossimo la sua fedele ex segretaria, Marcella Contrafatto, potrebbe essere licenziata dal plenum del Csm. Sic transit gloria mundi.Lo scorso 5 maggio era stato ascoltato dai magistrati della Procura di Roma, nella veste di persona informata sui fatti, in merito alla diffusione dei verbali di interrogatorio di Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria. La vicenda è nota: nell'aprile del 2020 Davigo, nella propria casa milanese, ricevette brevi manu dal pm milanese Paolo Storari gli atti di interrogatorio (in versione word e non firmati) del «pentito» Amara. Storari, anch'egli indagato per rivelazione dalla Procura di Brescia (competente a investigare sulle toghe meneghine), si sarebbe rivolto all'allora ex consigliere del Csm per lamentare il presunto immobilismo investigativo dei suoi superiori, l'aggiunto Laura Pedio e il procuratore capo Francesco Greco, sul fascicolo di indagine scaturito dalle dichiarazioni fatte da Amara. A questo punto Davigo avrebbe informato il comitato di presidenza del Csm, composto dal vicepresidente David Ermini, dal pg Giovanni Salvi e dal primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio. Ma Davigo avrebbe accennato questa vicenda anche ad altri membri di Palazzo dei Marescialli e al presidente della commissione antimafia Nicola Morra.Come ha rivelato il Corriere della sera, dando la notizia dell'iscrizione di Davigo, nel fascicolo su Piercavillo sono stati sentiti come testimoni i consiglieri del Csm David Ermini, Fulvio Gigliotti, Stefano Cavanna, Giuseppe Cascini, Giuseppe Marra, Ilaria Pepe, Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita oltre a Morra. Francesco Borasi, avvocato dell'ex campione di Mani pulite, ieri annunciava battaglia: «L'iscrizione di Davigo? È molto peggio di un crimine, è una stupidaggine» ha detto, evocando Joseph Fouché. Quindi ha aggiunto: «È l'uomo più limpido d'Europa, non c'è neanche una nube nel pensiero di Davigo». Ma un fascicolo a Brescia sì. La sua ex segretaria, la Contrafatto, è stata, invece, indagata a Roma per calunnia ai danni del procuratore di Milano Francesco Greco. La donna, moglie di un noto ex magistrato, avrebbe inviato copia dei verbali di Amara ricevuti da Davigo a due giornalisti e al consigliere del Csm Nino Di Matteo. I tabulati, le celle telefoniche e la targa dell'auto hanno portato i pm di Roma a riconoscere in lei la postina che ha inviato i plichi incriminati, accompagnati da tre lettere molto simili tra loro. Quella inviata a Di Matteo, che a differenza dei cronisti ha sporto denuncia, conteneva pesanti insinuazioni nei confronti di Greco, accusato di gravi omissioni nella conduzione delle indagini innescate dai verbali di Amara.Il prossimo 21 luglio il Plenum del Csm esaminerà la proposta di «licenziamento senza preavviso» avanzata dal Comitato di Presidenza, composto da Ermini, Salvi e Curzio. La vicenda disciplinare della Contrafatto appare davvero singolare ed è oggetto di una dettagliata denuncia inoltrata il 16 luglio dal suo difensore, l'avvocato Riccardo Bolognesi, a tutti i consiglieri del Csm e anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella quale si segnala come il procedimento disciplinare, che era stato sospeso «fino alla sentenza penale irrevocabile» con provvedimento del 19 aprile adottato dal segretario generale Alfredo Viola, essendo i fatti «riservati alla cognizione e alla ben più pertinente incisività degli strumenti di accertamento dell'autorità giudiziaria penale», sia stato improvvisamente riattivato con provvedimento dello stesso Viola dell'1 luglio scorso, il quale ha dichiarato «cessati gli effetti del provvedimento di sospensione del 19 aprile 2021», pur non essendo intervenuta alcuna sentenza in sede penale, tanto meno irrevocabile, non risultando anzi neppure concluse le indagini preliminari e non avendo il Csm acquisito nuovi elementi rispetto alla sospensione del procedimento, se non, forse, l'ordinanza del Riesame che in modo fermo ha respinto l'opposizione al sequestro probatorio avanzata dalla donna. Le modalità con cui segretario generale e Comitato di presidenza hanno sinora proceduto hanno talmente insospettito la ex segretaria di Davigo da indurla a chiedere, in vista dell'appuntamento del 21 luglio, che «l'assemblea plenaria non sia secretata, ma pubblica» e, quindi, la trasmissione della stessa da parte di Radio Radicale, forse nel tentativo di avere maggiore trasparenza. Ufficialmente il procedimento sarebbe ripartito per la necessità di rispettare il termine di 120 giorni dalla contestazione. Ma l'avvocato sostiene che la sua assistita dopo essersi dovuta difendere davanti al segretario generale il giorno dopo la notifica delle accuse non ha avuto altra possibilità di contestare la «copiosa documentazione» raccolta in fase istruttoria, materiale che a giudizio del legale non conterrebbe «atti o fatti nuovi, non conosciuti prima e idonei a giustificare la prosecuzione» del procedimento disciplinare o «forse una nuova contestazione», bensì, al contrario, racchiuderebbe «elementi documentali di estremo interesse» a favore della donna. Eppure oggi per l'ex segretaria di Davigo sembra pronta solo una bella lettera di benservito.
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